La passione per la pittura si manifesta presto nella vita di Elena Pagani, ma esigenze familiari le impediscono di realizzare da giovane il suo sogno. Vi raccontiamo la donna Elena
di Clara Di Palermo
“ Il modo in cui ho conosciuto mio marito potrebbe tranquillamente essere la sceneggiatura di un film e io per lui ho lasciato la mia terra per trasferirmi qui a Palermo”. Elena Pagani, 63 anni portati più che bene, è una bellissima donna, elegante, simpatica, solare, di modi molto affabili. La conosciamo grazie a un’amica comune: per un caso entriamo tutte nello stesso negozio e usciamo con la promessa di un incontro nell’atelier della Pagani.
Un atelier che si affaccia sul meraviglioso Orto Botanico di Palermo e nel quale lei dipinge i suoi quadri che hanno ottenuto numerosi riconoscimenti, non ultimo il primo premio al concorso nell’ambito della settimana della cultura a Milano. “Il premio era proprio la realizzazione di due mostre, una tenuta alla galleria Maimeri a Milano – racconta la Pagani – e l’altra di prossima realizzazione qui a Palermo.
La sua passione per l’arte, e la pittura in particolare, nasce quando era ancora ragazzina, nel suo paese di origine, Codogno, nella bassa Lodigiana, e continua anche quando la famiglia si trasferisce in Emilia Romagna.
“La mia era una famiglia molto benestante, direi ricca. Poi subì un tracollo finanziario e quando io chiesi di poter frequentare i corsi dell’Accademia Brera di Milano, mi fu detto di no. In verità fu una decisione maturata anche dalla convinzione che la pittura non portasse a nulla di concreto, così fui indirizzata verso studi più tradizionali”.
La passione viene relegata un una stanza della casa di famiglia, che la Pagani trasforma in un mini atelier.
“Quello che io chiamavo pomposamente atelier rispecchiava la mia personalità e anche adesso, nel mio atelier di Palermo, si rispecchia la mia personalità, quasi più di quanto non accada con la mia casa.
Durante gli anni trascorsi a Reggio Emilia aveva frequentato i corsi serali all’Istituto d’arte “Gaetano Chierici” nella sezione ceramica. Tuttavia le circostanze della vita e il lavoro (lavorava presso la locale Camera di Commercio) l’avevano costretta ad accantonare momentaneamente quella che avvertiva come un’autentica necessità interiore. Il trasferimento a Palermo, l’impatto di vasti spazi dei paesaggi siciliani, l’incontro con un maestro del tardo impressionismo, Egidio Cotroneo, l’hanno di nuovo definitivamente sospinta verso la pittura. Col maestro Cotroneo realizzerà una bellissima mostra al complesso monumentale dello Spasimo.
Come si è trovata a confrontarsi con un mondo, quello della pittura, usualmente appannaggio degli uomini?
“E’ vero. La pittura è stata da sempre considerata quasi una esclusiva maschile. Quello dell’arte è un mondo difficile, paragonabile forse allo spettacolo e le donne non hanno vita facile. È sempre appartenuto di più agli uomini”.
Che rapporto ha con il colore?
“Il colore è un momento di grande energia nella pittura, che riflette quello che si sente al momento. Io, ad esempio, sono stata di recente in Brasile e mi sento caricata di buon umore, mi sento particolarmente aperta e solare, per cui la mia pittura rifletterà questa mia solarità”.
La chiacchierata prosegue come se fossimo vecchie amiche. Ma a noi rimaneva curiosità: come ha conosciuto suo marito?
“Una sorella di mia madre aveva sposato un siciliano. In estate noi venivamo giù dall’Emilia Romagna e li raggiungevamo a Mongiove, piccolo centro di villeggiatura in provincia di Messina, vicino a Patti, per usufruire di quel meraviglioso mare. Un giorno mia sorella era rimasta sola in spiaggia, quando la vediamo precipitarsi in casa dicendo che un insetto le aveva schizzato qualcosa dentro un occhio e lei aveva tanto male. Ad un esame attento ci accorgemmo che all’interno dell’occhio c’era come una sostanza semi liquida con centinaia di larve che si muovevano. Così partimmo alla ricerca di un pronto soccorso. Una serie di impedimenti, inclusa una macchina che si guasta e ci lascia a piedi in prossimità del casello autostradale, sono le variabili che hanno portato Salvatore nella mia vita. La nostra storia è fatta di coincidenze fortuite: lui, peraltro, è medico oculista e a lui mia sorella deve la salvezza dell’occhio. Una di queste coincidenze, porta Salvatore (che in quel periodo, nel 1980, lavorava a Modena) a decidere di anticipare un suo rientro da Modena in Sicilia….in realtà voleva vedere Elena che era in vacanza dalla zia a Mongiove e non voleva attendere oltre. Così disdice la sua prenotazione del 27 giugno del 1980 per anticipare il suo rientro in Sicilia e riuscire a vedere Elena. Quel volo del 27 giugno, poi, esplose nel cielo sopra Ustica…”.