La nostra Redazione, quest’anno, vuole ricordare Falcone e Borsellino in maniera insolita, affidando il ricordo di quei giorni a ‘1367 La tela strappata’, il docu-film realizzato dal giornalista della Rai, Giancarlo Licata, e gentilmente concesso dalla sua famiglia
di Redazione
Il 23 maggio 1992 rimanda la memoria dei siciliani all’atroce strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i suoi fedelissimi agenti di scorta.
Dall’anno successivo, il 23 maggio rappresenta per la Sicilia la giornata della memoria, dei ricordi, del dolore, ma, soprattutto, della legalità. E così, ogni anno, attorno a quel 23 maggio si addensano manifestazioni, celebrazioni, commemorazioni; tutte iniziative che ci riportano a quella sanguinosa giornata.
La nostra Redazione, quest’anno, vuole ricordare questo evento luttuoso in maniera insolita, affidando il ricordo di quei giorni al documentario ‘1367 La tela strappata’ realizzato dal giornalista della Rai, Giancarlo Licata e diventato un documento prezioso della storia sanguinaria della nostra Isola. Il docu-film ripercorre i giorni che separano la strage di Capaci dal giorno, altrettanto drammatico, della strage di via d’Amelio, in cui venne ucciso il giudice Paolo Borsellino e i suoi agenti di scorta: 1367 ore, tracciate in una tela strappata e mai ricucita. Vi suggeriamo alcuni dei punti salienti del docufilm.
I fatti
Giovanni Falcone viene ucciso con una carica ad alto potenziale posta in un sottopassaggio dell’autostrada verso Palermo. Muore anche la moglie che viaggiava con lui e i suoi agenti di scorta; 8 i feriti, tra i quali due turisti austriaci. L’attentato a Giovanni Falcone, nominato nel febbraio ’91, direttore degli affari penali di Grazia e Giustizia è stato preparato con cura da professionisti con la tristemente nota tecnica libanese. Chi ha organizzato sapeva bene come colpire. Un attacco diretto allo Stato in un momento politico e istituzionale molto delicato.
Le voci dal coro dei politici, magistrati, istituzioni religiose presenti quell’anno
“Mi diede la sua spiegazione sui rischi che c’erano e sulla previsione delle altre vittime che ci sarebbero state. Allora non ho pensato che la prossima vittima sarebbe stato lui” (Ciriaco De Mita, segretario Dc nel ‘92)
“L’uccisione di una delle personalità più esposte alla mafia è la dimostrazione della sottovalutazione dei mezzi e dei poteri necessari per combattere questa battaglia durissima” (Achille Occhetto, segretario del Pds nel ‘92)
“Le istituzioni in crisi finiscono con l’essere un incoraggiamento alla criminalità organizzata e bisogna reagire prima che si diffonda un inarrestabile sentimento di sfiducia” (Bettino Craxi, segretario del Psi nel ‘92)
“Lo hanno ucciso per evitare che diventasse procuratore nazionale antimafia, da dove avrebbe potuto meglio guidare l’attività investigativa su tutto il territorio nazionale” (Claudio Martelli, ministro della Giustizia nel ‘92)
“La mia preoccupazione è che un minuto dopo la fine di questa grande straordinaria manifestazione, il procuratore Giammanco resterà al suo posto, nonostante le preoccupazioni, le critiche a lui rivolte anche da Giovanni Falcone. Il presidente Carnevale continuerà con le sue sentenze a rompere le gambe a quanti vogliono combattere la mafia e qualcuno si convincerà che la mafia è un’invenzione e non esiste e tanti politici rimarranno al proprio posto forti e ricchi di un consenso che hanno estorto con la violenza” (Leoluca Orlando)
“Quando avvengono certi fatti come questa terribile tragedia quasi è d’obbligo di non lasciarsi abbattere e di guardare anche nel passato” (Ennio Pintacuda, sociologo)
Siamo inseriti in un gioco di poteri, di avversioni, di ostilità, di invidie, di contrasti che nessuno è mai riuscito a chiarire. Si pensi alla sconfitta che Giovanni ha subito negli ultimi anni prima di morire, dal gennaio del 1988, quando perse la battaglia alla mia successione fino a quando lo si accusò di essersi venduto al potere politico. Anche Paolo subì la stessa sorte (Antonino Caponnetto, magistrato)
Credo che questo sia l’ennesimo delitto politico mafioso al quale è stato affidato un significato meramente politico (Giuseppe Ayala, magistrato)
L’impegno della lotta alla mafia passa attraverso la scuola, le istituzioni, attraverso gli interventi economici, attraverso l’impegno di tutte le istituzioni. A mio pare, si è fatto poco (Paolo Borsellino, magistrato)
Non c’è parola che possa esprimere dolore adeguato del dolore che invade l’animo di fronte a così efferata crudeltà (Papa Karol Wojtyla)
Per ricordare tutte le vittime della mafia
Lungo l’elenco di uomini coraggiosi uccisi negli anni più duri della lotta alla mafia. A partire dal tragico 1979, quando in tre diversi attentati furono freddati il capo della Squadra Mobile, Boris Giuliano, il giudice Cesare Terranova e il segretario della Dc, Miche Reina.
La feroce lotta tra i corleonesi e altre famiglie mafiose, negli anni 80, colpì a morte Pier Santi Mattarella, il presidente della Regione che voleva introdurre nuove regole di trasparenza nella gestione degli appalti.
L’uccisione di Falcone e di sua moglie riporta alla memoria la tragica fine del generale Dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela. Quel generale che come Prefetto di Palermo avrebbe dovuto operare con poteri speciali contro la mafia, analoghi a quelli che erano stati concessi per la lotta al terrorismo.
Quello stesso anno, muore Pio La Torre. Il segretario regionale del Partito Comunista aveva pagato con la vita la sua ostinata denuncia del pericolo criminale e la sua proposta di legge che va a colpire i grandi patrimoni mafiosi.
Gennaio ’83, il sostituto procuratore della Repubblica, Ciaccio Montalto viene freddato mentre fa ritorno a casa di notte.
Nel luglio dello stesso anno, muore Rocco Chinnici. Il braccio destro di Falcone nel pool antimafia viene eliminato con quella tecnica di stampo libanese che avrebbe dovuto eliminare due anni prima Falcone nell’attentato sventato all’ Addaura.
Nel ’90, è la volta del giudice del Tribunale di Agrigento, Rosario Livatino.
Antonio, Vito, Rocco erano gli agenti di scorta di Giovanni Falcone. Anzi, ancora di più: erano i suoi angeli custodi. Di più: i suoi confessori, i suoi confidenti. Non si separavano mai da lui. Loro, al loro capo, come lo chiamavano scherzosamente, avevano deciso che sarebbero rimasti a fianco sino alla morte.
Cosa accade tra il 23 maggio e il 19 luglio di quel tragico 1992, nelle 1367 ore dopo l’attentato
120 ore dopo – Scotti e Martelli candidano Borsellino al Dna. Nelle carceri: “E murì Bursellinu”
715 ore dopo – La Cassazione sul max processo: “La mafia è unica e verticistica”. Depositate le motivazioni. Nuova lettera del corvo.
794 ore dopo – Borsellino: Ci accorgiamo come il Paese, lo Stato, la magistratura, che, forse, ha più colpe di ogni altro, comincia a farlo morire nel gennaio del 1988, quando Falcone, solo, per continuare il suo lavoro, propose la sua aspirazione a succedere ad Antonino Caponetto e il Consiglio Superiore della Magistratura, con motivazioni risibili, gli preferì il consigliere Antonino Meli. Si aprì la corsa. Falcone concorse. Qualche ‘giuda’ si impegnò subito a prenderlo in giro.
864 ore dopo. I Ros: “Pronto un piano per Borsellino”. Giammanco non avverte il magistrato. Borsellino viene informato della trattativa Stato-mafia per fermare Riina e le stragi e si oppone.
1224 ore dopo. I Ros: Arrivato un carico di tritolo a Palermo. Tra i possibili bersagli, il giudice Borsellino”. Il magistrato ai suoi: “Lo so, sono preoccupato per voi.
1248 ore dopo: un boss calabrese, Giacomo Ubaldo Lauro dall’estero: “Pronto un attentato per Borsellino”. L’informazione arriva a Roma lo stesso giorno. A Palermo, 5 giorni dopo la strage.
1296 ore dopo – Un confidente ai Carabinieri: “Stanno per uccidere Borsellino”. L’informazione spedita con posta ordinaria arriverà a Palermo 5 giorni dopo la strage.
19 luglio 1992, 1367 ore dopo – Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Eddy Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina vengono uccisi da un’autobomba. Resta ferito Antonio Vullo.
23 maggio 1992, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000, 20001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017. Non li hanno uccisi. Le loro idee camminano sulle nostre gambe.
In rispetto di coloro i quali hanno perso la vita nelle due stragi e nel rispetto del meticoloso lavoro di ricerca e ricostruzione fatto da Giancarlo Licata, vi invitiamo a guardare il docufilm con scrupolosa attenzione. La memoria, il perpetuare il ricordo di coloro i quali hanno dato tanto allo Stato e, quindi, a tutti noi, sono strumenti fondamentali per costruire e alimentare il senso civico di ciascuno di noi e dei nostri figli.
A noi il compito di costruire e tenere viva questa memoria.