Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

L’Epifania tutte le feste porta via

L’Epifania, tra tradizioni religiose e tradizioni pagane, resta un appuntamento importante delle festività natalizie, le conclude e lancia le basi per un nuovo inizio….come il nostro nuovo inizio…

di Patrizia Romano

L’Epifania tutte le feste porta via. Questo adagio lo abbiamo sentito ripetere tante volte, sin da quando eravamo bambini. Poco attenti all’aspetto religioso, da piccoli si pensava solo che era l’ultimo giorno delle vacanze di Natale, poi si tornava a scuola. E così, c’era la corsa a finire i compiti delle vacanze.
L’InchiestaSicilia ha voluto fare un viaggio ideale tra religione e paganesimo, tra Epifania e festa della Befana.
Per la Chiesa Cattolica l’Epifania è, a tutti gli effetti, parte del tempo di Natale per cui viene considerata festa di precetto e si celebra 12 giorni dopo il Natale. Ma la festività, fuori dalle tradizioni religiose, è intrisa di molteplici simbologie e diversi aspetti culturali, come è anche la figura della Befana. Questa, nella tradizione, è una dispensatrice di doni ai bimbi buoni e carbone ai discoli.
La Befana è uno dei volti della dea Luce. E’ una figura cardine legata al mondo delle streghe e dalle streghe al mondo femminile e, in maniera intrinseca alla ‘potenza femminile’.
Nei suoi più profondi significati, è un mito che appartiene alle donne sul quale, purtroppo, si sa molto poco e quel poco che si sa, rischia di perdersi.

La simbologia

La figura che oggi conserviamo risale a tempi molto remoti. La si ricorda ancora come manifestazione dell’anno vecchio: la Strega del Solstizio d’Inverno che si sacrifica per cedere il posto alla giovane Fanciulla dei Fiori, portatrice della tiepida Primavera. Tutto è legato alla simbologia. I regali che elargisce rappresentano i buoni e i cattivi: i dolci sono quelli buoni per i mesi a venire, cenere e carbone i residui del passato cattivo che non servono più a nulla.
Tutto, nelle mani di una vecchina: strega, donna. In realtà, un passato sempre più sbiadito, in cui le vere origini della Befana risalgono alle antiche Dee Madri generatrici del Tutto, alla tradizione celtica e germanica delle lande nordiche. In particolare, è nelle lucenti Holla, Berchta e Frigg che ritroviamo il vero aspetto della benevola Vecchina vestita di stracci, con i suoi sacri compiti e tutto il suo perduto splendore.

La Befana secondo la tradizione

Secondo la tradizione, nella fredda notte dell’Epifania (tra i 5 e il 6), la Befana si reca a trovare i bambini, mentre dormono nelle proprie case. È una vecchina molto brutta. Ha il volto rugoso, il naso appuntito, il mento sporgente, è sdentata e indossa vesti logore. Ma, a prescindere dal suo aspetto, è una vecchina molto buona, dolce, gentile e dispensa tanti doni a tutti quanti, soprattutto ai bambini. Dolci, giocattoli in premio all’onestà, alla correttezza, alla bontà. Carbone a chi ha avuto un comportamento scorretto e disonesto.

L’origine pagana della Befana

L’origine della Befana fu legata a riti propiziatori di origine pagana. Ancora una volta, ricorre il tema femminile. Gli antichi Romani ereditarono alcuni riti di origine celtica e li associarono al calendario romano. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti, delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti; da qui, il mito della figura ‘volante’.
Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana in un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno e durante la quale ci si scambiavano regali.
La Befana, secondo interpretazioni largamente accettate, è una personificazione al femminile della natura invernale. È raffigurata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte, aleggiando sopra campi e terreni di notte ne propizia la fertilità. Si festeggia nei 12 giorni che seguono il Natale, culminanti in coincidenza con l’Epifania.

La Befana secondo la religione

Già a partire dal IV secolo d.C., la Chiesa di Roma cominciò a condannare tutti i riti e le credenze pagane, definendole un frutto di influenze sataniche. Queste sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni, che sfociarono, a partire dal Basso Medioevo, nell’attuale figura ripulita da contaminazioni favolistiche o pagane. Tuttavia, il suo aspetto, benevolo e non negativo, è stato ed è tuttora, per influenza della festa di Halloween, erroneamente associato a quello di una strega. In realtà non è una strega, ma una vecchina affettuosa, rappresentata su una scopa volante, antico simbolo che vuole significare la purificazione delle case (e delle anime), in previsione della rinascita della stagione.
Condannata quindi dalla Chiesa, l’antica figura pagana femminile fu accettata gradualmente nel Cattolicesimo come una sorta di dualismo tra il bene e il male.
Una versione religiosa (frutto del tentativo moderno di “cristianizzare” la figura della befana) invece racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore.

La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza.
La Befana richiama, così, la tradizione religiosa dei Santi che dispensano regali ai bambini. Non è dunque cattiva, è solo mal disposta verso gli adulti e scorbutica con chi non le aggrada perché tenta di fare il furbo Ma con i bambini si mostra indulgente e comprensiva, una nonnina piena di attenzioni e regali.

Aspetto fisico e simbologia

Non si tratta di una bella donna, giovane e accattivante, ma, al contrario, di una vecchina rattrappita dagli acciacchi dell’età. L’aspetto da vecchia deriva da una raffigurazione simbolica dell’anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare, così come accadeva in molti paesi europei
Per ripararsi adeguatamente la Befana indossa gonnelloni lunghi, lisi e rattoppati in maniera allegra; spesso indossa il grembiule. Usa inoltre calzettoni pesanti antifreddo e scarpe comode. Sulle spalle a volte ingobbite ha sempre uno scialle di lana pesante e colorata e non un mantello svolazzante come capita di trovare in alcune immagini nella rete.
Il fazzolettone
Non bisogna confondere la Befana con le streghe della tradizione anglosassone. Una Befana vera, infatti, non ha il cappello a punta, come spesso appare su molti siti, blog e, persino, in alcune pubblicità televisive. Usa invece esclusivamente un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento.

La scopa
Ha una scopa, usata spesso per appoggiarsi o per volare brevemente. Nell’immaginario, la Befana cavalca la scopa al contrario delle raffigurazioni di streghe, e cioè tenendo le ramaglie davanti a sé. Anche in questo, dunque, l’iconografia specifica della Befana non è totalmente assimilabile a quella delle streghe. Il simbolismo della scopa non è arduo da individuare: è stata usata, e lo è ancora, in tutto il mondo, come attrezzo per la purificazione delle aree rituali, come sistema per “spazzare via il male”.  

La calza Altro frequente errore di “immagine” della Befana è quello relativo al sacco dei doni: in realtà la vera Befana porta i suoi regali e il suo carbone e aglio in sacchi di iuta sfatti e slabbrati che assumono la forma di enormi calze, o nelle gerle di vimini, dipende dalla territorialità e dalla tradizione del luogo dove si festeggia.

Il carbone
Secondo la tradizione tramandata verbalmente, la Befana consegna regali ai bambini buoni o carbone e aglio ai bambini biricchini. Il carbone o anche la cenere da antico simbolo rituale dei falò inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale, ma anche dei fantocci bruciati. Nell’ottica morale cattolica dei secoli successivi, nella calze e nelle scarpe veniva inserito solo il carbone e/o l’aglio come punizione per i soli bambini che si erano comportati male durante l’anno precedente.

Tradizioni gastronomiche in Sicilia

Anche la gastronomia segue usanze e tradizioni locali. Data l’usanza di riempire le calze di carbone per i più monelli, le nonne e le mamme, preparano il carbone fatto con zucchero, albume d’uovo e colorante alimentare.
Vorreste provare a farlo in casa? Noi abbiamo provato utilizzando la ricetta di GialloZafferano ed è venuto buonissimo. Non è difficile e il risultato è garantito.
I buccellati, che spesso vengono preparati in casa per il periodo delle festività natalizie, vengono riproposti per l’Epifania. Ne esistono diverse versioni: con la glassa di zucchero sopra, spesso con l’aggiunta di coriandolini di zucchero colorato, ma anche con il solo zucchero a velo spolverato sopra. I “cucciddati”, come sono chiamati in dialetto, sono del dolcetti di pasta frolla ripieni di fichi secchi macinati, frutta secca, marmellata, uvetta….insomma…una vera bomba calorica!! Ma infinitamente buoni. L’InchiestaSicilia vi propone la ricetta dei buccellati del Maestro Giuseppe Giuliano….una garanzia!

Usanze e tradizioni in Sicilia

In Sicilia quella della Befana è una festa molto sentita. Vi portiamo a fare un giro attraverso alcune tradizioni e usanze
A GRATTERI – Qui la tradizione si celebra la notte di San Silvestro, non il 6 gennaio. “A Vecchia” si dice abiti in una grotta, detta Grattara, che si trova nel monte di fronte al centro abitato. La vecchia esce dalla grotta la sera del 31 gennaio, col suo nasone pieno di bitorzoli, avvolta in un lenzuolo bianco. In groppa a un asino si dirige verso l’abitato, distribuendo regali, caramelle e i “turtigliuna”, dei dolcetti tipici locali fatti con mandorle, noci, nocciole e frutta secca.

A MESSINA – nel quartiere Bordonaro si dà vita a una singolare gara tra 14 partecipanti che devono arrampicarsi su una pertica alta 9 metri per cercare di aggiudicarsi il premio ambito: una croce alta due metri e arricchita di frutta, pane, ecc. La pertica, così ricoperta da rami, agrumi e frutta, è chiamata “U pagghiaru”.
A MUSSOMELI – In tanti si radunano per attendere l’arrivo dei Re Magi e tutti insieme, poi, portano in processione oro, Incenso e mirra al Gesù Bambino.
IN PROVINCIA DI PALERMO – Nei paesini del palermitano la cui popolazione è prevalentemente di origine albanese (Contessa Entellina, Mezzojuso e Piana degli Albanesi) la festa dell’epifania è molto sentita.
Qui i festeggiamenti si dividono tra la cerimonia religiosa nella Chiesa Madre e le rappresentazioni nelle piazze principali. Queste simboleggiano il battesimo di Gesù, secondo il credo della Chiesa ortodossa di rito bizantino per cui il battesimo si celebrava nella domenica immediatamente seguente al 6 gennaio.

CASTELVETRANO – In provincia di Trapani, a Castelvetrano, quella dell’Epifania è sempre stata considerata una ricorrenza religiosa, strettamente religiosa. L’arrivo dei Re Magi, “Tri Re di l’Orienti” (tre re che venivano da Oriente) veniva celebrato, con una serie di eventi. Ancora a metà del secolo scorso, un bambino di una famiglia povera riceveva “in dono” abiti nuovi, donati da fedeli, ed era portato in processione.

Oltre lo stretto

Raccontare tutte le tradizioni sparse per tutto la stivale è impossibile. Possiamo, però, citare giusto alcune usanze che ci hanno colpito.
Una delle più note è, senza alcun dubbio, quella di “bruciare la vecchia” che diventa una sorta di rito propiziatorio per le colture e i raccolti. In Toscana e in Emilia Romagna la vecchia, fatta di legna e stracci, viene prima caricata su un carro e portata in giro per le campagne e le strade dei paesi e, infine, bruciata in un grande rogo.
In Veneto, il rogo della “vecia” è occasione per consumare del cibo tradizionale, come la pinsa, un dolce con fichi secchi e zucca.


A Ivrea, in Piemonte, l’Epifania segna l’inizio del Carnevale mentre in altre zone del Piemonte è consuetudine mangiare la “fugassa”. Questo è un dolce singolare per ciò che viene nascosto all’interno: una fava bianca e una nera. Va consumato in compagnia perché usanza vuole che chi trova la fava bianca deve pagare la fugassa, mentre chi trova quella nera paga da bere per tutti.
A Napoli si deve “fare la calza”, cioè passeggiare, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, tra le centinaia di bancarelle appositamente allestite per scegliere doni e dolciumi da regalare.

Filastrocche e leggende

La filastrocca sulla befana è nota a tutti ma ne esistono tantissime versioni, che variano anche di una sola o un paio di parole. Ve ne ricordiamo giusto qualcuna….
La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, neve, gelo, tramontana, viva, viva la Befana!!

La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte vento e gelo l’accompagna,viene, viene la Befana. Vien dai tetti a notte fonda, pioggia e neve la circonda soffia pur la tramontana, viene, viene la Befana. Porta un sacco pien di doni da lasciare ai bimbi buoni,ma ai bambini birichini solo paglia e sassolini.

La Befana vien di notte con il sacco tutto rotto e il cappello malridotto.Viene e porta tanti doni ai bambini tanto buoni.

Si narra……..

Un ruolo importantissimo, poi, nelle tradizioni popolari, lo hanno le leggende che, in tanti casi, assurgono quasi al ruolo di verità passando di bocca in bocca. La figura della Befana si presta particolarmente e c’è una leggenda che vi abbiamo accennato poco sopra e che ci piace tramandarvi. Si racconta che i Re Magi stavano recandosi a Betlemme per rendere omaggio a Gesù Bambino appena nato. La strada era lunga ed ebbero necessità di fermarsi per chiedere informazioni e accertarsi che quella intrapresa fosse la direzione giusta. Si fermarono vicino a una casetta, bussarono e si trovarono di fronte a una vecchia che era venuta ad aprire la porta.
I tre Re Magi le dissero che dovevano andare a trovare il Salvatore che era nato da poco a Betlemme e chiesero conferma della strada da percorrere.
Non avendo capito subito dove dovevano andare e per quale ragione, la donna non seppe essere utile e li liquidò velocemente rispondendo che aveva tanto da fare in casa con le faccende domestiche e rifiutò l’invito ad andare con loro.

Poco dopo che i Re Magi se ne furono andati, però, la donna realizzò cosa le era stato chiesto e decise di uscire e mettersi in cammino per raggiungerli e andare con loro da Gesù Bambino.

In cerca di Gesù Bambino

Cercò e cercò tanto ma dei tre Re Magi non c’era traccia. Allora decise di fermare ogni bambino che incontrava sperando che si trattasse del Bambino Gesù e a ciascuno dava un regalo.
La leggenda, dunque, narra che da allora, ogni anno, la vecchia si metta alla ricerca di Gesù fermandosi in ogni abitazione dove ci sono bambini, lasciano a ciascuno dei doni: un bel regalo se sono stati buoni, carbone se sono stati monelli.
Un’altra leggenda dice che la Befana sia la moglie di Babbo Natale, o ancora una sua amica o una sua parente; stando ad altre credenze tramandate, invece si dice che siano in leggera conflittualità visto che il simpatico signore barbuto andrebbe a spargere la voce della non esistenza di questa vecchia.In altre ancora si racconta che la Befana abbia un marito (Il Befanotto) molto vecchio, brutto a tal punto da suscitare terrore nei bimbi appena lo vedono arrivare, quando fa da cavaliere alla sua vecchia e malandata moglie.

Il gatto nero della Befana

Secondo un’altra leggenda, un tempo i gatti erano tutti tigrati ad eccezione del gatto della Befana che era un bel gatto nero. Viveva una condizione privilegiata: aveva la possibilità di girare per il mondo accucciato sulla scopa della Befana quando questa andava a consegnare i doni. Finita la consegna dei doni, il resto dell’anno il gatto lo trascorreva in una sorta di letargo. Un giorno, mentre era in viaggio con la Befana, la curiosità di guardare il mondo da vicino lo spinse a sporgersi. Così facendo, urtò uno dei sacchi dal quale volò via un regalo. La Befana, che aveva poteri magici, si accorse che mancava un pacchetto e che la colpa era del suo gatto.

Così gli disse: “quel regalo era destinato a un bambino. Non possiamo lasciarlo senza doni…..così andrai tu “. Il gatto fu calato nel camino della casa del bimbo, dove arrivò tossendo a causa della fuliggine. Il bambino impazzì dalla gioia e i genitori decisero di tenerlo. Da quel momento i gatti non furono più solo tigrati. E da allora si disse che i gatti neri portavano fortuna, dato che erano un dono di quella magica notte in cui i sogni si avverano.

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