Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Alberto Oliva: un italiano vero

di Patrizia Romano

C’è chi sceglie la via della fuga e chi decide di restare a qualunque costo nel proprio Paese per cambiarlo e migliorarlo. E’ la scelta del giovane regista milanese  che, a soli 29 anni, annovera una serie di successi, accettando la sfida di restare

 

di Patrizia Romano 

Il peggiore dei mali dei giovani? La diffidenza nei confronti della vita. Per Alberto Oliva, giovane e talentuoso regista teatrale questo rappresenta il motto che ha guidato le scelte più importanti della sua vita e, soprattutto, della sua carriera professionale.

Il motto che ha sancito la scelta più importante è quello di restare in Italia e fare teatro nel proprio paese. Una scelta che nel caso dei giovani diventa quasi una sfida. Quasi tutti i suoi amici hanno preferito la via della fuga, disperdendo energie nelle parti più disparate del mondo. Alberto no. Lui decide di rimanere e di concentrare le proprie energie nel proprio Paese, percorrendo per lungo e per largo l’intera Penisola. 

Dopo la maturità classica e la laurea in Scienze dei Beni culturali all’Università degli Studi di Milano, il giovane regista si diploma in regia alla Scuola d’Arte drammatica Paolo Grassi.

Siamo nel 2009 e dal diploma comincia a lavorare come assistente alla regia con nomi del calibro di Serena Sinigaglia, Corrado d’Elia, Carmelo Rifici, Andrée Shammah, Annig Raimondi e Massimo Navone. Segue Paolo Bosisio in diversi allestimenti di opere liriche.

Ma il suo vero esordio come regista è legato a ‘Purgatorio’ di Ariel Dorfman.

Dopo una serie di estenuanti e consecutivi lavori che lo vedono esordire accanto a grandi nomi del teatro italiano, il 2012 gli regala le prime grandi soddisfazioni. Primo tra tutti,  il Premio Internazionale Luigi Pirandello, a cui segue il Premio Sipario/Associazione Nazionale Critici di Teatro per Il Ventaglio di Goldoni, vinti proprio nel 2012.

Sempre quello stesso anno, l’esordio come scrittore. Alla fine di quell’anno  esce, infatti, il suo primo libro, ‘L’odore del legno e la fatica dei passi’, la testimonianza dei suoi primi anni di lavoro nel mondo dello spettacolo.

Dedicare le proprie forze e il proprio talento al paese che ti ha dato i natali, nonostante le avversità, le difficoltà e le contraddizioni che caratterizzano il tuo stesso Paese è una lotta continua che, come dicevamo, Alberto Oliva affronta ogni giorno. Ma da dove gli viene questa forza? Lui ha un modello generazionale al quale si ispira. E’ la generazione degli anni 40, come lui stesso afferma in più occasioni. E’ la generazione dei nostri nonni, quella che ha cambiato il mondo. Qui sembra esserci del contraddittorio, perché proprio quella generazione che ha cambiato il mondo è stata la prima generazione che ha scelto la via della fuga. “Sì – afferma il giovane regista – lo ha cambiato, ma ha importato tutto ciò che aveva creato”.

Nelle sue linee di pensiero c’è, comunque un salto generazionale: è la generazione dei nostri padri. Una generazione che, secondo Alberto, ha fatto molto poco.

Allora… cosa dire di fronte all’esternazione di questo pensiero? Dopo un vuoto generazionale, lasciamo riprendere il cammino avviato dai nostri nonni alla generazione dei neo trentenni come Alberto che, con caparbietà e spirito di sacrificio, hanno deciso di restare in Italia e di rinnovarla culturalmente, accettandone tutte le sfide.  

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