Il 25 novembre rappresenta la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Cifre agghiaccianti. Leggi inapplicate. Carenze strutturali. Viaggio nel mondo ‘insanguinato’ delle donne.
di Patrizia Romano
25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Dal Veneto alla Sicilia, l’Italia si mobilita, con spettacoli, convegni, mostre e quant’altro, per dire NO a uno dei fenomeni più scabrosi della nostra società.
Storia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Il 25 novembre non è una data scelta a caso. E’ la ricorrenza di un efferato delitto perpetrato nel 1960 nella Repubblica Dominicana, contro tre sorelle, di cognome Mirabal, considerate rivoluzionarie. Le tre donne vennero torturate, massacrate, strangolate. I loro corpi vennero buttati in un burrone e venne simulato un incidente.
Da quel giorno le cose non sono cambiate granché.
Andamento del fenomeno
E poi…? Cosa accadrà dopo questo giorno che assurge a giornata internazionale contro la violenza sulle donne? Spenti i riflettori, il fenomeno continuerà incessantemente a mietere vittime per il resto dei giorni, delle settimane, dei mesi e per il resto dell’anno.
La violenza contro le donne è un fenomeno esteso e diffuso in maniera capillare e che viene consumato ogni giorno. Non conosce limiti. Varca tutti i confini. Secondo recenti dati dell’Istat, circa 7 milioni di donne hanno subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica. Una donna su tre subisce abusi. Circa 650 mila, le donne che hanno subìto stupri, poco più di 740 mila le vittime di tentati stupri.
Anche le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della propria vita. La violenza fisica è più frequente fra le straniere, mentre quella sessuale è più diffusa tra le donne italiane.
In Sicilia, l’Istat, nell’indagine ‘La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia’ stima che il 23 per cento delle donne dai 16 ai 70 anni ha subito almeno una volta nella vita una violenza fisica o sessuale, da parte del partner. Solo il 4,3 per cento ha subito una violenza prima dei 16 anni, da parte di parenti o conoscenti e comunque, più in generale, il campione analizzato dichiara di aver subito una qualunque forma di violenza sessuale nella propria vita.
A commettere le violenze più gravi sono i partner attuali o ex. Mentre a perpetrare molestie sessuali sono, nella maggior parte dei casi sconosciuti.
Molto bassa l’età delle vittime che, nel 10 per cento dei casi, hanno subìto violenze sessuali prima dei 16 anni.
Le donne separate o divorziate subiscono maggiore violenza rispetto alle altre.
Critica anche la situazione delle donne con problemi di salute o gravi disabilità. Circa il 30 per cento delle donne che hanno subìto violenza. Anzi, sembrerebbe che, proprio per le loro precarie condizioni di salute, siano più esposte al rischio.
Nell’ultimo rapporto, che si riferisce allo scorso anno, emerge qualche piccolo segnale di miglioramento. Nell’ultimo quinquennio, le violenze fisiche o sessuali sono leggermente diminuite, passando dal 13,3 per cento all’11,3 per cento. Un calo dovuto, soprattutto, a una maggiore consapevolezza delle donne, che riescono con maggiore frequenza a prevenire situazioni di pericolo e a uscire da relazioni a rischio.
Cosa pensano i giovani maschi della violenza sulle donne
Alla consapevolezza della donna, però, si contrappongono i retaggi culturali di generazioni e generazioni di ‘maschi’ del passato, trasferita in maniera subdola alle nuove generazioni. Tant’è che, secondo uno studio condotto da We World Onlus e da Ipsos Italia, che ha portato alla stesura di un dossier, il 32 per cento dei ragazzi in età compresa tra i 18 e i 29 anni afferma che gli episodi di violenza vanno affrontati soltanto all’interno della mura domestiche. Il 25 per cento ritiene, inoltre, che la violenza sulle donne sia giustificata dal troppo amore. Molti altri, invece ritengono che la causa sia legata all’esasperazione alla quale i ‘poveri uomini’ vengono portati dalle donne con il loro atteggiamento petulante e, quindi, esasperante.
Aspetto sociologico della violenza sulle donne
In ambito sociologico, vengono distinti tre diversi tipi di violenza: la violenza fisica, quella sessuale e, infine, quella psicologica.
La prima si manifesta in varie forme, dalle più lievi a quelle più gravi. Queste comprendono minacce, spintoni, strattonamenti, colpi con oggetti vari,, schiaffi, calci, pugni, morsi, tentativi di strangolamento, di soffocamento, ustioni e la minaccia con armi.
Per violenza sessuale, invece, vengono considerate le situazioni in cui la donna è costretta a subire atti sessuali di diverso tipo: stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali imposti, attività sessuali degradanti e umilianti
Infine, le forme di violenza psicologica riguardano le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le strategie di isolamento, le intimidazioni, le limitazioni economiche.
Aspetto giuridico
Per violenza di genere si intende qualsiasi forma di violenza rivolta contro le donne in ragione della loro identità di genere, indipendentemente dall’orientamento politico, religioso, sessuale o dall’etnia delle vittime. Nella violenza di genere sono comprese la violenza sessuale e qualsiasi forma di persecuzione o violenza fisica, psicologica ed economica che un uomo esercita su una donna in ambito familiare o lavorativo.
La Regione riconosce che ogni forma o grado di violenza contro le donne costituisce una violenza di genere e una violazione dei diritti umani, dell’integrità fisica e psicologica, della sicurezza, della libertà e della dignità della persona.
La Regione assicura alle vittime della violenza e ai loro figli minori o diversamente abili un sostegno per consentire ad esse di recuperare la propria autonoma individualità e di riconquistare la propria libertà, nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato.
Inoltre, le leggi e i decreti che ‘tutelerebbero’ le donne sono la Legge regionale 3 gennaio 2012, numero 3, recante ” Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere”.
Con D.A. 281 del 2014, è stato istituito l’Osservatorio permanente contro le molestie e la violenza di genere.
La Regione Siciliana con la legge regionale 3 del 2012 – Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere, prevede l’istituzione, presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, un Forum permanente contro le molestie e la violenza di genere.
La Legge regionale numero 3 del 2012 prevede, da parte della Regione, l’Istituzione della Rete di relazioni al fine di garantire idonee azioni di prevenzione della violenza di genere.
I comuni, le province, le aziende sanitarie provinciali, le aziende ospedaliere e i policlinici universitari, gli uffici scolastici provinciali, le forze dell’ordine, l’autorità giudiziaria, le prefetture, le organizzazioni sindacali, gli enti datoriali, i centri antiviolenza presenti sul territorio e, su espressa richiesta, le associazioni culturali e di volontariato, sono i soggetti che fanno parte della rete di relazioni.
Attraverso una Manifestazione di interesse per l’adesione alla Rete di relazioni per prevenire e contrastare la violenza di genere, si intende acquisire una formale e qualificata adesione da parte dei soggetti individuati dalla legge e interessati ad aderire alla Rete di relazioni per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere.
Poche, i soggetti che hanno dato già adesione. La Rete, infatti, è ancora molto lontana da venire
Aspetto finanziario del fenomeno
Spenti i riflettori, cosa ne sarà delle vittime? Action Aid, i centri antiviolenza della rete Dire e Wister, denuncia la mancanza di trasparenza sull’utilizzo dei fondi da parte delle amministrazioni pubbliche.
Le associazioni hanno presentato una mappa che mette a confronto le risorse stanziate con la legge sul femminicidio, la 119 del 2013 e le risorse finora spese. Per il piano antiviolenza 2013/2014 sono stati stanziati 16 milioni e 400 mila euro, ma solo 6 milioni sono arrivati nelle case rifugio. Action Aid chiede l’elaborazione di una mappa dei centri antiviolenza e più trasparenza nella gestione dei fondi da parte delle amministrazioni. Per monitorare la destinazione delle risorse si sono potuti raccogliere i dati di sole sette amministrazioni. Solo per dieci Regioni si può consultare la lista delle strutture che hanno beneficiato dei fondi statali e solo in cinque – Piemonte, Veneto, Puglia, Sicilia e Sardegna – sono stati pubblicati i nomi di ciascun centro che ha ricevuto le risorse. Inoltre, è emerso che non sempre i dati relativi ai centri antiviolenza combaciano con quelli del documento di riparto della Conferenza Stato-Regioni.
A chi rivolgersi per tutelarsi dalla violenza?
L’associazione Le Onde Onlus, ad esempio, svolge un’attività di ricerca sul fenomeno e gestisce il “Centro Antiviolenza per donne vittime di violenza di genere”. L’associazione effettua un primo contatto telefonico con donne e ragazze, colloqui di accoglienza per un progetto di uscita dalla violenza familiare ed extrafamiliare, oltre a consulenze legali e psicologiche.
Anche la tecnologia aiuta le donne. Infatti, sono sempre più numerose le App che aiutano le donne vittime di violenza, come Shaw, acronimo di Soroptimist Help Application Women. L’App connette l’utente al 112 per richiedere aiuto in situazioni di emergenza e fornisce anche informazioni legali su violenza e stalking, mettendo in contatto la vittima con il centro antiviolenza più vicino. A Milano, la Asl e l’associazione Telefono Donna hanno lanciato l’applicazione gratuita “Stop Stalking” in cinque lingue diverse: italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Si possono memorizzare su un diario episodi preoccupanti, dagli appostamenti alle percosse per poi inviare le informazioni allo sportello stalking di Telefono Donna, aperto 24 ore su 24.
Si chiama, invece, Save the Woman un’altra applicazione – studiata per prevenire gli abusi – lanciata dalla società Smartland dalla criminologa Roberta Bruzzone. Attraverso un test si stabilisce il livello del rischio di violenza da parte del proprio partner, superato il quale la App consiglia di rivolgersi a un centro antiviolenza.
Questa giornata sotto i riflettori, rappresenta un momento di riflessione, di dibattito e di impegno sul fenomeno, con il fine di avviare azioni concrete di contrasto agli atti di violenza e di maltrattamenti di cui le donne sono vittime. L’Anci ha intrapreso una campagna informativa nazionale in occasione di tale ricorrenza, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999, con l’obiettivo di dare rilevanza agli impegni e agli eventi di sensibilizzazione organizzati dalle amministrazioni locali, dandone ampia visibilità per rafforzare la consapevolezza collettiva della necessità di contrastare ogni forma di violenza sulle donne e sostenere e implementare i servizi anti violenza nei Comuni italiani. Proprio con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione e di far conoscere e far arrivare al maggior numero possibile di donne (vittime o testimoni di violenza) il messaggio che non sono sole e che esiste una rete di aiuto locale che può aiutarle, l’Anci Sicilia ha sottoscritto un protocollo d’intesa che coinvolge il Cedav di Messina (Centro Donne Antiviolenza), la Thamaia Onlus di Catania, Le Onde Onlus di Palermo, le Associazioni regionali associate all’Associazione nazionale Di.Re (Donne in Rete contro la Violenza) e la Federsanità AnciSicilia. Tra gli obiettivi dell’intesa, l’avvio di una collaborazione per promuovere e sviluppare azioni, progetti o iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile contro le donne. Al fine di dare rilevanza agli impegni e agli eventi di sensibilizzazione organizzati per il 25 novembre 2015, i Comuni siciliani potranno promuovere le proprie iniziative attraverso i social network Facebook e Twitter con un apposito Hasthag #stopviolenzadonne.
Femminicidio
Il 2013 è stato un anno brutale per i femminicidi, con 179 donne uccise. In poche parole, una vittima ogni due giorni. Gli ultimi dati statistici del 2014 confermano il trend, aggiornandolo a una media di una vittima ogni 3 giorni.
Rispetto alle 157 del 2012, le donne ammazzate sono aumentate del 14 per cento. A rilevarlo è l’Eures nel secondo rapporto sul femminicidio in Italia, che elenca le statistiche degli omicidi volontari in cui le vittime sono donne.
A livello territoriale, si registra, rispetto a una prevalenza del Nord negli anni precedenti, un aumento delle vittime di femminicidio al Sud, e il raddoppio dei casi nel Centro Italia. Lazio e Campania sono le regioni con il più alto numero di femminicidi, seguite da Lombardia e Puglia, mentre a livello provinciale sono in testa Roma, Torino e Bari.