Le patologie cromosomiche sono malattie genetiche caratterizzate dall’anomalia del numero di cromosomi rispetto ad un cariotipo (l’assetto cromosomico di un individuo n.d.r.) normale o dall’anomalia nella struttura di uno o più cromosomi.
di Arianna Zito
È possibile, con un semplice test di screening genetico prenatale non invasivo (G-Test), effettuato a partire da un prelievo di sangue materno, ‘guardare’ nel DNA del feto nella pancia della mamma per identificare eventuali malattie cromosomiche. Alle Trisomie 13,18 e 21 (Down) con il G-Test si aggiungono oggi tre importanti Sindromi da Delezione cromosomica: Cri du Chat il cui nome deriva da un tipico modo di piangere del neonato, 1p36 in cui manca una parte del cromosoma 1 e 2p33.1 che colpisce il cromosoma 2. Patologie che per molte delle quali ancora non esiste una cura. Alcune sono compatibili con la vita, altre prevedono diversi gradi di disabilità fisica e intellettiva o con una prospettiva di vita estremamente breve.
Il test, che al momento non è offerto dal Servizio Sanitario Nazionale, va eseguito durante il primo trimestre di gestazione e in particolare dalla decima settimana di gravidanza e analizza, secondo i ricercatori con grande affidabilità, la presenza nel feto di una anomalia cromosomica facendo emergere dunque una situazione di alto rischio che necessita, in caso di esito positivo, ulteriori approfondimenti diagnostici e consulenza genetica. C’è, comunque, da sottolineare che circa il 95 per cento delle gravidanze con feti che presentano anomalie cromosomiche si evolvono con aborti spontanei.
Il G-Test che fa parte dei test NIPT (Non Invasive Prenatal Test) nasce nei laboratori Bioscience Genomics, che sono uno spin-off dell’Università di Tor Vergata di Roma che conferma la decennale tradizione dell’ateneo come polo della genetica.
“I laboratori Bioscience Genomics rappresentano – spiega il Rettore di Tor Vergata, Giuseppe Novelli – un modello di ‘filiera corta’ dai risvolti estremamente importanti: produciamo, distribuiamo e analizziamo in Italia il G-test (sigla di Genetic Test), il tutto secondo le stringenti norme regolatorie italiane ed europee e gestiamo le informazioni ‘sensibili’ come i dati genetici della donna e del nascituro, in maniera rigorosa. Bioscience Genomics infatti opera secondo le direttive di un codice etico che hanno il proprio fulcro nel consenso informato e nella protezione dei dati, inseriti in una apposita banca e il rispetto della privacy.
L’attenzione alla maternità e all’evento nascita è considerato sempre più prezioso – sottolinea Novelli che è anche specialista in Genetica Umana – per gli individui e le società intere. È importante quindi conoscere tempestivamente anche la presenza di condizioni genetiche che non vengono ereditate da uno dei due genitori ma che si verificano in maniera casuale e che possono colpire chiunque nella popolazione generale. Malattie che talora diventano più frequenti all’aumentare dell’età della gestante. Sapere se il feto presenta delle anomalie gravi permette di impostare un percorso di sostegno prima della nascita, ma anche di decidere se portarla a termine nel caso che la malattia del bambino abbia una prognosi infausta, basti pensare alla trisomia 22 in cui i nati vivi sono una rarità, ai neonati con Sindrome di Van der Woude che nascono con gravi alterazioni dello sviluppo di testa e volto e con labio-palatoschisi, sino alla Trisomia 13 in cui la metà dei neonati muore entro il primo mese e solo il 10% sopravvive sino a un anno. Nella maggior parte dei casi si tratta di malattie associate a disabilità mentale o fisica, immunodeficienze, anomalie cardiache, convulsioni, disturbi ormonali ed altro”.
Il G-test è distribuito grazie ad apposite convenzioni con i reparti di ginecologia dei più grandi ospedali italiani o può essere richiesto dal singolo ginecologo. “Subito dopo il prelievo si attiva la cosiddetta ‘catena di custodia’ che prevede – afferma il Rettore di Tor Vergata – una speciale etichettatura del campione che ne garantisce la titolarità e la tracciabilità, l’assegnazione ad un corriere convenzionato e lo stoccaggio del materiale biologico secondo i più elevati standard di sicurezza”.
Il desiderio di avere un figlio sano è quello di ogni coppia, per questo l’utilizzo della diagnostica prenatale si sta diffondendo sempre più anche tra le giovani donne in gravidanza. Alcuni esami, infatti, venivano effettuati dalle donne oltre i 35 anni. Infatti, secondo i dati del Rapporto CEDAP Certificati di assistenza al parto 2015, si sono sottoposte ad amniocentesi anche l’1,88% delle donne con meno di 25 anni con picchi dell’8.88% nelle Marche, del 3,07% nel Lazio che si posiziona al secondo posto e del 3.04% dell’Umbria. E anche nella fascia 25-29 anni il ricorso a questa indagine invasiva coinvolge una media del 3% di donne sul territorio nazionale che si impenna al 10% nel caso delle Marche, all’8,02% in Umbria e al 6,33% del Lazio. Al crescere dell’età materna cresce il riscorso all’amniocentesi: l’hanno eseguita il 32,33% delle donne tra 38-40 anni e il 35% delle over 40 anche se sforano la media nazionale almeno 5 regioni: Liguria (63,59%), Umbria (59,79), Valle D’Aosta (59,65) e Basilicata (43,08%) mentre il Lazio segue al sesto posto con il 42,38%. Tassi in alcuni casi troppo alti anche in termini di rischio abortivo, un dazio pagato in circa l’1- 1,5% dei feti sottoposti ad indagini invasive.
Anche se è da sottolineare che ci sono coppie di genitori che scelgono di non effettuare alcun test poiché per motivi personali, morali o religiosi, decidere di interrompere la gravidanza non è una opzione.
COSA INDIVIDUA IL TEST
Il G-Test, che ha una validazione ottenuta da 800mila test effettuati di cui quasi 150mila pubblicati, individua:
Trisomia 21 (Sindrome di Down), Trisomia 18 (Sindrome di Edwards), Trisomia 13 (Sindrome di Patau),Trisomia 22,Trisomia 16,Trisomia 9, Determinazione del sesso, Sindrome di Turner, Sindrome di Klinefelter, Sindrome di Jacobs, Sindrome XXX, Sindrome Cri du Chat, Sindrome da delezione 1p36,Sindrome da delezione 2q33.1,Sindrome di Prader-Willi, Sindrome di Angelman, Sindrome di Jacobsen, Sindrome di DiGeorge 2, Sindrome di Van der Woude, Sindrome da delezione 16p12.