Il pluralismo religioso nel mondo cristiano è una necessità sempre più avvertita dalle società pluraliste. Ma certo non si può dire che sia un’impresa facile. Viaggio tra le varie confessioni presenti nel cristianesimo.
di Patrizia Romano
Il dialogo interreligioso è una necessità sempre più avvertita dalle società fortemente variegate e diversificate. Ma certo non si può dire che sia un’impresa facile ed esente da rischi. Nell’ambito dello stesso Cristianesimo, poi, queste difficoltà emergono con maggiore preponderanza. Se il dialogo diventa uno scambio vero e proprio in cui ciascuna delle parti cerca di persuadere l’altra della verità e del valore di ciò in cui crede, allora questo dialogo presenterà esigenze difficili e rischiose. Il dialogo è un movimento complesso. In un interscambio religioso si deve essere saldi in ciò in cui si crede, ma non estremisti nelle proprie convinzioni. E’ importante lasciare aperta una possibilità di accoglienza del pensiero altrui. Questi elementi possono essere riassunti nella polarità di impegno e apertura. Ma per i cristiani, ciò significa essere realmente aperti a ciò che Dio possa tentare di dirci attraverso altre confessioni. Purtroppo, però, per la maggior parte dei cristiani questo rappresenta una novità troppo dirompente, al punto da rivelarsi minacciosa.
Per i cristiani disposti a seguire questo modello, il miglior modo di relazionarsi con le altre confessioni è quello di condividere con esse la Buona Novella di Gesù, sperando di diventare una delle tanti parti della comunità di seguaci di Gesù. Questo atteggiamento può essere individuato soprattutto nelle Chiese fondamentaliste ed evangeliche.
Per molti, il dialogo con persone di altri credo, continua ad essere un imperativo etico. Tale genere di dialogo richiede un complicato equilibrio tra fedeltà e apertura. Possono Può essere raggiunto dai cristiani?
Fare rientrare le cose in categorie ben definite a volte può significare una forzatura. Malgrado ciò, in uno sforzo per dare un po’ d’ordine alla gamma degli attuali atteggiamenti cristiani nei confronti di altre religioni, possiamo offrire una serie di modelli che coprono buona dell’ambito teologico.
La maggior parte dei teologi cristiani che si occupano di altre religioni si muovono tra questi modelli. Ecco una breve e rapida rassegna delle teologie delle religioni contemporanee.
Intanto, abbiamo quello che viene definito ‘Modello di Sostituzione’. Per questi cristiani esistono elementi che aiutano a conoscere la rivelazione di Dio attraverso Gesù, che non sono, comunque, negoziabili. Tra questi, l’annuncio a tutto il mondo che Dio ha offerto la speranza e la possibilità di benessere (salvezza) attraverso la vita, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo.
Dio realmente non discrimina nel suo amore e «vuole che tutti si salvino», ma questo Dio offre tale amore salvifico attraverso l’«unico mediatore tra Dio e gli esseri umani: Cristo Gesù». Per quanto i cristiani possano amare le persone di altre religioni e cercare di parlare con loro, essi riveleranno il loro amore nel tentativo di sostituire la fede e le pratiche religiose precedenti con il battesimo alla vita e alla pratica cristiane.
Ma come si può essere aperti alla possibilità di apprendere da altri quando già si possiede la totalità della verità di Dio? Come si può cooperare realmente con altre religioni, cercando di risolvere i problemi etici globali del presente quando si è convinti che l’unica soluzione sia stata già data in Gesù? Senza dubbio, i cristiani legati a questo modello di sostituzione non vedono la necessità del dialogo e non provano inquietudine ad annunciare ai buddisti o ai musulmani che non possono essere salvati senza abbracciare Gesù.
Poi, abbiamo, il cosiddetto Modello di Compimento. Questo modello ha assunto chiara visibilità, soprattutto per i cattolici, ma anche per i protestanti, quando il Concilio Vaticano II ha cercato di preparare il terreno teologico per un atteggiamento più positivo nei confronti dei membri di altre confessioni. Attraverso questo modello, la Chiesa cattolica ha riconosciuto pubblicamente che esistono molte cose «certe e sacre» in altre religioni, che queste religioni contengono «preziosi elementi religiosi e umani… elementi di verità e grazia».
Ciò che ha fatto irruzione nel Vaticano II è stato appoggiato e sviluppato dalle Chiese protestanti “di linea tradizionale”. A questo si aggiunge il Modello di Reciprocità. I portavoce di questo modello cercano di colmare le lacune in termini di apertura presenti negli altri modelli. A loro giudizio, quello che non è negoziabile è aperto ancora a nuove interpretazioni. Le persone che seguono questo modello argomentano che, in questa era segnata dall’urgenza di un dialogo, i cristiani possano proclamare Gesù come vero Salvatore del mondo, ma non come unico Salvatore del mondo.
Per loro, solo in Gesù e nella sua Chiesa, tutta la verità, il valore e la bellezza di altre religioni possono trovare il loro compimento.
Certo è spontaneo chiedersi come in modello simile sia possibile che si equilibrino fedeltà e apertura? I portavoce di questo modello cercano di colmare le lacune in termini di apertura presenti negli altri modelli. A loro giudizio, quello che non è negoziabile è aperto ancora a nuove interpretazioni.
Le persone che seguono questo modello argomentano che, in questa era segnata dall’urgenza di un dialogo, i cristiani possano proclamare Gesù come vero Salvatore del mondo, ma non come unico Salvatore del mondo. In altre parole, il ruolo salvifico di Gesù continua ad essere universale, cioè diretto a tutte le persone, non solo ai cristiani; ma questo ruolo non è esaustivo rispetto al disegno di Dio nel mondo. Ciò non vuol dire che non esistano differenze tra le religioni o che tutte stiano essenzialmente esprimendo le stesse cose, o che ogni fede religiosa sia ugualmente valida o efficace per rivelare la verità di Dio. Le differenze tra le religioni sono reali, ma non possono essere radicali. I rappresentanti del modello di reciprocità si considerano aperti nei confronti delle altre religioni. Ma quanto questa apertura ci sia realmente, non è chiaro e definito.
Infine, abbiamo il Modello di Accettazione. I rappresentanti di questo modello accettano il fatto che tutti viviamo nei nostri mondi culturali, che questi mondi influenzano il modo in cui vediamo tutto il resto, ma sono molto diversi tra loro. Sono così diversi che in realtà non è possibile “misurarne” uno a partire dalla prospettiva di un altro. Ogni confessione è incommensurabile rispetto agli altri. Questo significa che tutti abbiamo i nostri punti “non negoziabili”. Tutti abbiamo i nostri assoluti o verità complete e finali, e non possiamo giudicarne una alla luce delle altre.
Allora, questo modello invita i cristiani e tutte le persone religiose ad accettare semplicemente le altre religioni. A lasciarle in pace. Ad essere buoni vicini, ma restandosene ciascuno per conto proprio.
Alla fine della fiera, sembra, comunque, che ogni singola confessione sia in realtà confinata nel proprio orticello, ciascuna saldamente impegnata con la propria verità. Ma, forse, troppo saldamente. Per quanto ogni religione sia aperta e accetti le differenze e le affermazioni assolute di altre religioni, questa accettazione finisce con il diventare semplice tolleranza. Teologicamente parlando, però, i pluralisti affermano che la molteplicità delle religioni è “volontà di Dio”, cioè qualcosa che fa parte della salvezza.
Le confessioni cristiane
I cristiani sono uniti dalla fede: • in un Dio Unico in tre persone uguali e distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo (Santissima Trinità);
- in Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si è fatto uomo e ha salvato tutti gli uomini con la sua morte e resurrezione;
- nella Chiesa, nella quale si entra mediante il Battesimo e che costituisce il corpo mistico di Cristo.
Per molteplici ragioni storiche, dottrinali e politiche, la Chiesa, nel corso dei secoli, si è divisa in confessione Cattolica, confessione Ortodossa, confessione Protestante.
Le differenze non sono sostanziali (tanto che la Chiesa Cattolica non considera eretica, ma scismatica, la Chiesa Ortodossa.
Possiamo riassumerle in quattro punti: il peccato originale, la primarietà del Papa e Immacolata Concezione e la variazione del Credo
Il Peccato Originale
Gli Ortodossi, al contrario dei Cattolici, ritengono che il Peccato Originale non abbia conseguenze morali sull’uomo ma solo fisiche. In seguito, al peccato di Adamo, infatti, l’uomo è diventato mortale (conseguenza fisica), ma in seguito alla sconfitta della morte da parte di Gesù, l’uomo non eredita più la morte spirituale derivante dal Peccato Originale. Quindi se per la Chiesa Cattolica l’uomo nasce nel peccato per la Chiesa Ortodossa l’uomo nasce puro.
Primarietà del Papa e Immacolata Concezione.
La Chiesa Ortodossa non riconosce il dogma di infallibilità del Papa (definito nel Concilio Ecumenico Vaticano I del 1870), né crede nell’Immacolata Concezione (la preservazione di Maria dal Peccato Originale fin dalla nascita) ma, anzi, li ritiene eretici.
Variazione del Credo (filioque).
La disputa nasce intorno alla petizione del Credo Niceno-Costantinopolitano: “Credo nello Spirito Santo che procede dal Padre (e dal Figlio, filioque)”. Il filioque viene aggiunto per la prima volta nel 589, nel concilio Toletano III e ribadisce la divinità di Gesù contro l’eresia ariana che imperversava a quel tempo. Il tema agitava la Chiesa Orientale, sebbene S. Agostino e S. Massimo il Confessore trovarono una sintesi. Si ritiene che fu probabilmente più il fattore politico sottostante quindi a far poi esplodere lo scisma nel 1054.
Differenze minori
Nel rito ortodosso, l’Eucarestia viene sempre servita nelle due specie e non viene utilizzato pane azzimo. La celebrazione eucaristica è generalmente più lunga di quella cattolica. I sacramenti del Battesimo, Cresima e Comunione vengono somministrati tutti in una volta sola poco dopo la nascita. Nella tradizione ortodossa, il celibato nel sacerdozio non è necessario: dopo essersi sposati si può essere ordinati.
Differenze tra Cattolici e Protestanti
Le differenze tra queste due Chiese possono dirsi sostanziali. La Chiesa Cattolica considera eretica, la Chiesa Protestante e viceversa. Le differenze tra queste due Chiese possono essere riassunte nei seguenti punti:
Salvati per grazia. Secondo la dottrina protestante l’uomo non può, con le sue opere, contribuire alla propria salvezza. L’unico che può salvare è Dio attraverso la sua grazia.
Sola scriptura. I protestanti ritengono che l’unica fonte di Verità sia la Bibbia e che non debbano esserci ulteriori strumenti per decodificare la volontà di Dio. La dottrina cattolica, invece, cammina su due binari: la Sacra Scrittura e la tradizione, composta dai contributi dei Santi, dei Padri della Chiesa, delle encicliche papali.
Transustanziazione. I cattolici credono nella transustanziazione, cioè che durante la consacrazione del pane e del vino essi diventino nella sostanza il corpo e il sangue di Cristo. Nella chiesa protestante rimane invece divisione su quest’argomento: Lutero riteneva esistesse la consustanziazione: Dio c’è in presenza ma non trasforma la sostanza. Calvino, invece, credeva in una presenza di Dio solo spirituale negando, di fatto, il carattere sacrificale della messa.
Sacramenti. Nella Chiesa protestante vengono riconosciuti come sacramenti solo il Battesimo e l’Eucarestia e, parzialmente, il sacramento della penitenza (confessione).
Confessione. Nella Chiesa Protestante, in generale, non viene somministrato il sacramento della confessione in forma privata ma si recita, generalmente, un rito penitenziale interno alla celebrazione eucaristica. Eccezione viene fatta dai Luterani che la praticano più raramente dei cattolici. Usualmente, prima del rito della Prima Comunione, i Luterani prevedono una confessione privata.
Celibato per i sacerdoti. I preti Protestanti non fanno voto di celibato. Nella tradizione cattolica, invece, tale vincolo esiste anche se può essere disatteso nel caso di ordinazioni con rito Greco e nelle altre Chiese Cattoliche Orientali.
Si ricorda che questo voto, anche se si rifà al pensiero espresso dallo stesso S.Paolo alla nascita del cristianesimo, non viene codificato fino al Concilio romano del 386 d.C. Inoltre la norma fu più volte rimessa in discussione e ribadita dalla Chiesa di Roma fino al Concilio di Trento, che ne sancì definitivamente l’obbligo per tutti i sacerdoti. Tale voto rimane tuttavia essenziale in tutti i riti per essere ordinati vescovi.