L’identità religiosa costruitasi nel corso dei secoli nella patria di partenza, la si trova immutabile nella nuova patria. Come i popoli vivono la propria appartenenza etnica e l’appartenenza religiosa
di Sergio Natoli
Appartenenza etnica e appartenenza religiosa. Vivere in mezzo agli italiani emigrati all’estero in Germania, Stati Uniti d’America ed Australia è un’opportunità per toccare con mano la forza dell’appartenenza etnica. Appartenenza etnica e appartenenza religiosa te le porti dietro, ovunque tu vada. Essa è capace di mantenere la lingua madre, anche se la terminologia è ferma al periodo in cui è stata vissuta la migrazione. Anche di mantenere le tradizioni culturali del proprio Paese a ed in particolare della propria regione o città. Non per ultimo, di mantenere anche la religiosità che si esprime primariamente nella ‘religiosità popolare’.
Così, a dispetto della distanza geografica e temporale, riti religiosi feste popolari, tradizioni culturali, si ripetono regolarmente nella nuova patria. Ma mantenendo riti e forme religiose che si celebrano di anno in anno e si tramandano da una generazione all’altra.
Appartenenza etnica e appartenenza religiosa riangono immutate
Appartenenza etnica e appartenenza religiosa, costruite nei secoli nella patria di partenza ed espressa attraverso delle forme culturali, le si trovano immutabili nella nuova patria. L’avvenimento religioso, allora, è anche espressione dell’identità culturale.
Così a Fremantle, in Australia, l’8 settembre si celebra una grande festa in onore della Madonna del Tindari. Della Madonna venerata a Capo D’Orlando (ME) in Sicilia. Anche in Germania, in Canada, in Brasile ed in altri Paesi, gli italiani hanno esportato diverse feste religiose. Eventi, che sono espressione della fede e della cultura delle loro differenti regioni d’origine.
Usi e costumi che si mescolano
La mobilità delle persone non è una realtà asettica. Le persone, nei loro bagagli portano le proprie culture, le usanze, i cibi. Ma anche le forme religiose così come le hanno apprese e vissute nei loro Paesi.
I Mauriziani, che nella loro isola venerano il Beato padre Laval, hanno portato con loro in Italia questo loro amore per questo missionario. Un uomo, che, portando il Vangelo in quel l’isola, ha contribuito alla eliminazione della schiavitù.
Gli indù fanno le processioni alle loro divinità con riti ed usanze del loro paese. Così nel centro di Palermo è possibile imbattersi in una loro processione.
I peruviani hanno portato con loro la devozione al Señor de Los Milagros. Quelli dell’Equador la devozione alla Madonna del Cisne. I Tamil l’amore alla Madonna di Madu. I Filippini alla madonna delle filippine, ecetera.
Appartenenza etnica e appartenenza religiosa nel capolugo siciliano
Nel capoluogo siciliano c’è un pullulare di forme religiose espressione di altre culture. Dal tempio cinese a quello buddista ed hindu. Dalle aggregazioni che si identificano con il cristianesimo fino alle sale del regno dei testimoni di Geova. Dove si parla e predica in lingua twi del Ghana o nella lingua tamil dello Sri Lanka.
Il cammino cristiano è fortemente impegnativo, specialmente nella condizione migratoria. Lavorare il 20 per cento in più per compensare i bassi salari a cui sono costretti i migranti e quelli delle fasce più deboli, non facilita la pratica religiosa. Così il bisogno di lavorare viene sempre prima della partecipazione alla vita della comunità cristiana.
La fede come interazione
Il ritrovarsi delle comunità etniche nelle diverse circostanze dell’anno liturgico, si rivela un momento importante per rinforzare i legami etnici. Ma anche per collocarsi nel nuovo orizzonte sociale, offrendo anche una loro visibilità alla città. In queste circostanze, anche per i cristiani prevale la partecipazione ai riti religiosi organizzati per e dalle comunità etniche, anziché la partecipazione alla S. Messa o ad altre attività religiose unitarie proposte dalla chiesa particolare.
La liturgia e la sua sua diversa interpretazione
È molto profondo partecipare alle liturgie delle differenti comunità etniche che si svolgono nelle loro lingue. Per un italiano che non conosce la loro lingua, è vivere un’immersione in un altro mondo. La liturgia è espressione di una cultura, i canti, i segni usati, i bellissimi vestiti della festa, i profumi…ti fanno dire: che bello. L’italiano che si trovi in una simile celebrazione, va via con un senso di pace e di mistero per la qualità della preghiera. Ma anche per essersi sentito immerso in clima di ‘mistero’ anche per l’impossibilità e l’incapacità di capire quanto avviene.
Le etnie diverse da quella italiana
Ciò risulta molto più marcato per le culture che sono totalmente diverse da quella italiana, come quella Tamil, Ghanese, Cingalese. È relativamente più facile quando ci si trova con i filippini o i polacchi.
E’ molto importante che le radici culturali e religiose di ogni gruppo etnico debbano essere custodite e conservate. Ma è importante superare l’inevitabile isolamento etnico. Isolamento, che può produrre un’unica comunità degli uomini che superi e colmi le distanze tra le diverse isole dell’arcipelago umano formato dalle differenti comunità etniche.
Due percorsi paralleli
Tutti i migranti che vivono nel medesimo territorio. E noi insieme a loro, siamo interpellati, in questo mondo interconnesso, a camminare con due gambe. Una è quella dell’appartenenza etnica e l’altra quella della nuova cultura nella quale il migrante ha scelto di vivere.
L’accoglienza vicendevole delle diversità è una ricchezza che fa vivere a tutti ed a ciascuno la religiosità. Permette a tutti di essere un segno profetico di unità nella comunità degli uomini.