Sembra che sugli investigatori del caso Mattei, venissero esercitate pressioni molto pesanti. Nell’area circostante, si aggirano strani personaggi. Secondo alcuni investigatori si tratta di soggetti che appartengono ai servizi di sicurezza
Da L’Inchiesta Sicilia Anno 1998 – Numero 40
di Giuseppe Lo Bianco
Nella zona in cui si svolge il presunto delitto, piombano all’improvviso i servizi.
A tal proposito, il brigadiere Bracci, dichiara: “In quell’indagine ho notato una cosa strana già dalla sera dell’incidente, ma soprattutto la mattina successiva, ho notato persone in borghese che non appartenevano all’arma o alle forze di Polizia nell’area di ricerca dei resti dell’aereo e umani. Ricordo che tali persone mi avevano dato fastidio, perché il lavoro era stato fatto da noi. Giravano e parlottavano soprattutto col personale Eni”. Il brigadiere afferma che questi personaggi, con elevata probabilità, appartenevano ai servizi di sicurezza.
Sembra, inoltre che sugli investigatori venissero esercitate pesanti pressioni.
Infatti, tra gli investigatori, il maresciallo Augusto Pelosi, comandante della stazione di Landriano dichiara: “Io ricevevo pressioni da tutte le parti, ma ero l’ultima ruota del carro e mi accorgevo di non contare nulla. Secondo me, sul caso Mattei e sulle relative indagini c’è un grosso coperchio che non ha permesso di scoprire la verità”.
Il giuramento di segretezza
Nel 1989, 27 anni dopo la tragedia, il generale di squadra aerea Giulio Cesare Graziani, chiede al suo amico generale Savi, che fu presidente della commissione d’inchiesta, di rivelargli come si era verificato il disastro. Ma Savi risponde che non avrebbe potuto riferire nulla di quell’incidente.
“Il comportamento di Savi – scrivono i giudici – non può essere spiegato se non con la necessità di tenere celata una verità diversa da quella ufficiale”.
http://inchiestasicilia.com/2017/01/11/il-caso-mattei/
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