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Assegno divorzile “una tantum” e pensione di reversibilità

Assegno divorzile in un unica soluzione e pensione di reversibilità: decisione affidata alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione...

di Redazione

Con ordinanza n. 11453 del 10 maggio 2017, è stata demandata alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la risoluzione della controversa ammissibilità della percezione, da parte dell’ex coniuge divorziato a cui è stato riconosciuto un assegno divorzile in unica soluzione, ex art. 5, comma VIII, legge n. 898/1970, della pensione di reversibilità prevista dall’art. 9, commi II e III della medesima norma

 

Avv. Giovanni Parisi

La questione riguardante il riconoscimento in favore dell’ex coniuge – che in sede di divorzio abbia percepito la speciale forma di contribuzione post-coniugale “una tantum”, ovvero in unica soluzione – della pensione di reversibilità a seguito del decesso dell’altro, è stata (ed è ancora oggi) molto dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza, in forza dell’ambiguità intrinseca della legge 898/1970 in parte qua.

L’art. 9, comma II della legge divorzile, invero, prevede una specifica forma assistenziale – ovvero previdenziale – in favore del coniuge divorziato titolare di assegno divorzile e che non sia già passato a nuove nozze, consistente nel riconoscimento del trattamento pensionistico di reversibilità (che ovviamente sorge all’evento-morte dell’altro e sempre che il rapporto da cui trae origine l’emolumento previdenziale sia anteriore alla sentenza di divorzio), che può essergli erogato per l’intero, ovvero pro quota, qualora insieme all’avente diritto concorra il nuovo coniuge superstite del de cuius (art. 9, comma III).
L’ambiguità della disposizione suddetta sta nell’avere genericamente richiamato, nella indicazione dei requisiti per ottenere il trattamento, la titolarità dell’assegno di cui all’art. 5 legge divorzile, senza ulteriormente specificare se ad esso possa essere assimilato quello corrisposto in unica soluzione su accordo delle parti (art. 5, comma VIII). Tale ultima disposizione, che riconosce la facoltà, nell’ambito di un procedimento di divorzio, di “forfetizzare” (sempre sotto il controllo del tribunale) la contribuzione post-coniugale in una sorta di “buona uscita”, impedisce al contempo la proposizione di una successiva domanda di contenuto economico: da qui il carattere gergalmente definito “tombale” dell’assegno una tantum.
Detta ambiguità, che ha dato adito ad un altalenante orientamento giurisprudenziale, deriverebbe anche dalla successiva previsione, di cui all’art. 9-bis della legge del 70, di un assegno a carico dell’eredità previsto in favore del coniuge divorziato che versi in stato di bisogno, purché percettore di assegno divorzile (stavolta specificatamente) periodico.
A fronte della poco chiara disposizione richiamata, dunque, diversi giudici hanno inteso negare il diritto dell’ex coniuge titolare di assegno una tantum, al trattamento previdenziale di reversibilità, proprio in quanto, secondo detto orientamento, il riconoscimento della pensione presupporrebbe la attualità dell’assegno divorzile al sorgere della reversibilità, di modo che quest’ultima si sostituisca al contributo periodico goduto allorché l’ex coniuge obbligato al versamento era in vita (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., n. 10458/2002; Cass. Civ., n. 17018/2003).

È con questa motivazione che la Corte d’appello di Messina rigettava la istanza del richiedente la pensione, il quale dunque ricorreva in cassazione per la riforma della sentenza, adducendo l’erroneo convincimento del collegio di merito nell’avere attribuito alla corresponsione di cui all’art. 9 comma II legge 898/70, natura assistenziale piuttosto che previdenziale, come viceversa stabilito da una pronuncia delle S.U. (sentenza n. 159/1998). Dalla natura (eminentemente ovvero esclusivamente) previdenziale del trattamento de quo, pertanto, conseguirebbe la assoluta irrilevanza della periodicità o meno dell’assegno divorzile percepito dal richiedente, atteso che l’oggetto della tutela si rinviene nell’interesse dell’assicurato ex art. 38, comma II Cost. a che siano garantiti mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita nel momento in cui si realizzi la situazione di stato di bisogno tipizzata in astratto dal legislatore.
Trattamento di reversibilità ed assegno divorzile, dunque, secondo tale rilievo che trova conforto in un orientamento giurisprudenziale (cfr. in proposito, Cass. Civ., S.U., n. 159/1998; Cass. Civ., S.U. n. 12540/1998), hanno natura diversa – previdenziale uno, ed assistenziale l’altro – e costituiscono autonomi diritti meritevoli di tutela. Anche più di recente, si rinvengono pronunce di legittimità tendenti a slegare la funzione previdenziale della pensione di reversibilità dal carattere periodico ed attuale dell’assegno divorzile, nonché dalle concrete modalità di erogazione stabilite dalle parti in sede di divorzio, con ciò riconoscendo il diritto alla percezione del trattamento pensionistico in favore dell’ex coniuge titolare di assegno “una tantum” (ex multis, cfr. Cass. Civ., n. 16744/2011; Cass. Civ., n. 13108/2010).

Constatato dunque il contrasto giurisprudenziale in materia tra la Prima Sezione Civile e la Sezione Lavoro della Cassazione in ordine al diritto alla pensione di reversibilità in capo al coniuge divorziato nell’ipotesi in cui sia stata stabilita la corresponsione in unica soluzione dell’assegno divorzile, è stata rimessa la decisione alle Sezioni Unite che, si spera, facciano finalmente chiarezza sul punto.

 

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