Nell’ottica di attuare le Pari Opportunità, sono state varate le cosiddette Politiche di Genere. In cosa consistono? Di cosa si occupano? Perché ha ancora senso parlarne? Ne discutiamo con Rosanna La Placa, segretario regionale della Cisl
di Patrizia Romano
Il testo costituzionale nel corso degli anni è stato modificato al fine di promuove l’attuazione delle Pari Opportunità. In questa ottica sono state varate le cosiddette ‘Politiche di genere’, una serie di strumenti giuridici volti a contrastare ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne. Per genere si intende l’insieme delle caratteristiche e dei ruoli che vengono attribuiti agli uomini e alle donne in una determinata società nell’ambito della famiglia e della vita pubblica. Il fondamento giuridico delle politiche di pari opportunità, sancito dalla Costituzione, è specificatamente riscontrabile in tre articoli: l’articolo 3, in cui si parla di pari dignità sociale di tutti i cittadini, uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, così come di razza, di religione, di opinioni politiche, eccetera; nell’articolo 37, in cui la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore; infine, nell’articolo 51 in base al quale tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza.
Eppure, si parla ancora tanto di attuazione delle politiche di genere. Recentemente, all’interno della Cisl, nasce il coordinamento sulle politiche di genere, attraverso il quale si cercherà di rafforzare le linee intraprese sulla contrattazione aziendale e sociale a favore della conciliazione lavoro-vita privata, nonché contro ogni forma di discriminazione e di violenza. Ma alla luce dei reali mutamenti giuridici, ha ancora senso parlare di politiche di genere? Il concetto, purtroppo, è immutabilmente attuale. “Se volgiamo lo sguardo al mercato del lavoro – dice Rosanna La Placa, segretaria regionale della Cisl Sicilia, ci rendiamo conto di quanto abbia ancora senso parlarne. Il tasso di disoccupazione femminile in Sicilia è sconfortante.
Ma la cosa più inquietante è che, raffrontato al fenomeno della disoccupazione complessiva e agli alti tassi di disoccupazione giovanile, quella femminile sembra essere contenuta. Questa analisi viene fuori perché il livello di disoccupazione femminile è stato sempre molto alto, così come il livello di arretratezza. Come vede, tutto è relativo”. L’obiettivo principale è quello di rafforzare la contrattazione aziendale e sociale a tutela delle lavoratrici. L’incipit di tale obiettivo è la persona. Tant’è che l’esigenza di dare vita a un coordinamento nasce dal Congresso Confederale, il cui tema centrale è, appunto, la persona. “Noi – riprende Rosanna La Placa – mettiamo la persona al centro di tutto. Occorre, pertanto, recuperare le risorse della persona-donna. La prima cosa da fare è, quindi, conciliare il lavoro con tutte le esigenze della persona. Il Governo, su spinta dei sindacati – ha varato delle efficienti misure di conciliazione lavoro-vita privata. Primo tra tutti, lo sgravo fiscale per le aziende che rispettano tali esigenze. Queste misure, però, impongono, un dialogo tra le istituzioni e le aziende con la mediazione dei sindacati. Tutto ciò – continua – sarebbe possibile soltanto, una rete infrastrutturale molto capillare sull’intero territorio”. Insomma, un sistema che si muova attorno alle esigenze personali della donna. Non dimentichiamo che la donna si è sempre fatta carico delle istanze familiari, portandole avanti contestualmente al lavoro fuori casa. E’ inutile negare che l’uomo e la donna non hanno mai avuto un ruolo paritetico nell’ambito familiare. Così come non si può negare il contributo dell’occupazione femminile allo sviluppo sociale.
Nonostante le lotte sindacali, non si è mai riusciti a fare sistema attorno alle istanze femminili. “La donna rimane una realtà marginale – riprende la sindacalista – con il proprio carico di problematiche inerenti alla vita lavorativa, familiare e personale”. L’altro grande tema affrontato dalle sindacaliste è la violenza nei posti di lavoro. Un fenomeno che si manifesta anche trasversalmente, attraverso azioni discriminatrici nei confronti della donna. “Noi – afferma la segretaria regionale della Cisl Sicilia – riteniamo che le basi debbano muovere da una sensibilizzazione al rispetto verso l’altro promossa tra le giovani generazioni. Anche qui – ribadisce Rosanna La Placa – occorre fare sistema e affidare questo compito a una rete opportunamente costruita. La cultura del rispetto e dell’integrazione non può essere affidata esclusivamente alla scuola. Tra l’altro, la scuola lo fa già, ma è lasciata sola. Manca, come sempre, la logica del sistema. Il ricorso al sistema è, comunque, un’istanza che i sindacati avanzano ripetutamente alla Regione, ma sempre senza alcun successo”. Nel quadro degli obiettivi sindacali al femminile rientra lo sfruttamento sul lavoro delle donne straniere, in particolare quelle impiegate nei campi. Un fenomeno tristemente presente anche in Sicilia, soprattutto in aree ad alta vocazione rurale, come l’area del ragusano, dove il sindacato sta perseguendo delle linee anticaporalato molto decise. “Quello di cui stiamo parlando – precisa la rappresentante sindacale – è sfruttamento fisico e morale. Non solo la donna viene sottoposta a dure condizioni e a lunghe ore di lavoro, ma viene pure ricattata in maniera meschina e intollerante. Spesso, si rasenta la prostituzione indotta: ti faccio lavorare a patto di prestazioni sessuali nelle ore extra lavorative. E’ stata varata la nuova normativa sul caporalato, ma da qui ad applicarla, ne corre”.