Francesco Picarella, da poco eletto Presidente Di Confcommercio Sicilia, si racconta e spiega come intende il ruolo del sindacato che guida, “perché noi siamo un sindacato, non un centro di potere”
di Redazione
“Il sindacato deve riscoprire il suo ruolo di rappresentante delle istanze delle imprese, di interlocutore che dialoghi con la politica non per interessi di pochi ma per tutelare il lavoro di tanti”.
Francesco Picarella, albergatore, 47 anni, sposato e padre di due bambini, da poco più di un mese presidente di Confcommercio Sicilia, ha le idee ben chiare sul ruolo da svolgere per “dare risposte concrete a tutti quegli imprenditori che si sono fidati di noi e ai quali, fondamentalmente, non interessa sapere chi guida la struttura Confcommercio nella nostra regione, ma vogliono sapere che cosa si fa per loro”.
Il riferimento, nemmeno tanto velato, è alle polemiche seguite alla sua elezione, quando alcune delle 9 provincie siciliane dichiararono di non averlo votato. Gli chiediamo, quindi, il perché di questi dissapori.
“Ci può stare che qualche altro collega avesse voglia di fare il presidente – dice seraficamente Picarella -, mi sembra assolutamente normale. Ma al di là dalle polemiche, che non sono nel mio Dna, contano i fatti: sono stato eletto con i voti di 21 delegati su 39, quindi la maggioranza, a norma di Statuto. Adesso mi interessa solo lavorare per le oltre 30 mila imprese associate a Confcommercio Imprese per l’Italia – Sicilia”.
Incontriamo Picarella mentre si appresta a partire con la famiglia per un weekend al mare, ospiti da cari amici. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma come…. magari avrebbe a disposizione decine e decine di alberghi e va in vacanza a casa di amici? Sì, perché durante l’intervista scopriamo la dimensione umana dell’imprenditore, giovane sì ma di esperienza, di grande fede sindacale e legatissimo alla famiglia (“non potrei fare nulla senza il fondamentale supporto di mia moglie”) e che, se necessario, fa il turno di notte al ricevimento del suo hotel “perché il lavoro non mi ha mai spaventato”.
“Ho avuto un grande maestro in mio padre. Lui ha fatto politica per 35 anni, è stato anche vicesindaco di Agrigento, e ha creato questo piccolo albergo nel centro della città – continua Picarella -. Per me non è solo un lavoro, è una passione, è il rispetto per ciò che lui ha voluto fare”.
Quindi questo incarico in Confcommercio è come continuare una tradizione di famiglia?
“No. È molto diverso. Io devo dialogare con la politica, non devo fare politica. Devo dialogarci per far sentire la voce delle imprese, ecco perché abbiamo messo tante cose in cantiere. Non cerco un prestigio personale, voglio capire cosa serve ai territori, alle provincie, alle diverse Federazioni che rappresentiamo e trovare le risposte, mettendo le nostre competenze a disposizione di chi governa. Perché star lì ad alzare la voce e accusare o denunciare, senza fare proposte costruttive e utili a trovare una soluzione, non serve a nessuno”.
Si è parlato spesso di crisi di rappresentatività. Perché secondo lei?
“Perché le imprese si sentono poco rappresentate da chi ha dato una immagine poco trasparente nei confronti del potere. C’è la necessità di far capire che l’associazione non fa politica, è un sindacato e deve svolgere il suo ruolo sindacale. La Confcommercio Sicilia che intendo io non cerca né posti di potere né benefit, ma soltanto servizi per le imprese”.
Sul tavolo ci sono già diverse questioni: dalle possibili soluzioni dei dehors, alla formazione, dalle infrastrutture necessarie allo sviluppo al credito alle imprese.
“Intanto lunedì prossimo (oggi, 9 luglio, ndr), subito prima della Giunta regionale – conclude Picarella – incontreremo nella nostra sede il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, e nei giorni a venire chiederemo un incontro all’assessore Turano. Ci sono, tra le altre, le esigenze di Fipe (Pubblici esercizi), Fida (alimentaristi), Federalberghi, Federmoda, gli Ottici….il lavoro non manca e noi ci siamo già rimboccati le maniche”.