Introdotta nel 1796, in via del tutto sperimentale, è diventata, oggi, tra le medicine non convenzionali più conosciute e più diffuse al mondo, ma anche tra le più controverse. Oggi ci troviamo di fronte un’omeopatia tra ombre e luci.
L’omeopatia, dal greco òm-oios, cioè simile e pathos = sofferenza, una ‘terapia’ che guarda alla totalità della persona e non soltanto alla malattia in sé, a differenza delle terapie applicate dalla medicina tradizionale.
Anche se i rimedi omeopatici continuano ad essere costantemente soggetti a forti critiche, il numero dei seguaci cresce vertiginosamente; circa 4 italiani su 5 lo applicano, dichiarandone risultati più che soddisfacenti.
Una scienza, quindi, dopo tre secoli, nonostante i successi conclamati, ancora tra l’incudine e il martello.
Perché?
L’ Inchiesta Sicilia ne parla con la dott.ssa Antonella Ronchi, Presidente Federazione Italiana delle Associazioni e dei Medici Omeopati, FIAMO
Le medicine della natura
Cos’è un medicinale omeopatico?
I farmaci omeopatici sono medicinali a tutti gli effetti (D.lgs. 219/2006 che recepisce la Direttiva 2001/83/CE) e la definizione della Comunità europea recita: “ogni medicinale ottenuto a partire da sostanze denominate materiali di partenza per preparazioni omeopatiche o ceppi omeopatici, secondo un processo di produzione omeopatico descritto dalla farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente negli Stati membri della Comunità europea; un medicinale omeopatico può contenere più sostanze“.
I medicinali omeopatici sono per lo più farmaci naturali, le cui materie prime sono a base di sostanze animali, vegetali, minerali e biologiche. Il loro uso è basato sul principio della similitudine. Vengono prodotti secondo le norme di buona fabbricazione del farmaco o GMP (Good Manufacturing Practice), come tutti i farmaci.
Medicine tradizionali e medicine alternative. Si scontrano?
Esistono due tipologie di medicinali omeopatici: Il medicinale unitario e il medicinale complesso. Che differenza c’è tra i due?
Le forme farmaceutiche più diffuse di medicinali omeopatici sono i granuli e i globuli, ma sono disponibili in commercio anche gocce, gel, creme, compresse, colliri. Se vogliamo approfondire, i medicinali omeopatici possono essere suddivisi in due gruppi. Il primo gruppo è composto dai medicinali cosiddetti unitari o nome comune, contraddistinti da un nome latino (per esempio Arnica montana, Apis mellifica, Belladonna…) e disponibili a diverse diluizioni omeopatiche, indicate da un numero seguito per esempio dalla sigla CH, DH, o K (che stanno a indicare le diverse modalità di diluizione delle sostanze di partenza per arrivare a ottenere il farmaco omeopatico). Ognuno di questi medicinali può essere utilizzato nell’ambito di trattamenti che possono riguardare diverse patologie.
I medicinali complessi o specialità omeopatiche, invece, sono indicate con un nome di fantasia voluto dalle aziende.
Il medicinale unitario può essere prescritto e usato per moltissime diverse indicazioni.
Quando l’omeopatia guarisce veramente
Quali sono le patologie più facilmente guaribili con l’omeopatia?
Le evidenze maggiori di buona risposta si sono avute per le patologie allergiche, le forme infiammatorie in genere e in particolare quelle delle prime vie aeree, traumatismi e diarree infantili.
Tuttavia non è una domanda a cui è facile rispondere: possono esistere sintomi banali, ma difficili da guarire perché si presentano con caratteri poco specifici e d’altra parte patologie apparentemente più importanti che rispondono bene a un trattamento personalizzato. Nell’omeopatia, infatti, contano soprattutto le modalità con cui si manifesta in una persona un dato disturbo: ad esempio, se ci si trova di fronte a un mal di gola che migliora bevendo cose calde, certamente non potremmo prescrivere un medicinale come Apis, la cui sintomatologia è caratterizzata dal miglioramento col freddo.
Quando l’incontro diventa scontro
Quanto e in che modo può interferire con la medicina tradizionale e in che senso? Possono compensarsi o contrastarsi soltanto?
La medicina convenzionale (non chiamerei tradizionale quella occidentale, moderna, perché l’OMS chiama tradizionali e complementari le medicine diverse proprio da quella convenzionale) ha spesso un’azione soppressiva dei sintomi: i farmaci sono spesso anti-qualcosa: antiinfiammatori, antibiotici, antipertensivi ecc. Nell’omeopatia tra ombre e luci si considera che nella maggior parte dei casi, il sintomo è l’espressione della reazione dell’organismo e l’eliminazione di un sintomo isolato, spesso, non risolve il problema di salute globale della persona; l’obbiettivo dell’omeopata è di mettere in atto una reazione generale di riequilibrio dell’organismo che faccia risolvere il sintomo agendo dall’interno.
Quando l’omeopatia diventa impotente
Questo non toglie che ci siano situazioni in cui la reazione dell’organismo non è sufficiente, oppure patologie di emergenza che richiedono tassativamente il ricorso ad altri provvedimenti medicinali o chirurgici. In queste situazioni l’omeopatia può essere usata in modo complementare. Ci sono ormai esperienze consolidate anche in ospedali italiani di cure omeopatiche che affiancano per esempio le terapie antitumorali, riducendo gli effetti avversi delle cure convenzionali e migliorando la qualità di vita.
Perché l’omeopatia funziona?
È vero che alla domanda “qual è il meccanismo d’azione dell’omeopatia?” non c’è ancora, a oggi, una risposta. Ma questo significa proprio che c’è ancora tanto da scoprire. Le più recenti ricerche, infatti, grazie a tecnologie adeguate, individuano particelle in diluizioni oltre il numero di Avogadro (12 CH), la cui attività biologica è espressa solo se viene effettuata successivamente la dinamizzazione, cioè lo scuotimento della soluzione. Inoltre circa l’80% dei medicinali omeopatici nel mondo è dispensato in diluzioni molecolari, e una diluizione 5 CH di qualunque medicinale omeopatico contiene milioni di molecole di principio attivo; quindi circa l’80% dei medicinali omeopatici può essere inquadrato nel capitolo della farmacologia delle micro dosi. Quello che oggi non si conosce ancora, vuol forse dire che non esiste? È l’errore che si rischia di commettere quando si confonde “efficacia” con “meccanismo d’azione”.