I fumatori ai tempi del Coronavirus. 60 milioni di italiani hanno dovuto adattarsi alle politiche di distanziamento sociale imposte a seguito del diffondersi del COVID-19. I ricercatori del COEHAR, guidati dal Prof. Pasquale Caponnetto, in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza e la LIAF Lega Italiana Anti Fumo, hanno pubblicato sulla rivista internazionale Health Psychology Research uno studio dal titolo “Smoking behavior and psychological dynamics during COVID-19 social distancing and stay-at-home policies: A survey” basato su un questionario online, primo nel suo genere, che ha analizzato le risposte di 1825 partecipanti nei giorni in cui l’Italia si trovava ancora nella prima fase del suo lockdown.
7 gruppi
I partecipanti della ricerca sono stati divisi in 7 sotto gruppi, a seconda che fossero fumatori esclusivi di sigarette convenzionali, svapatori esclusivi, utilizzatori esclusivi di sigarette a tabacco riscaldato, utilizzatori duali (sia di ecig che di prodotti a tabacco riscaldato), ex fumatori o mai fumatori.
I risultati hanno mostrato in primis una leggera diminuzione nel numero di sigarette fumate, dovuto alla mancanza delle abitudini solitamente correlate all’accensione della sigaretta, alla convivenza con membri della famiglia che non fumano e ai timori generalizzati legati allo sviluppo di forme gravi di COVID-19. In secondo luogo, si è notato un aumento dei comportamenti di accumulo di sigarette e di liquidi per e-cig.
La sigaretta come il cibo
“Un comportamento paragonabile a chi ha fatto scorte di generi alimentari durante il lockdown – hanno spiegato gli psicologi Marilena Maglia e Lucio Inguscio – seguito alla paura di rimanere senza un bene che, considerato di primaria importanza, ha portato molte persone a fare scorta del bene stesso. La chiusura delle attività ricreative, dei ristoranti e le misure di distanziamento sociale hanno creato condizioni psicologiche di stress e ansia nelle persone, nonché eradicato alcune abitudini, come quelle relative al fumo, aggravando anche situazioni di instabilità emotiva e psicologica”.
“Anche molto prima dei risultati del nostro sondaggio – ha spiegato il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa – era chiaro che una condizione di quarantena forzata, amplificando eventi scatenanti stress e ansia, avrebbe avuto un impatto significativo sulle abitudini dei fumatori e degli svapatori. E’ ben noto che il consumo di nicotina serve ad allentare tensione, stress e ansia. Sono orgoglioso che il nostro gruppo di ricerca sia stato il primo al mondo a documentare su una casistica importante come un lockdown possa influiresugli stili di vita”.
Fumatori ed ex fumatori
La maggior parte dei partecipanti si è rivelata essere fumatori di sigarette convenzionali (32%). Gli ex fumatori che hanno partecipato rappresentano il 16% del totale, mentre gli utilizzatori esclusivi di prodotti a tabacco riscaldato ed e-cig sono stati rispettivamente il 4.4% e il 12.3%.
I risultati dell’indagine hanno evidenziato che i fumatori esclusivi di sigarette convenzionali e i consumatori duali di bionde ed elettroniche hanno leggermente ridotto i livelli di consumi quotidiani; è rimasto invece invariato il consumo medio giornaliero degli utilizzatori esclusivi di sigarette convenzionali.
Sebbene da un lato sia stato rilevato un decremento del consumo medio giornaliero, dall’altro si è invece registrato un aumento della quantità di prodotto acquistato che ha interessato principalmente i fumatori di sigaretta convenzionale e di sola sigaretta elettronica.
Inoltre, per quanto riguarda il desiderio di smettere, la categoria cha ha riportato percentualmente di valori più alti è quella dei fumatori.
Ricominciare a fumare?
Infine, il 29.7% degli ex-fumatori ha dichiarato che durante il lockdown avrebbe pensato di ricominciare a fumare e circa il 3% di coloro che non avevano mai fumato avrebbe pensato di iniziare a fumare principalmente sigarette tradizionali.
“Un periodo di instabilità come questo, ha aperto una breccia nella possibilità di cambiamento degli esseri umani di tutto il mondo, una ferita feritoia dove i professionisti potranno promuovere stili di vita sani, piacevoli e dai rischi limitati o assenti” – ha aggiunto Pasquale Caponnetto, docente di psicologia clinica delle dipendenze presso il corso di laurea in psicologia dell’ateneo catanese.
“Nonostante il questionario abbia visto una partecipazione maggiore tra le donne e i più giovani – ha concluso il presidente della Lega Italiana Antifumo, Ezio Campagna – è interessante notare come sia realistico iniziare a diffondere il messaggio di uno stile di vita più sano, promuovendo i percorsi di smoking cessation ed aiutando gli ex fumatori a non ricadere nel vizio, allontanando invece chi non ha mai fumato dalla possibilità di iniziare e tutelando le nuove generazioni”