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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Comproprietà dell’immobile: uso esclusivo e indennizzo

Quando un immobile è in comproprietà, come si determina il diritto di utilizzo del bene? Cosa succede se se ne fruisce in via esclusiva? Vediamo di far chiarezza con l'avv. Dario Coglitore.

di Dario Coglitore

Non di rado accade che un immobile risulti in comproprietà tra più persone le quali  possono averlo acquistato pro quota a seguito di una vendita o in conseguenza di una successione ereditaria o ancora di una donazione.
Se le parti si accordano sulle modalità di esercizio dei rispettivi diritti di godimento non sorgono questioni: che il bene sia utilizzato da tutti i comproprietari oppure solo da uno o alcuni di essi, la situazione di fatto riflette un’intesa intercorsa tra le parti. Ad esempio il modo migliore per evitare controversie è sottoscrivere un accordo con cui si preveda un uso rotatorio dell’immobile così da permettere a tutti un uso e godimento paritario del bene.

Diversamente, quando uno dei comproprietari inizia a godere in via esclusiva dell’immobile pur essendovi il dissenso dell’altro, possono sorgere problemi.
La norma cui occorre fare riferimento in tali casi è l’art. 1102 c.c. il quale  stabilisce che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto

In altre parole, ciò significa che tutti i comproprietari hanno gli stessi diritti di utilizzare il bene comune, con i soli limiti di non poterne modificare la destinazione e di consentire agli altri di utilizzarlo. L’immobile comune deve essere accessibile a tutti i comproprietari in qualsiasi momento, senza che ciò possa essere impedito da chiunque.

Quindi, ciascun comproprietario può godere dell’immobile comune anche senza aver acquisito il previo consenso degli altri comproprietari.
Ciò che rileva, ai fini del rispetto della sopra citata norma. è, infatti, che le modalità di godimento riconosciute a ciascun comproprietario siano tali da consentirgli di soddisfare le sue esigenze.
L’art. 1102 c.c. può, quindi, ritenersi violato solo quando l’uso di un immobile da parte di un comproprietario escluda totalmente il diritto dell’altro comproprietario di godere in qualche modo del bene.

Comproprietà e utilizzo del bene

Resta da comprendere allora come può intendersi soddisfatto il diritto di godimento di ciascun comproprietario: occorre che i comproprietari utilizzino nello stesso modo l’immobile? No.
Il diritto di godimento viene leso non solo rendendo impossibile lo stesso uso da parte degli altri comproprietari, ma, più in generale, impedendo loro una qualsiasi altra forma di godimento del bene come potrebbe essere concederlo in locazione o venderlo.

Avv. Dario Coglitore

Comproprietà e residenza di uno dei proprietari

Così, se il bene in comunione è un’abitazione e uno dei comproprietari vi stabilisca la propria residenza, può ravvisarsi la lesione del diritto di godimento dell’altro comproprietario non solo se anche quest’ultimo avesse, a sua volta, avuto interesse a trasferirsi nell’immobile, ma anche nel caso in cui, pur non avendo questa intenzione, avrebbe avuto interesse a locarlo o a venderlo.

Occorre precisare che l’uso esclusivo è fonte di responsabilità sole se gli altri comproprietari non abbiano acconsentito in modo certo ed inequivoco all’uso esclusivo. Deve quindi sussistere, in concreto, un loro interesse all’esercizio del diritto di godimento.  Il comproprietario che si ritenga leso nel suo diritto di godimento dovrà quindi, non appena avrà avuto contezza della circostanza, contestare l’abuso da parte del comproprietario che goda interamente ed in via esclusiva dell’immobile.

Quale tutela?

Quale tutela spetta, dunque, al comproprietario che non intende rinunciare al godimento dell’immobile, ma che giocoforza non può goderne nello stesso modo dell’altro?
Secondo la giurisprudenza, il comproprietario che occupa il bene comune impedendo agli altri l’utilizzo è tenuto a pagare, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti,
un indennizzo: si parla, in questi casi, di indennità di occupazione.

Comproprietà e indennità di occupazione

Per la precisione, secondo Cass. Civ., sent. n. 2423/2015, l’indennità di occupazione è dovuta, ma soltanto se l’uso della cosa comune sia espressamente richiesto dai contitolari di fatto esclusi dal possesso. Se alla richiesta segue il rifiuto del comproprietario che ha occupato la cosa comune, allora i contitolari estromessi potranno chiedere il pagamento dell’indennità di occupazione la quale va commisurata al valore di mercato e, per la precisazione, al potenziale canone di locazione che, secondo i valori correnti, potrebbe essere percepito per l’immobile in contestazione.
E’ quanto emerge dalla sentenza n. 20394/13, pubblicata dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione.
Avvocato Dario Coglitore

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