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Mariceta Gandolfo: scrittrice per caso…

E' diventata una scrittrice quasi per caso, dopo una lunga esperienza di insegnante, di militante politica, di educatrice sociale, attivista accanto a movimenti femministi. Mariceta Gandolfo ha raccolto le innumerevoli esperienze socio-culturali della sua vita e trasferite con semplicità e chiarezza nei suoi lavori letterari, ciascuno dei quali ha lasciato un segno profondo

di Patrizia Romano

Mariceta Gandolfo. Insofferente all’ambiente universitario, dopo avere conseguito due lauree, in filosofia e in Lettere Classiche, senza esitazione, abbandona l’ambiente accademico. La scelta già serpeggiava tra i suoi pensieri, ma prende forma, non appena riceve la notizia di avere vinto la cattedra di materie letterarie e storia negli istituti superiori. Prima esperienza di insegnamento: l’Alberghiero di Palermo.
Fuori dal rigido mondo universitario, emergono tutte le sfaccettature della sua personalità.

Scrittrice. Insegnante. Militante politica. Donna sempre in difesa delle altre donne. Educatrice sociale. Impegnata nella lotta alla mafia.


Chi è questa donna così ecclettica?

E’ Mariceta Gandolfo. Una vita dedicata all’insegnamento degli adolescenti. Un insegnamento fuori dai cliché, non sempre rilegato al nozionismo didattico fine a sé stesso. Una docenza che impartisce cultura spontanea, educazione civica e sociale, curiosità verso la politica, che infonde stimoli e interesse continuo verso tutto quello sta fuori dalle pareti dell’aula. E’ cultura antimafia, attraverso strumenti non proprio didattici, a volte cercati fuori con collaborazioni esterne, che spiazzano dallo sport al teatro, stimolando, comunque, i ragazzi.
Quello di Mariceta Gandolfo è un viaggio, a volte fuori dagli schemi, che intraprende con i suoi allievi. Un viaggio che porta un enorme bagaglio di esperienze reciproche che corrono fuori e dentro la scuola.
Un bagaglio che fa cumulo con quello acquisito nella militanza politica, come durante la Primavera di Palermo, o accanto ai movimenti nella lotta alla mafia o nelle battaglie per l’emancipazione femminile.
Sempre, però, in un armonico equilibrio tra serietà, delicatezza ed ironia.

Ed è da questo mix di intense esperienze, che nasce, per caso, la scrittrice.
Una scrittrice, che diventa tale, proprio, dalle sue esperienze quotidiane

Scrittrice per caso….

L’Inchiesta Sicilia – Mariceta Gandolfo scrittrice per caso? Come arriva a questa tappa, fino a pochi anni fa inesplorata della sua vita?

Mariceta Gandolfo – Ho sempre avuto ottimi professori di lettere e sono sempre stata brava in italiano. Ricordo che alle scuole medie i miei temi venivano letti in giro per le altre classi, come esempi di bella scrittura e a dieci anni scrissi una novella in cui imitavo lo stile di Guy de Maupassant. Poi l’insegnamento, gli impegni familiari e l’attività di referente per la legalità mi hanno assorbita completamente, anche se mi ritagliavo qualche momento per scrivere.

Un’antica passione che riaffiora in tarda età

Dopo che lo Stato mi ha collocato in pensione, mio malgrado, ho trovato il tempo per riprendere la mia antica passione e devo dire che la scrittura mi ha aiutato moltissimo, innanzitutto a trovare un senso alla mia vita, che mi sembrava essere passata in un soffio, senza che avessi mai fatto nulla di significativo. Poi per vincere la noia di stare in casa e tenere allenato il cervello, infine per provare un senso di gioia, quasi di onnipotenza, nel creare una realtà parallela a quella effettuale, che non mi soddisfa molto. In questa attività ho ritrovato il pensiero di Schelling, che diceva che l’artista è simile a Dio nel momento in cui crea un’opera d’arte.

L’insegnante/scrittrice

L’Inchiesta Sicilia – Quanto influisce la sua esperienza di insegnante e quanto l’esperienza di vita nel suo percorso letterario?

Mariceta Gandolfo – Se dovessi definirmi direi che sono soprattutto un’insegnante, che nella tarda maturità si è anche scoperta scrittrice. Insegnare è sempre stata la mia passione. Godo nel rendere gli altri partecipi delle cose che so. Godo nel condividere competenze ed esperienze con gli altri. Ho sempre pensato che l’insegnamento sia un dono reciproco, che il docente e il discente imparano sempre l’uno dall’altro. A chi mi diceva: Ma non ti annoi a ripetere sempre le stesse cose? io ho sempre risposto che ogni nuovo alunno è sempre una nuova scoperta che fra professore ed alunno si crea un’empatia, una comunicazione profonda, che è la vera gioia dell’insegnamento.
Naturalmente ho sempre seguito la regola di don Dilani, che non si deve andare avanti finché l’ultimo degli alunni non ha raggiunto tutti gli altri. La scuola deve essere inclusione non esclusione.
Ho sempre litigato con quei colleghi che si vantavano di essere severissimi e di selezionare solo i migliori, lasciando indietro tutti gli altri.
“Come mai con te sono tutti bravi?” mi chiedevano per sfottermi, sottintendendo che io regalavo le mie materie e mi facevo prendere in giro dagli alunni: Ma io ho sempre pensato che un professore che boccia troppo facilmente non sia un bravo professore.

Insegnare ha inciso nel mio stile

Per rispondere alla sua domanda potrei dire che la mia attività di insegnante ha inciso sul mio stile nel senso che uso uno stile molto semplice e chiaro. Sono abituata ad esprimermi con grande chiarezza perché la chiarezza nell’esposizione è indice di chiarezza mentale nella comprensione. Puoi dire di avere veramente capito un concetto, quando sai farlo capire anche ad un bambino di dieci anni.

L’esperienza di vita ha inciso altrettanto sul percorso letterario

La mia esperienza di vita ha certamente influito sul mio percorso letterario: all’inizio la maggior parte degli scrittori comincia inventando trame improbabili in ambientazioni esotiche, in seguito, tranne pochi esempi di geni precoci, quasi tutti gli artisti riversano se stessi, con le proprie esperienze di vita, le proprie convinzioni, i propri preconcetti, in ciò che scrivono e nei personaggi che creano. Non dimentichiamo ciò che disse Flaubert: madama Bovary sono io!

Nel mondo femminile, non amo gli stereotipi

L’Inchiesta Sicilia – Qual è il suo reale approccio con i suoi personaggi femminili?

Mariceta Gandolfo – Nei miei romanzi vi sono molti personaggi femminili, ma non mi definirei una scrittrice femminista. Non amo giudicare per sillogismi tipo: Tutti gli uomini sono stupidi e violenti. Tutte le donne sono sensibili ed intelligenti. Amo giudicare le persone, non le categorie. Riconosco che in letteratura vi sono stati degli scrittori che hanno saputo avvicinarsi con grande sensibilità all’animo femminile, come pure ci sono stati scrittori che hanno creato personaggi femminili solo per relegare le donne in penombra come segretarie, mogli, fidanzate del protagonista maschile, si chiami Ulisse o tenente Colombo o commissario Montalbano. Non ritengo che debba esserci una letteratura al femminile, che si occupi solo dei problemi delle donne, come l’aborto o il femminicidio. Mi sembra una visione riduttiva: la letteratura deve occuparsi dei grandi problemi dell’umanità “Homo sum nihil umani a me alienum esse puto” sono umano e tutto ciò che riguarda l’uomo mi interessa, diceva Terenzio.

Identificarsi in un personaggio maschile da donna


In alcuni miei romanzi e racconti mi sono identificata in un personaggio maschile e anche nell’ultimo romanzo il personaggio che fa lo sforzo maggiore per migliorarsi e superare se stesso è un uomo Tano, un contadino siciliano analfabeta che matura con l’esperienza della guerra una diversa coscienza morale e politica. A parte queste premesse, sono una donna e non posso rimanere insensibile di fronte alle troppe ingiustizie e violenze che le donne hanno dovuto subire e che tuttora subiscono in altre parti del mondo. Oggi il mio cuore è al fianco delle donne afgane, che lottano con coraggio per affermare il proprio diritto di esistere come persone.

Insegnante di trincea

L’Inchiesta Sicilia – Una vita dedicata all’insegnamento e come referente per la legalità. Molte di queste attività sono destinate a lasciare il segno. Si definisce un’insegnante di trincea?

Mariceta Gandolfo – Quando insegnavo all’istituto professionale alberghiero di Pallavicino i miei alunni provenivano dallo Zen, da San Lorenzo e da Pallavicino stessa. Tutti quartieri molto difficili.
Ma anche quando ho insegnato al liceo classico di Bagheria l’ambiente culturale ed economico era permeato di compromessi ed illegalità. Pertanto, il compito di un insegnante è sempre quello di combattere una battaglia per cambiare questa mentalità.

C’è differenza ad insegnare tra una scuola e un’altra?

L’Inchiesta Sicilia – E’ stata più dura insegnare legalità in un liceo classico o in un istituto professionale? Esiste veramente questa differenza di tipologia di studenti in base alla tipologia di scuola o sono soltanto stereotipi convenzionali?

Mariceta Gandolfo – I ragazzi sono sempre meravigliosi perché sono puri e genuini, quindi il mio rapporto con loro è sempre stato bellissimo. Certamente l’ambiente da cui provenivano era molto diverso. Gli studenti dell’istituto alberghiero provenivano da un ambiente violento e privo di stimoli culturali, quindi bisognava partire proprio dalle basi ed era un compito molto difficile. Mi spiegherò meglio. Compito dell’educazione dovrebbe essere quello di trasmettere i valori della famiglia e della società alle nuove generazioni; ma quando questi valori sono valori negativi allora l’insegnante deve formare i ragazzi contro la famiglia e la società in cui vivono. Deve farne delle persone nuove, dei ribelli che contestano l’educazione ricevuta e nello stesso tempo bisogna proteggerli perché il loro coraggio non li esponga a troppi rischi.
Abbiamo avuto troppi martiri come Peppino Impastato e Rita Atria che hanno pagato con la vita il rifiuto della cultura familiare.

I ragazzi sono tutti splendidi e pieni di ricchezze

Al liceo classico di Bagheria i miei alunni venivano dalla classe dirigente della cittadina ed erano destinati a formare la nuova classe dirigente: sarebbero stati medici, imprenditori, avvocati, giudici etc etc. Certamente non venivano da un ambiente violento, ma da famiglie che curavano molto la formazione culturale. Però quando l’illegalità domina tutto un ambiente la si respira nell’aria e viene trasmessa anche attraverso gli insegnamenti familiari, sottoforma di esempio perlopiù. Quindi non c’è stata grande differenza nell’educare giovani di tipologie così diverse agli stessi valori di rispetto per gli altri, rispetto per la democrazia, rispetto per le regole della convivenza civile. Per esempio abituarli al rifiuto dell’uso della raccomandazione per farsi strada nella vita.

Le esperienze al Malaspina

L’Inchiesta Sicilia – Alcune attività antimafia sono state svolte in gemellaggio con gli alunni del carcere minorile Malaspina. Vuole parlare di questa esperienza?

Mariceta Gandolfo – E’ stata un’esperienza bellissima. I ragazzi del carcere minorile erano guidati da un giovane insegnante Aurelio Grimaldi, l’autore del romanzo “Meri per sempre” e quindi erano ragazzi che già avevano iniziato un percorso di maturazione verso la legalità. I miei alunni dell’alberghiero provenivano dagli stessi quartieri e magari da bambini avevano giocato insieme per la strada, ma poi avevano intrapreso vie diverse. All’inizio i rapporti furono alquanto freddi e difficili perché i giovani del Malaspina si sentivano osservati e giudicati, come se fossero bestie allo zoo.

L’idea di farli lavorare insieme si è rivelata vincente

Poi però Aurelio ed io pensammo di farli lavorare insieme, creando un questionario sui comportamenti da giudicare secondo quattro categorie: violento, disonesto, giusto, mafioso. Il fatto di lavorare insieme favorì i rapporti reciproci e nacquero delle amicizie che culminarono nel progetto di disputare una partita di calcio. Il Sindaco Orlando mise a nostra disposizione lo Stadio della favorita e quel giorno fu un giorno di festa perché il pubblico era costituito dalle famiglie dei ragazzi. Alla fine uno deimiei alunni scoprì che aveva perso il portafoglio, ma la volta successiva lo ritrovò perché i ragazzi del Malaspina glielo riportarono dicendo “noi non rubiamo agli amici”. Questa esperienza proseguì l’anno successivo con l’inserimento di alcuni giovani detenuti nel corso di cucina dell’istituto alberghiero.

La Primavera di Palermo

L’Inchiesta Sicilia – Tra l’80 e il 90 ha partecipato attivamente alla vita politica di Palermo, durante la “Primavera di Palermo”, a fianco di Orlando. Come immagina la Palermo post Orlando?

Mariceta Gandolfo – La “Primavera di Palermo” è stata un momento irripetibile nella vita politica della città, durante la quale sotto lo stimolo di Orlando le migliori forze cittadine si sono mobilitate per cambiare finalmente le cose e scrollarsi di dosso la triste fama di capitale della mafia che ci accompagnava sia in Italia che all’estero. Le migliori intelligenze cittadine, le migliori espressioni della società civile collaborarono con il giovane sindaco per cambiare il volto della città. Purtroppo, oggi il clima è molto cambiato e quello slancio e quell’entusiasmo di un tempo sono difficili da ricreare. Il torto di Orlando è stato quello di accentrare tutto su di se, senza preoccuparsi di formare un suo degno successore, per cui temo che finito il mandato di Orlando la città ricadrà nella vecchia logica dell’illegalità e dei profitti illeciti.


I lavori letterari di Mariceta Gandolfo:


“Sotto il cielo di Palermo

“Sotto il cielo di Palermo”, il suo primo romanzo, storia di Palermo, dall’inizio del “900 fino alla fine degli anni “60, attraverso le storie di alcune famiglie della borghesia palermitana è stato inserito fra le opere pubblicate nel 2018 in occasione di “PALERMO CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA” ed ha ottenuto la menzione d’onore alla terza edizione del premio letterario ISOLA di Pino Fortini.


Donne in penombra

La seconda fatica letteraria, pubblicata nel 1919 dalla casa editrice KIMERIK, si intitola Donne in penombra” e raccoglie nove brevi racconti, che hanno per protagoniste personaggi letterari della letteratura mondiale di tutti i tempi, da Penelope alla fidanzata del commissario Montalbano, che sono state create dai loro autori proprio per restare in penombra, in disparte rispetto al celebre protagonista maschile, di cui sono mogli, fidanzate o segretarie.

L’autrice dà voce a questi personaggi e con stile ironico e lieve e prevede per tutte un riscatto o almeno una presa di coscienza.


Una ragazza degli anni ’70

La terza fatica letteraria s’intitola “Una ragazza degli anni ’70” pubblicato per la Kimerik nel 2020.
E’ una raccolta di 8 racconti autobiografici, scritti in periodi diversi, che hanno in comune gli anni ’70 particolarmente interessanti per la storia politica, sociale e del costume italiano. Anni di lotte: per l’emancipazione femminile, per il divorzio, per l’aborto e per la legalità.


“Indagine su una donna in nero”

Quest’ultima opera letteraria, a causa della pandemia, è stata presentata soltanto on line e precisamente in due occasioni. Nel mese di luglio del 2021 è stato pubblicato dalla casa editrice Kimerik il romanzo “Indagine su una donna in nero” che, partendo da un quadro di famiglia, si snoda attraverso una rievocazione dell’ambiente culturale della Palermo degli anni ’30 e delle vicende storiche e sociali della prima guerra mondiale.
Il romanzo è stato presentato il 3 dicembre 2021 nel teatro di Palazzo Butera a Bagheria con relatori Marzia Snaiderbaur e Domenico Figà, letture tenute da Viviana Gandolfo.

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