Il quadro economico della Sicilia è sconfortante. Le dinamiche che lo caratterizzano sono molto complesse. In questo contesto confuso emerge la provincia di Palermo, la cui posizione esula dal quadro regionale e le strutture economiche produttive sembrano seguire le dinamiche nazionali. Analisi introspettiva sull’impresa palermitana. Intervista al presidente della Camera di Commercio di Palermo, Roberto Helg
a cura della Redazione
Settori in aumento e settori in calo. Comunque sia, la situazione imprenditoriale in Sicilia sembra scivolare sempre più verso una crisi inesorabile. Permane una serie di difficoltà legata in parte ai problemi internazionali e in parte a squilibri insiti nella compagine territoriale. A questi fattori si aggiungono la speculazione imperante all’interno di certi ambiti, nonché lo sviluppo caotico e disordinato del terziario. Tutto ciò configura un quadro economico della Sicilia assai complesso. Alcuni settori segnano discontinui regressi, o meglio, fasi altalenanti sia sotto il profilo produttivo sia sotto quello occupazionale.
In questo contesto regionale, a rivestire la posizione più significativa è la provincia di Palermo, la cui evoluzione congiunturale manifesta un’economia pro-ciclica, cioè una struttura economica produttiva che segue le dinamiche del ciclo economico nazionale. Ed è proprio sulla provincia del capoluogo che abbiamo tentato un’analisi introspettiva dei dati emersi nei vari settori. Secondo dati forniti dalla Camera di Commercio di Palermo, il comparto in cui si registra una media regionale inferiore rispetto alla nazionale (20 per cento) è quello industriale, la cui consistenza numerica nel capoluogo siciliano registra nel 2007, 9 mila 387 aziende, mentre nel 2008 evidenzia la presenza di 8 mila 777 unità, con un calo, quindi, preoccupante. Calo che si allarga a tutte le altre province dell’Isola. Molto serio il quadro del comparto agricolo, dove tra il 2007 e il 2008 si è registrata la chiusura di molte aziende bene avviate. Soltanto in provincia di Palermo sono state chiuse circa 400 aziende. L’agricoltura in Sicilia presenta due volti: quello ceralicolo, che copre il 70 per cento circa del terreno coltivato ed ha una coltura molto povera e quello ortofrutticolo, senz’altro molto più redditizio.
“Quello dell’industria e dell’agricoltura – dichiara Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio di Palermo – sono due settori in sofferenza già da parecchi anni. In tutta Italia, il calo è stato veramente vertiginoso. Si parla di 30 mila aziende in meno in pochi anni. Ma l’aspetto più grave – osserva Helg – non è tanto il calo numerico delle aziende, quanto le perdite nell’ambito occupazionale. Si tratta di aziende che richiedono per la propria produttività molto personale, creando molta occupazione. Chiudendo, quindi, generano effetti catastrofici proprio in termini occupazionali”. Anche la pesca, che riveste un’importanza notevole, registra perdite non indifferenti. A Palermo, tra il 2007 e il 2008, siamo passati da 208 a 198 unità. Si tratta prevalentemente di aziende a conduzione familiare, pertanto, in termini occupazionali non ha ripercussioni allarmanti, ma li ha in termini di produttività. Non dimentichiamo che il pescato annuo siciliano, pari al 25 per cento del pescato italiano, detiene il primato nazionale.
Anche i dati relastivi al commercio non sono confortanti. In provincia si calcolano circa 300 aziende in meno, anche se dietro a queste perdite si affaccia qualche nuova impresa. “Non si tratta della nascita di aziende vere e proprie – frena il presidente – ma di una regolamentazione presso la Camera di Commercio di esercizi individuali”.
Al di sotto delle innate potenzialità anche il turismo registra un calo di attività apparentemente poco rilevante, ma indicativo dello stato di sofferenza in cui versa il settore. In lieve aumento il numero delle imprese non classificate. Anche nekl settore artigianale si registra una crescita di imprese. A Palermo, le aziende registrate sono aumentate di circa mille unità. Ma questa impennata non sembra esaltare il presidente della Camera di Commercio che attribuisce questo aumento ad altri fattori. “In molti casi – dice – si tratta di piccoli artigiani costretti ad adeguarsi alla normativa e, quindi, regolarizzare la propria posizione presso la Camera di Commercio”. Globalmente le differenze tra un anno e l’altro non sembrano eccessive, ma se leggiamo dietro le righe, il quadro appare allarmante. “Se facciamo un’analisi quantitativa tra le imprese che nascono e quelle che muoiono – conclude Helg – ci rendiamo conto che lo scarto non è eccessivo e che il rapporto, tutto sommato, è equilibrato. Se invece tentiamo un’analisi qualitativa, la situazione diventa preoccupante. Il nodo della questione si incentra sulla tipologia di aziende che nascono e quelle che muoiono. Le aziende che nascono sono prevalentemente a conduzione familiare e hanno uno o due dipendenti, le aziende che chiudono, invece, hanno una gestione imprenditoriale e contano molti dipendenti. Quindi siamo sempre lì… quando traduciamo la chiusura di imprese in termini occupazionali, ci rendiamo conto del problema. L’aspetto più grave – ribadisce – non tanto il calo delle aziende, quanto il calo in termini occupazionali”.
Il tasso di disoccupazione sfiora il 20 per cento della media nazionale, più di 12 punti percentuali di distanza dal dato medio italiano. L’occupazione in Sicilia continua ad esprimere margini di sofferenza molto ampi.