Anche quest’anno si ricomincia a parlare di Fiera del Mediterraneo. L’appuntamento è previsto tra maggio e giugno. Fin qui sembrerebbe una bella notizia, se non fosse che anni di trasformazioni, rovina e abbandono, ne hanno decretato prima l’agonia e poi la chiusura, ponendo fine a un sogno palermitano durato settant’anni, e partito nell’ottobre 1946 dall’idea di Gianni Morici, giornalista e uomo di cultura palermitano
di Salvo Sbacchis
La fiera del ’46 fu costruita in un lotto triangolare, a forma di Sicilia, sotto il Monte Pellegrino, a due passi dalla Favorita. Il primo “taglio del nastro” dell’edizione Ottobre ’46, avvenne alla presenza degli allora Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola e presidente del consiglio Alcide De Gasperi.
Per la realizzazione di questo “sogno” vennero realizzati padiglioni nazionali e stranieri, viali, fontane, e pure un cinematografo. E per la loro progettazione e decorazione si mossero architetti e artisti di fama Nazionale, tra i quali Sparacino, Moretis, Amorelli, Marzilla e Caruso.
Di quel sogno iniziato nel ’46, nentre altrove gli Expo non si contano più, rimane oggi ben poco.
A svettare più alto fra i padiglioni superstiti, rimane ancora quello che allora era il modernissimo padiglione 11, meglio conosciuto al pubblico come l’edificio Singer, ora inagibile. Era l’edificio più alto della Fiera. Dalla sua cui terrazza attrezzata a bar si potevano ammirare gli agrumeti circostanti del Sampolo, e la notte si poteva godere il Castello Utveggio illuminato dal fascio di luce della fotoelettrica della contraerea dell’esercito italiano della vicina caserma Cascino. Inutile dire che dell’originario impianto fieristico progettato sin dal 1946, come i padiglioni della Chimica, dell’ Elettrotecnica, dell’ Alimentazione, del Profumo, dell’esteo, e del padiglione 11 dell’ Elettricità, oggi rimane ben poco.
Anche dei viali alberati, delle grandi fontane monumentali dedicate a Nettuno, alle Sirene, e delle grandi vasche dove galleggiavano barche in esposizione, non è rimasto più niente. Come pure è scomparsa l’arena cinematografica dove la sera ci si godeva i film del cinema nascente Anni Cinquanta assieme alla frescura di maggio.
Col passare degli anni, poi, anche i padiglioni restanti cominciarono a cambiare. Padiglioni che prima promovevano lo sviluppo economico e sociale della Sicilia, col tempo si trasformarono in sale di esposizione per icone russe, statuine cinesi, conchiglie tropicali, e presunti prodotti tecnologici facilmente reperibili in uno dei tanti Centri Commerciali che gravitano attorno alla città.
Ma prima non era così.
Il Padiglione 11, ad esempio, quello progettato nel ’53 dall’architetto Paolo Caruso, nato come “Palazzo dell’ Elettricità” e meglio conosciuto al pubblico di allora come “Edificio Singer”, fu il padiglione che in pieno boom anni Cinquanta aveva rappresentato per i visitatori di allora il luogo privilegiato dove i visitatori potevano sognare le ultime novità reclamizzate a “Carosello”.
Era il luogo dove i giovani ingegneri e architetti potevano ammirare il primo tecnigrafo; i giornalisti e scrittori provare la prima Olivetti portatile, la la “Lettera 21” di Indro Montanelli; le famiglie vedere le futuribili cucine all’americana e i nuovi televisori.
Ebbene, il cuore del Padiglione 11, smise di battere nel 2002, quando il Comune di Palermo ne fece sede di raccolta dati durante l’ultimo censimento. Ormai in rovina, gli uffici al piano terra erano raggiungibili attraverso un tunnel di tubi e reti metalliche che partivano dalla caserma Cascino e arrivavano fin dentro il Padiglione 11. A memoria di cosa era stato questo edificio ai tempi del Morici, passeggiando per questa Fiera fantasma, rimane il grande bassorilievo che si vede ancora sulla sua facciata.
Una Fiera, in sostanza consorella minore delle altre, ma che si continua ancora a chiamarre Fiera. Sicuramente più per il sogno che ha rappresentato che per quello che è.
Un periodo d’oro quello della Fiera che senza più quelle “bucce d’arte” fatte di fontane e sculture, non fa sognare più nessuno.
Di questa Fiera rimane solo qualche vecchia foto, o il racconto di chi la Fiera la visse nel suo massimo splendore: quando dalla cima della ruota panoramica della zona giostre, per settant’anni, i palermitani sognarono un’altra Palermo, assieme al Morici.