La Cassazione afferma che in materia condominiale, in merito alle azioni promosse dall’amministratore per la riscossione delle spese condominiali di competenza delle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva, sono passivamente legittimati solo i proprietari effettivi delle proprietà, e non anche coloro che possono apparire tali
Avv. Claudio Ruggieri
Secondo quanto disposto dal novellato Art. 63 Disp. Att. c.c., i terzi creditori del condominio possono agire nei confronti dei singoli condomini morosi, in relazione alla loro quota e, soltanto dopo che gli stessi non siano riusciti a soddisfare il proprio credito, possono agire anche nei confronti degli altri condomini coobligati, in regola coi pagamenti (c.d. beneficium excussionis).
Tuttavia, capita a volte che l’individuazione della qualifica di “condomino” non risulti agevolmente attribuibile a determinati soggetti che, pur occupando le unità immobiliari facenti parte dello stabile condominiale ed usufruendo dei servizi comuni, non risultano esserne proprietari.
Si parla, in questo caso, di “ condomino apparente ”.
Cosa succede nel caso in cui questi soggetti risultino morosi nei confronti di terzi creditori del condominio? E’ possibile avviare un procedimento monitorio per ottenere il pagamento delle somme da essi dovute?
Della questione si è recentemente occupata la Suprema Corte con l’ Ordinanza n. 23621, pubblicata lo scorso 9 ottobre 2017, mediante la quale ha dato una risposta negativa a tali domande.
In particolare, il caso affrontato dalla Cassazione parte da un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, chiesto e ottenuto dalla ditta creditrice del condominio, nei confronti di due condomini, a titolo di saldo residuo del corrispettivo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale, il Tribunale di Salerno, revocava il decreto e condannava i condomini opponenti al pagamento di una minor somma.
Proponeva appello uno dei condomini, deducendo di essere mero amministratore della società proprietaria dell’appartamento in condominio e che, pertanto, risultando condomino apparente, lo stesso era privo di legittimazione passiva rispetto alla pretesa dedotta in giudizio.
La Corte d’Appello di Salerno, tuttavia, rigettava il gravame, ritenendo come il principio dell’apparenza del diritto potesse applicarsi solo nei rapporti con l’amministratore, e non anche nei confronti dei terzi, i quali non possono farsi carico di accertare la proprietà dell’immobile.
La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal condomino apparente, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione.
Nel merito, gli ermellini hanno enunciato un breve excursus degli orientamenti giurisprudenziali in materia, ricordando che: “in materia condominiale, quanto meno con riferimento alle azioni promosse dall’amministratore per la riscossione delle spese condominiali di competenza delle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva, sono passivamente legittimati soltanto i rispettivi proprietari effettivi di dette unità, e non anche coloro che possano apparire tali, a nulla rilevando la reiterazione continuativa di comportamenti propri del condomino, né sussistendo esigenze di tutela dell’affidamento di un terzo di buona fede nella relazione tra condominio e condomino (Cass. SS.UU., 08/04/2002, n. 5035; Cass. Sez. 2, 03/08/2007, n. 17039; Cass. Sez. 2, 25/01/2007, n. 1627).
Ed inoltre, “è poi dalla deliberazione dell’assemblea, e non dal rapporto contrattuale con l’appaltatore, che discende l’obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall’esecuzione delle opere, ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell’appaltatore stesso. Anche, dunque, la vicenda obbligatoria che si imputa pro quota al singolo partecipante è geneticamente correlata al diritto reale condominiale (si vedano, indicativamente, i commi 1 e 2 dell’art. 63 disp. att. c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012, pur non applicabile nella specie ratione temporis), ed è quindi quanto meno indirettamente collegata alla situazione resa pubblica nei libri fondiari”.
In considerazione di ciò, non è possibile negare, come ritenuto dalla Corte d’Appello, “la sussistenza di un legame con il dato pubblicitario emergente dalla trascrizione nei registri immobiliari, trattandosi di trarre conseguenze ai fini dell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria comunque connessa con la titolarità di un diritto reale di proprietà”.
La Corte di Cassazione, conclude il ragionamento affermando che: “è decisivo osservare come nel nostro ordinamento il principio dell’apparenza del diritto (art. 1189 c.c.) trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo in buona fede circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica, assumendo comunque rilievo giuridico l’apparenza ai soli fini della individuazione del titolare di un diritto soggettivo, ma non anche per fondare una pretesa di adempimento nei confronti di un soggetto non debitore, atteso che l’affidamento del terzo può legittimare una richiesta di risarcimento danni per il subito pregiudizio, e non invece trasformare in debitore un soggetto che non rivesta tale qualità (cfr. Cass. SS.U U. 01/07/1997, n. 5896; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11041; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11040)”.
In conclusione il terzo che intende avviare una procedura giudiziaria nei confronti dei singoli condomini morosi, è tenuto a consultare i registri immobiliari, al fine di accertarsi in merito all’effettiva proprietà dell’immobile e, conseguentemente, alla qualità di condomino dei soggetti dai quali pretende di vedere soddisfatto il proprio credito.