L’adunanza plenaria della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23601 del 09/10/2017, ha fatto finalmente chiarezza in ordine alla sorte dei contratti di locazione non registrati, nonché sui patti aggiunti al contratto registrato che determinino un canone maggiorato rispetto a quello previsto in sede contrattuale
Avv. Giovanni Parisi
Con la pronuncia in commento, le Sezioni Unite della S.C., analizzando la natura della nullità del contratto di locazione che le parti non abbiano inteso registrare alla Agenzia delle Entrate, ha stabilito due importanti principi di diritto: da un lato ha comunque salvaguardato la efficacia sanante della registrazione tardiva dell’accordo con effetti retroattivi; e dall’altro lato ha concluso per la insanabile invalidità del solo patto aggiunto di occulta maggiorazione del canone stabilito anche nelle locazioni ad uso non abitativo per eludere ed evadere il fisco.
La “querelle” demandata alle S.U. nasceva più che altro dalla esigenza di stabilire (così come prospettato dalla Terza Sezione Civile della Cassazione rimettente) anche su un piano “etico” e costituzionale, oltre che strettamente giuridico, se l’accordo simulatorio di un canone maggiorato rispetto a quello risultante da contratto, evidentemente motivato da una evasione al fisco, sia affetto da nullità sanabile, ovvero possa ad esso richiamarsi il principio espresso dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza n. 18213/2015 in tema di locazioni ad uso abitativo, che avevano escluso qualsivoglia possibilità di sanatoria alla nullità di suddetto accordo (ex art. 13, comma I, legge n. 431/1998), in forza del principio secondo il quale “l’esclusione di una qualsivoglia efficacia sanante della registrazione tardiva consente di impedire che dinanzi ad una Corte suprema di un paese europeo una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualità di evasore fiscale, e sia proprio la Corte di legittimità ad affermarne la liceità”.
Con riferimento alla mancata registrazione del contratto di locazione, tale materia è stata nel tempo oggetto di disarmonici provvedimenti legislativi che se da un lato escludevano la sanzione della nullità contrattuale per un mero inadempimento di natura fiscale, quale appunto la registrazione del contratto (si pensi, con specifico riferimento ai contratti di locazione immobiliare, all’art. 41-ter del d.P.R. n. 600/1973, ove al comma II, si stabilisce che “in caso di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili, si presume, salva documentata prova contraria, l’esistenza del rapporto di locazione anche per i quattro periodi d’imposta antecedenti quello nel corso del quale è accertato il rapporto stesso”, ovvero ancora all’art. 10, comma III, L. n. 212/2000, cd. Statuto dei diritti del contribuente, a mente del quale “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”), dall’altro lato hanno inteso imprimere alla mancata registrazione l’effetto della radicale invalidità di tutto l’accordo locatizio. A tale ultimo riguardo, si richiama l’art. 1, comma 346 della I. 30 dicembre 2004 n. 311, che ha esteso la rilevanza della registrazione in ambito privatistico con riferimento alle locazioni di immobili, ivi comprese quelle ad uso diverso dall’abitazione, stabilendo che “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, essi non sono registrati”, senza tuttavia specificare se detta nullità possa essere oggetto di sanatoria o meno mediante la registrazione tardiva del contratto (si segnalano da ultimo le norme previste dall’art. 1, comma 59, legge n. 208/2015, cd. Legge di Stabilità 2016).
Il formante giurisprudenziale, sia di legittimità che di merito, ma anche costituzionale (per tutte, cfr. Corte Cost., n. 50/2014), dal canto suo, si è posto ripetutamente il problema della interferenza tra norma tributaria e sanzione civilistica di nullità, escludendone (benché non uniformemente) la legittimità, conseguentemente alla negazione della natura imperativa delle norme tributarie, idonea, cioè, ai sensi dell’art. 1418 c.c., a determinare la invalidità del contratto. Più recentemente, tuttavia, ed in particolare con le Sezioni Unite del 2015, riprese per i contratti ad uso non abitativo con la sentenza in commento, la S.C. ha inteso ricondurre la sanzione legislativa per omessa registrazione in termini di nullità sopravvenuta del contratto di locazione per mancanza di un requisito extraformale di validità, introdotto dal legislatore per contrastare tanto l’elusione quanto l’evasione fiscale. Detta sanzione di nullità testuale (ex art. 1, comma 346, legge n. 311/2004), tuttavia, potrà essere oggetto di sanatoria “per adempimento” mediante registrazione tardiva del contratto, con effetti retroattivi sino alla data di stipula dell’accordo di locazione, sia al fine di conferire certezza temporale al rapporto, sia anche di tutelare la parte “debole” di esso.
Diverso discorso andrà poi effettuato per quanto attiene all’accordo simulato tendente a celare (a fini elusivi ed evasivi) un canone maggiore rispetto a quello dedotto in contratto (scritto e registrato): rinvenendosi la causa del “patto integrativo” esclusivamente nell’occultamento di maggiori importi al fisco, ne deriva che detto accordo risulterà intrinsecamente nullo per un vizio genetico della stessa simulazione relativa, ossia la violazione di una norma – quella fiscale – che nella evoluzione legislativa odierna è stata eletta a “norma imperativa”, il cui mancato ossequio, pertanto, comporta la nullità assoluta e non sanabile di cui all’art. 1418, comma I c.c. Detta sanzione, tuttavia, travolgendo soltanto l’accordo simulato, non sarà viceversa idonea ad invalidare l’intero rapporto contrattuale preesistente.