Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Settore agroalimentare in Sicilia, un comparto tra sì e no

Il settore agroalimentare in Sicilia è tra i comparti più importanti dell’economia isolana. Eppure, assistiamo a innumerevoli ostacoli al suo sviluppo. Perché?...

di Patrizia Romano

Il settore agroalimentare in Sicilia è tra i comparti più importanti dell’economia isolana. Eppure, assistiamo a innumerevoli ostacoli al suo sviluppo. Perché?

 

di  Patrizia Romano

Mancanza di infrastrutture, lavoro nero, carenza meccanica, precariato, criminalità organizzata, caporalato, sfruttamento. Questi sono soltanto alcuni degli elementi che fanno da contorno al settore agroalimentare.
Uno dei comparti più importanti dell’economia isolana. Il comparto, che comprende agricoltura, pesca e industria alimentare, fornisce, infatti, un contributo importante all’economia regionale. Le produzioni del settore agricolo incidono per circa tre quarti del totale in termini sia di valore aggiunto sia di addetti.
Secondo dati forniti dal rapporto Coreras 2017, la Sicilia è tra le regioni d’Italia in cui si registra la maggiore produzione tipica e di qualità.
Inoltre, emerge su scala nazionale per l’ampia estensione di superficie coltivata a vite.
Dati positivi anche nel settore dell’olio, dove la raccolta di olive è cresciuta di oltre il 40 per cento, esercitando una pressione al ribasso sui prezzi. Infatti, la Sicilia si colloca al terzo posto nella produzione di olive, dopo la Puglia e la Calabria. Nel comparto agrumicolo, poi, la Sicilia guadagna il primo posto delle regioni italiane con 70.000 Ha di superficie, pari al 58 per cento del dato nazionale. La produzione di agrumi, infatti, è tornata a crescere, dopo la flessione del 2014, soprattutto per le arance, registrando il 18 per cento in più. Uno dei maggiori contributi vengono dati dalla produzione di frumento duro e dalle coltivazioni arboree. La crescita delle esportazioni di prodotti agricoli (51,8 per cento) si è concentrata soprattutto nelle colture arboree, proveniente, prevalentemente, dalla provincia di Catania; le vendite all’estero di colture non permanenti, provenienti, per lo più, dal ragusano, quali cereali e ortaggi, sono aumentate in misura contenuta.
Perché, allora, emergono così tanti aspetti negativi nel quadro d’insieme? Perché assistiamo a una continua mobilitazione di massa nel settore? La risposta sta negli innumerevoli punti di debolezza che ostacolano il processo di sviluppo del settore. Primo tra tutti, l’elevata frammentazione e polverizzazione aziendale con forte incidenza di aziende di piccola dimensione, la scarsa differenziazione del prodotto finito, ma anche la presenza di impianti obsoleti, così come la carenza di organizzazione dell’offerta dei prodotti, a cui fanno seguito gli elevati costi di produzione e dei trasporti, dovuti alla posizione periferica dell’Isola e alla carenza della rete ferroviaria e viaria regionale e dei sistemi irrigui, nonché lo scarso orientamento al mercato. Quali le soluzioni? Anche se non esiste la bacchetta magica, i sindacati azzardano, comunque, una serie di ipotesi.
Un Patto generazionale che favorisca l’ingresso dei giovani nel circuito produttivo, sostiene Sabina Barresi, segretaria generale della Fai Cisl Messina -. Il Patto generazionale – continua Barresi – serve per valorizzare i giovani e garantire una pensione dignitosa ai lavoratori impegnati in comparti che devono essere riconosciuti come usuranti. Occorrono meno tasse sul lavoro e buste paga più pesanti.  In Sicilia, dove registriamo un migliaio di aziende agroindustriali di piccola, media e grande portata – aggiunge – l’agroalimentare può rappresentare un’occasione di sviluppo e lavoro, ma viene frenato dalla mancanza di infrastrutture e dalla mano lunga delle organizzazioni criminali”.  Da qui nasce anche l’appello contro il precariato e lo sfruttamento. Si chiede di elevare la retribuzione minima dei contratti di prestazione occasionale e far partire una guerra senza sconti contro il caporalato attraverso un’aspra lotta all’evasione e una redistribuzione delle risorse. Nell’agroalimentare, si scontano, purtroppo, le carenze in tema di politica di filiera e punti di debolezza come la ridotta superficie agricola aziendale, problema che potrebbe essere superato da una efficiente rete organizzativa tra imprese.
Per la Flai bisogna puntare sullo sviluppo di un sistema agroalimentare di qualità ed ecocompatibile, facendo leva sui punti di forza come la produzione biologica, per la quale la Sicilia è già al primo posto in Italia e i prodotti tipici e di alta qualità. Per i sindacati, il rilancio del settore passa anche dalla dignità del lavoro dipendente a partire dall’applicazione del contratto di lavoro e dalla lotta al lavoro nero e allo sfruttamento. La Flai in proposito chiede alla Regione correttivi ai criteri di erogazione del sostegno allo sviluppo rurale, a partire dall’introduzione di criteri di premialità alle imprese che creano lavoro, sostenendo l’occupazione, contribuendo alla riduzione delle fluttuazioni stagionali. Per quanto riguarda le politiche rurali, la Flai Sicilia rileva che sia necessario mettere in campo iniziative con i Fondi europei per concentrare l’offerta produttiva e sostenere i progetti di filiera. Così come è necessaria una normativa sui distretti rurali per integrare le attività agricole con le altre attività coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali

 

 

 

 

 

 

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