Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

La fede ai tempi del coronavirus vacilla o si rafforza?

La religione e la spiritualità potranno salvare il mondo in quarantena? La fede ai tempi del coronavirus vacilla o si rafforza? Ne parliamo con un rappresentante dell’Arcidiocesi di Palermo e con un rappresentante del Seminario Arcivescovile

di Patrizia Romano

C’è chi prega in solitudine davanti alle immagini sacre. Molti, invece, condividono video, letture e approfondimenti dei testi sacri, attraverso i mezzi virtuali di cui dispone. Tanti altri, ancora, si affidano al suono delle campane, che dirama l’invito a pregare tutti alla stessa ora, uniti in un pensiero collettivo.
L’obiettivo comune, comunque, è quello di continuare a pregare anche a distanza, per sentirsi ancora una comunità.
L’emergenza coronavirus ha fatto riemergere un forte bisogno di comunità.

Dal coronavirus, uno spunto di riflessione sulla nostra spiritualità

La religione e la spiritualità continuano ad essere protagoniste nel panorama intimistico di ognuno di noi, sempre propensi a ricercare noi stessi nel sacro.
Certo la religione ha sempre aiutato gli uomini a contrastare il panico, ad esorcizzare la paura, ma anche a lenire la sofferenza, rivitalizzando lo spirito che c’è in noi.
Tutti, comunque, stiamo ricevendo da questa terribile esperienza l’occasione per uno spunto di riflessione profondo sul nostro rapporto con la fede. Anche se non manifestiamo la nostra religiosità con la preghiera, la manifestiamo, comunque, attraverso la serena rassegnazione e sottomessa accettazione di quanto sta accadendo.

La sospensione della vita religiosa

Fra le disposizioni di contenimento del Coronavirus emesse dal governo, sono state sospese le cerimonie civili e religiose, la celebrazione delle messe ferialie tutte le varie attività religiose, per evitare assembramenti di persone.
Ma la sospensione delle celebrazioni eucaristiche ha trovato il malcontento tra i fedeli, che non trovano l’evitare assembramenti una motivazione valida, chiedendosi perché l’assembramento è pericoloso solo in chiesa e non al supermercato.
Cos’è la paura che la lontananza dai luoghi di culto possa affievolire la fede o, semplicemente la mancanza di solidità della stessa fede, che ci fa vacillare?
Insomma, il coronavirus ha colpito anche la fede, o la forza della preghiera esercita ancora uno straordinario potere sull’uomo? 

Arcidiocesi e Seminario Arcivescovile: la voce dell’anima

Ne parliamo con don Pino Grasso, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali dellArcidiocesi di Palermo e con il Seminario Arcivescovile di Palermo, San Mamiliano.
Lo abbiamo voluto fare in concomitanza della Settimana Santa proprio a ridosso della Pasqua, l’evento che ha salvato l’umanità, attraverso il sacrificio di Cristo.

La fede e il coronavirus

Come viene vissuta la fede dai cattolici in questo momento così difficile? Non si avverte un certo vacillamento della propria spiritualità?


Nei momenti difficili, la fede sostiene sempre

Arcidiocesi di Palermo – In questo particolare momento che stiamo vivendo, i Cattolici sono sostenuti da una grande Fede. Una Fede corroborata dal Magistero del Santo Padre Francesco e dell’Arcivescovo, don Corrado Lorefice i quali con i loro interventi danno forza e nuovo slancio. Tra le iniziative dell’Arcivescovo che usa in maniera continua i social dell’arcidiocesi, le celebrazioni eucaristiche, gli esercizi spirituali, la via Crucis e le suppliche che ha fatto a Santa Rosalia e alla Madonna della Milicia.


Nei momenti difficili, la fede può vacillare

Seminario Arcivescovile – Rispondere a questa domanda non è facile. Ogni uomo ha la propria storia e il proprio vissuto e sicuramente c’è anche un elemento soggettivo e personale che non si può conoscere. Quello che posso dire è che la fede si vive nelle proprie case e famiglie – Chiese domestiche, così come ci ricorda Papa Francesco. Diversi momenti di preghiera vengono preparati e vissuti nelle famiglie grazie anche a dei sussidi preparati dalla CEI e dalle varie diocesi. Inoltre, oggi è possibile “partecipare” alle varie celebrazioni che solitamente si vivono nelle parrocchie, grazie ai canali e mezzi multimediali e ai tanti parroci che si sono attrezzati adeguatamente per poterle trasmettere in diretta.
Per noi credenti, il non poter partecipare alla Celebrazione Eucaristica (che ci tengo a precisare, viene sempre celebrata dai parroci, ma a porte chiuse, senza concorso di popolo) è un grande sacrificio, ma siamo consapevoli del tempo difficile e particolare che stiamo vivendo e quindi ci adeguiamo alle normative che ci vengono indicate. E in ogni momento difficile, si, la fede può vacillare.

L’esempio del Vangelo

Ce lo mostrano anche i discepoli nel Vangelo, che di fronte ad alcune situazioni difficili a volte non capiscono, non comprendono e vacillano. Ma ciò non significa che il Signore ci abbandona. Anzi, abbiamo la certezza, ed è sempre il Vangelo che ce lo annuncia, che è proprio in questi momenti che Lui si fa più vicino a noi!
Poi ci sono anche altri modi per poter vivere la fede, anche in questo periodo particolare: attraverso il servizio, l’amore e l’attenzione agli altri. Una semplice chiamata a chi è solo a casa, un aiuto agli anziani che in questo periodo hanno difficoltà ad uscire o semplicemente comprare qualcosa in più mentre si fa la spesa personale per donarlo alle famiglie più bisognose. “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto” diceva don Puglisi. E le posso dire che tutto questo, molti lo fanno nel silenzio.

L’amarezza di non partecipare all’Eucarestia


Per noi credenti, il non poter partecipare alla Celebrazione Eucaristica (che ci tengo a precisare, viene sempre celebrata dai parroci, ma a porte chiuse, senza concorso di popolo) è un grande sacrificio, ma siamo consapevoli del tempo difficile e particolare che stiamo vivendo e quindi ci adeguiamo alle normative che ci vengono indicate. E in ogni momento difficile, si, la fede può vacillare. Ce lo mostrano anche i discepoli nel Vangelo, che di fronte ad alcune situazioni difficili a volte non capiscono, non comprendono e vacillano. Ma ciò non significa che il Signore ci abbandona. Anzi, abbiamo la certezza, ed è sempre il Vangelo che ce lo annuncia, che è proprio in questi momenti che Lui si fa più vicino a noi!
Poi ci sono anche altri modi per poter vivere la fede, anche in questo periodo particolare: attraverso il servizio, l’amore e l’attenzione agli altri. Una semplice chiamata a chi è solo a casa, un aiuto agli anziani che in questo periodo hanno difficoltà ad uscire o semplicemente comprare qualcosa in più mentre si fa la spesa personale per donarlo alle famiglie più bisognose. “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto” diceva don Puglisi. E le posso dire che tutto questo, molti lo fanno nel silenzio.

Il clero in trincea

Molti lamentano la scarsa presenza di rappresentanti del clero in trincea. Pochi sacerdoti e pochi frati e suore tra le corsie e nei centri covid. E’ vero?

Arcidiocesi di PalermoNon è affatto vero. Il clero è più che mai in trincea. Infatti, i sacerdoti sono accanto a chi soffre negli ospedali come i cappellani e in altri contesti del quartiere con tante iniziative religiose, garantendo il conforto spirituale sia alle persone in cerca di una parola di sostegno e di conforto, sia ai moribondi a cui viene garantita l’amministrazione del Sacramento dell’unzione degli infermi, ma anche solidaristiche attraverso la distribuzione di derrate alimentari alle famiglie indigenti.
Anche i religiosi sono accanto ai fedeli. Significativa a Palermo, l’iniziativa delle Ancelle di Cristo Re che, ogni giorno, a mezzogiorno salgono sui tetti dell’edificio e attraverso potenti amplificazioni invitano alla preghiera.

Seminario Arcivescovile – I centri covid sono, per la maggior parte dei casi, gli ospedali. E come lei ben sa, purtroppo non è possibile entrarvi neanche per dare un conforto spirituale. Nelle strutture ospedaliere è prevista la figura del cappellano, un sacerdote che è chiamato a vivere il suo ministero all’interno degli ospedali, ma anche per lui in questo periodo non è consentito poter girare liberamente tra i reparti (come solitamente avviene). Soprattutto, quelli predisposti ad accogliere pazienti con il coronavirus, per ragionevoli motivi di sicurezza.

Andare via senza il conforto spirituale

La tragicità di questo periodo è data anche dal fatto che le persone ricoverate a causa di questo virus e che purtroppo non riescono a guarire, muoiono da sole in un letto di ospedale, senza avere i propri cari accanto e, per chi lo volesse, un conforto spirituale. E questo ci addolora molto. Inoltre, tanti parroci si sono organizzati con le Caritas parrocchiali o diocesane per intensificare le attività di aiuto e sostegno alle famiglie che vivono delle grosse difficoltà economiche (e non solo).
Sicuramente si può fare sempre meglio e sempre di più, ma come dicevo prima ci sono tanti laici e sacerdoti “senza proiettori puntati” impegnati in prima linea a dare un aiuto concreto alle persone e alle famiglie.

Pensa che ad emergenza finita tutto possa tornare come prima? Si tornerà a credere nell’acqua santa o nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, anche se queste cose sono state fatte scomparire in gran fretta, considerandole non salvifiche ma addirittura pericolose?

Il popolo di Dio uscirà irrobustito nella fede da questa esperienza

Arcidiocesi di PalermoAd emergenza sanitaria terminata, riteniamo che il popolo di Dio sarà irrobustito nella Fede e più maturo. Non soltanto le persone adulte, ma anche tanti giovani che vivono questo momento con grande dignità.
Per quanto concerne la presenza reale di Gesù in corpo, anima e divinità nelle specie eucaristiche, questa è una verità incontrovertibile che non è negoziabile. Paradossalmente l’astinenza dalla Comunione aumenterà il bisogno di tornare a cibarsi di Cristo vivo e vero. Sulla salvivicità dei sacramenti non ci sono discussioni che tengano e i cristiani di questo ne sono certi.

La vita è un dono da coltivare

Seminario Arcivescovile – Ritengo che la ripresa sarà la fase più delicata e richiederà ancora in modo insistente la corresponsabilità di tutti. Sicuramente non possiamo alimentare l’utopia di ritornare immediatamente alla quotidianità che abbiamo lasciato qualche mese fa. Inevitabilmente il Covid-19, se non nel corpo, ha colpito tutti: ha mutato le nostre abitudini, ci ha privati del contatto fisico, ci ha obbligati ad assumere delle norme igieniche molto ferree, ha intaccato le nostre relazioni, ha modificato i nostri stili di lavoro, di studio, di preghiera. Tuttavia, ci ha riportato con i piedi per terra, all’essenziale potremmo dire, ci ha ricordato che la vita è e rimane un dono, non da manipolare, ma da custodire, coltivare, celebrare.


Ritornare come prima non è una risposta che si può dare con certezza risoluta

Quindi, ritornare come prima non è una risposta che si può dare con certezza risoluta poiché il tempo di recupero include diversi fattori. Sicuramente torneremo e saremo cambiati. Il cambiamento sarà determinato da come abbiamo vissuto questo tempo di quarantena.
La motivazione della “scomparsa” non è legata alla pericolosità o alla non-salvezza che “l’acqua santa”, l’Eucaristia e tutti gli altri sacramenti e sacramentali possono procurare, bensì alle norme restrittive per la tutela di tutti e la prevenzione dei contagi. Ciò non significa che la fede non può essere vissuta e celebrata ugualmente. Pensiamo un attimo al popolo d’Israele durante l’esilio o ai primi cristiani durante le persecuzioni che, seppur vivessero una situazione simile alla nostra cioè l’impossibilità di riunirsi e celebrare insieme, non rinunciavano alla fede.

Il vero tempio di Dio è Cristo


Il culto neotestamentario – «in spirito e verità» (Gv 4,24) – non è legato ad un luogo celebrativo perché il vero tempio di Dio è Cristo stesso e di conseguenza l’intera comunità dei credenti in Lui. La Chiesa-struttura è solo funzionale alla Chiesa-Corpo di Cristo, per cui se la prima venisse meno non intaccherebbe la seconda, cioè la sua natura, poiché essa è determinata dallo Spirito Santo che convoca, crea la comunione tra i credenti e li riunisce. Come dicevo prima, in questo momento particolare la fede viene vissuta nelle case, in famiglia.

Come si può affrontare, sotto il profilo spirituale, questo lungo periodo?

Arcidiocesi di PalermoAttraverso la preghiera costante, soprattutto in famiglia, definita dalla costituzione consiliare sulla Chiesa “Lumen gentium”, la piccola Chiesa domestica. Sono molte, infatti, le famiglie cristiane che pregano insieme, intensificando una pratica che viene sempre più perseguita. E, poi, attraverso la lettura costante della Parola di Dio che deve essere tra i capisaldi dei cristiani.

Seminario Arcivescovile – Voglio partire dal verbo “affrontare” che è presente nella stessa domanda. Sì, perché noi dobbiamo affrontarlo questo periodo e non lasciarci soccombere dalla noia, dalla pigrizia, dal non senso delle giornate. Ci tocca lottare per vivere, anche sotto il profilo spirituale, anzi soprattutto sotto il profilo spirituale. Come? Dare qualità alle nostre giornate! Se prima si era soliti lamentarsi per il poco tempo, in questo periodo abbiamo la possibilità di sfruttare il tempo a disposizione con la lettura di libri spirituali e non, con l’approfondimento della Parola di Dio, con la preghiera quotidiana sia a casa che in chiesa, limitando sempre gli spostamenti.
La vita spirituale la si può curare anche risanando relazioni con i propri cari e con altri fratelli, chiamando le persone sole e donando il proprio amore anche virtualmente.

La lotta è ardua

Certamente quello che a tutti i cristiani manca è la celebrazione eucaristica e ovviamente non mancheranno i momenti di difficoltà, di angoscia o nervosismo e qui richiamo le parole che Dio pronunciò al popolo d’Israele in Dt 20,3-4 «Voi oggi siete prossimi a dar battaglia ai vostri nemici. Il vostro cuore non venga meno. Non temete, non vi smarrite e non vi spaventate dinanzi a loro, perché il Signore, vostro Dio, cammina con voi, per combattere per voi contro i vostri nemici e per salvarvi”.
La lotta è ardua, ma il superamento di questa lotta ci renderà più liberi e sicuramente più fortificati.

Questa forma di segregazione e isolamento forzati possono rappresentare un arricchimento per lo spirito o un abbrutimento?

Questa esperienza rappresenta certamente un arricchimento spirituale

Arcidiocesi di PalermoCertamente un arricchimento spirituale, perché si riscopre il dialogo con Dio che ama gli uomini e per citare il profeta Geremia: “Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza”.


Questa esperienza potrà abbruttire o arricchire lo spirito umano

Seminario Arcivescovile – Certamente, passare da una vita frenetica, fatta di relazioni, incontri, abbracci ad una vita segregata con spazi stretti e il tempo largo rende l’umano fragile e nudo. L’uomo, essere di relazioni, diventa uomo isolato e questo isolamento potrà abbruttire o arricchire lo spirito umano.  Molti diranno che avremmo bisogno di psicologici, psicoterapeuti, psicanalisti e chi più ne ha più ne metta, per riprenderci da questo lungo periodo. Altri diranno che ne usciremo migliori e riusciremo a gustare ogni relazione con l’altro, con sé stessi e con la natura. Tutto dipende da noi, tutto dipende dalla nostra volontà. Ovviamente, come già molti dicono, ne usciremo sicuramente cambiati e anche lo spirito umano ne uscirà trasfigurato.

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