Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Buoni fruttiferi postali QP e rendimenti non rimborsati, cosa fare

L'A.E.C.I. mette a disposizione gratuitamente i propri esperti per capire come fare per far valere i propri diritti in questo caso

di Redazione

Già da tempo la nostra associazione affronta la questione dei BFP, appartenenti alla serie P. Sono stati tanti i casi in cui a seguito di controlli, da noi effettuati sui titoli inviatoci dai consumatori di tutta Italia, abbiamo rilevato diverse incongruenze e presupposti giuridici validi per ottenere quanto dovuto.

Rendimenti da ricalcolare

Ritornando oggi a parlare della questione, ossia, del mancato riconoscimento di quanto maturato negli anni, ricordiamo che i BFP della serie P, sono considerati a tutti gli effetti appartenenti alla serie Q, pertanto, i rendimenti maturati sono da calcolarsi secondo le nuove regole stabilite da tale serie, collocata nel periodo compreso il 01/07/1986 ed il 31/10/1995. Al riguardo, appunto, il timbro apposto sul fronte che riporta la dicitura serie Q/P ed il timbro sul retro, recante i nuovi tassi di rendimento, sono a tutti gli effetti da ritenersi regolari, per effettuare i calcoli, in riferimento ai scaglioni temporale. Ribadiamo che a cambiare le regole originali di questa serie, è stata l’introduzione dell’ormai noto disposto dell’art. 5 del D.M. 13 giugno 1986 (pubblicato sulla GU n. 148 del 28.06.1986 che recita: “Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera “Q”, i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie “P” emessi dal 1° luglio 1986. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi.” Per quanto in premessa, abbiamo visto che i possessori di titoli appartenenti alla serie P, a scadenza 30ennale hanno incassato, a fronte della richiesta di riscossione, una somma drasticamente inferiore rispetto a quella che sarebbe derivata dall’applicazione delle condizioni economiche riportate sul retro in originale.

Da 20 a 30 anni

ATTENZIONE però, il timbro apposto sul retro, seppur a volte poco leggibile, detta solamente le regole dei saggi d’interessi da applicarsi fino alla scadenza del 20° anno, ma nulla, al riguardo degli ulteriori 10 anni viene menzionato nell’apposito timbro. Nel caso, quindi, che ci occupa, c’è da chiedersi: se i titoli in questione hanno una durata trentennale ed il timbro apposto sul retro indica i nuovi rendimenti da applicare solo nei primi 20 anni, quale saggio d’interesse bisognerà applicare nei successivi 10 anni? Ebbene, fermo restando che i possessori dei titoli hanno il diritto di essere informati e di conoscere prima del riscatto quale sia effettivamente la somma spettante, in questi casi, avvalorando la nostra ormai storica tesi, e cioè, in assenza totale del dato necessario, sarebbe da considerare valida la dicitura in originale trascritta sul retro di ogni titolo, che riporta il calcolo da applicare per ogni​bimestre successivo a partire dal 21° anno e fino alla scadenza del 30° anno.

La data importante

Secondo quanto sostenuto da Poste Italiane, in sede di ricorsi, per gli ultimi dieci anni, l’importo da calcolarsi, sarebbe l’applicazione “presumibilmente di un interesse semplice del 12%, in pratica, lo stesso tasso che si intende calcolato dal 16° anno fino al 20° anno”. Tale affidamento, però, ha destato molti dubbi in quanto, tale calcolo, non è assolutamente previsto a tergo del titolo, invero, che sebbene per i primi venti anni debba essere effettuata la capitalizzazione degli interessi al netto della ritenuta fiscale, per gli ultimi dieci anni sarebbe in prevalenza da riconoscersi le condizioni apposte sui titoli originariamente trascritte, e quindi, è giusto ritenere valida l’applicazione dell’importo fisso ivi previsto. La data importante da tenere presente per il corretto affidamento, però, deve essere quella successiva al periodo di vigenza dei titoli appartenenti alla serie Q che andava dal 01 luglio 1986 al 31 ottobre 1995.

Richiesta di integrazione

In virtù delle ormai note sentenze e dell’orientamento giurisprudenziale che negli ultimi anni è andato sempre più a consolidarsi, non resta altro che dire senza dubbio, che resta valido, per l’ingenerarsi del legittimo affidamento da parte dei possessori, quanto riportato originariamente ed immodificato nella dicitura che indica il calcolo da applicarsi per ogni bimestre a partire dal 21° anno e fino al 31 dicembre del 30° anno solare successivo a quello di emissione. Stante le evidenze segnalate, si ritiene, in conclusione, che per il periodo dal 21° al 30° anno, in assenza di formale modifica dei titoli sul punto, la liquidazione debba avvenire secondo quanto testualmente previsto dagli stessi. I possessori, dunque, di BFP appartenenti alla serie Q/P possono benissimo pretendere da Poste Italiane il rimborso di quanto maturato negli ultimi 10 anni, richiedendo una integrazione all’importo già riscattato.

Sì è in tempo per presentare la richiesta di integrazione

Ricordiamo, che si può sempre promuovere l’iniziativa, anche dopo avere riscosso, tenendo conto, ovviamente, dei termini di prescrizione. Ricordiamo, a chi non fosse più in possesso della copia del titolo, che lo stesso si può benissimo richiedere, in copia, presso l’Ufficio Postale preposto.
Agostino Curiale, Presidente della Consulta Legale di A.E.C.I.

L’Associazione Europea dei Consumatori (A.E.C.I), gratuitamente, effettua un controllo dettagliato dei BFP e calcola il valore ancora da riscuotere. Chiunque fosse interessato può scrivere o chiamare ai seguenti recapiti:
A.E.C.I. Sicilia, via Catania, 146 – 90141 Palermo – Tel/Fax 091 5080178 mob. 333 9445449 e fissare un appuntamento in sede oppure inviare una email all’indirizzo palermo1@euroconsumatori.eu – PEC: palermo1@pec.euroconsumatori.eu.

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