Nel contesto storico odierno la parità dei sessi (la c.d. Gender equality) continua a rappresentare un tema di stretta attualità.
Recentemente il caso “Lara Lugli” è divenuto i fatti noto alle cronache per aver posto l’accento sulle condizioni lavorative delle donne, con particolare riguardo all’ambito sportivo.
La storia di Lara Lugli
La vicenda in questione trae origine dai fatti accaduti nel periodo 2018-2019 quando Lara Lugli – ex pallavolista – sottoscriveva un contratto con la ASD Club Volley Pordenone (oggi Maniago Pordenone), militante in B-1, avente ad oggetto la prestazione di attività agonistica in favore della squadra per tutta la durata della stagione compresa tra il mese di agosto 2018 e giugno 2019, a fronte della corresponsione di un compenso mensile di Euro 1.000,00.
Sennonché all’inizio di marzo 2019 il contratto veniva interrotto avendo l’atleta comunicato alla società di appartenenza il proprio stato di gravidanza.
Occorre infatti rilevare come nella realtà pallavolistica sia prassi diffusa quella di includere nella contrattualistica disciplinante i rapporti tra atleta e società, varie clausole risolutive tra cui la c.d. clausola di “non maternità”.
Società inadempiente
Ad un mese dalla risoluzione, la Lugli subisce un aborto spontaneo; circostanza resa altresì nota al Club. Ciò nondimeno, la stessa provvedeva a sollecitare la liquidazione dello stipendio del mese di febbraio 2019, mai saldato.
A fronte del perdurante inadempimento della società, la Lugli si vedeva costretta ad adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere la corresponsione di quanto dovutole.
La società resisteva in giudizio e chiedeva al contempo che venisse accertata e dichiarata ai danni dell’atleta una responsabilità per i pregiudizi patiti dalla società stessa, a dire della quale lo stato di gravidanza della Lugli avrebbe pregiudicato alla squadra la possibilità di accedere ai play-off per la stagione di riferimento.
Contestava inoltre all’atleta di aver taciuto la sua intenzione di avere dei figli al momento della trattativa contrattuale e di aver puntato ad un ingaggio sproporzionato, sottolineando che la stessa, dopo l’aborto, sarebbe potuta rientrare e completare gli ultimi due mesi di campionato anche dalla panchina.
L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro sportivo
La fattispecie in esame postula in sè differenti problematiche afferenti le condizioni delle sportive lavoratrici dilettanti e interviene proprio in un momento storico in cui il Legislatore sembrerebbe essersi finalmente posto l’obiettivo con il D.lgs n. 36/2020 di favorire l’accesso al mondo del lavoro sportivo alle donne con tutte le connesse tutele di legge indistintamente a tutti gli atleti.
Ad oggi, solo gli atleti tesserati per società sportive affiliate a federazioni che hanno riconosciuto il professionismo possono essere giuridicamente considerati sportivi professionisti ed accedere a tutte le garanzie specificate nella L. 91/1981.
E le garanzie?
Tutti gli altri atleti, invece, inquadrati nello schema del dilettantismo, sebbene garantiti da tutte le tutele apprestate dalla normativa sul lavoro dipendente e dalle norme comunitarie, corrono comunque il rischio di ritrovarsi senza garanzie specifiche avverso il dilagare di pratiche incostituzionali e discriminatorie, tra le quali – per l’appunto – l’inserimento nei contratti dei settori femminili delle citate clausole “Anti-maternità”riconducibili alle risolutive espresse di cui all’art ex art. 1456 c.c.
Dette clausole, in palese contrasto con i principi costituzionali sanciti agli art. 3 e 31 posti a tutela della famiglia ed della maternità, infatti, prevedono che l’evento collegato alla risoluzione del contratto sia proprio la gravidanza dell’atleta .
Parità dei sessi ancora lontana
Si auspica, dunque, che il recente intervento legislativo culminato con l’approvazione del Decreto Legislativo n. 36 del 28 febbraio 2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 18.03.2021 (recante norme per il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e di lavoro sportivo) superi le disposizioni anacronistiche della Legge n. 91/81, ed estenda a tutti i lavoratori sportivi le tutele previdenziali e assicurative già esistenti per i lavoratori dipendenti nei settori sportivi professionistici.
La riforma dello Sport
Tra i punti chiave della Riforma della Sport, infatti, si evince anche la promozione del la parità di genere introducendo agli artt. 39 e 40 disposizioni a sostegno delle donne nello sport.
In particolare, l’art.39 recita“Le Regioni, le Province autonome e il CONI, negli ambiti di rispettiva competenza, promuovono la parità di genere a tutti i livelli e in ogni struttura, favorendo l’inserimento delle donne nei ruoli di gestione e di responsabilità delle organizzazioni sportive e anche al proprio interno… Il CONI è tenuto a vigilare sull’osservanza dei principi di cui al comma 1 da parte delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e delle Associazioni Benemerite”.
Sembra dunque che il Legislatore non sia rimasto insensibile alle numerose istanze provenienti dal mondo dello sport, ed infatti è stato nuovamente prorogato il termine per l’entrata in vigore delle disposizione in materia lavoro sportivo decorrere dal dal 1° gennaio 2023, auspicando che in tale periodo di vacatio legis, lo stesso dimostri più sensibile alle esigenze del mondo sportivo salvaguardando la libertà e tutelando i diritti inviolabili dello sportivo nell’ambito delle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, adottando le opportune disposizioni ad integrazione della nuova disciplina.
Avv. Valentina Alfano