In questi giorni in cui a Palermo è riesplosa la polemica sulle bare accatastate sotto a un tendone in uno dei viali principali del cimitero dei Rotoli, desideriamo suggerirvi una riflessione su un argomento che magari a qualcuno farà fare gli scongiuri: è l’antico quesito se sia meglio morire da ricchi o da poveri.
Totò scrisse la bellissima poesia ‘A livella che ci ricorda come, di fronte alla morte, siamo tutti uguali. Ma in realtà il funerale, in molti casi e in molte culture, ha un suo protocollo: persino il galateo se ne occupa, dettando le regole anche sull’abbigliamento più consono.
Nei secoli dei secoli, sono state tante le differenze che distinguevano i funerali dei ricchi da quelli dei poveri. Allora come adesso.
Insomma, sembra proprio che non sia cambiato nulla.
In questo antico ma attualissimo articolo, ci apprestiamo con uno sguardo, diremo ‘strabico’, tra passato e presente, a mostrare una delle principali differenze che distinguevano i funerali dei ricchi da quelli del popolino. Ci riferiamo, in particolare, ai funerali palermitani, che si svolgevano durante il XVII e il XIX secolo.
I funerali dei ricchi si traducevano in una vera e propria gara di fasto, come per attestare quanto grave fosse stata la perdita.
L’importanza e l’influenza che il defunto aveva mantenuto in vita dovevano, nell’estremo giorno, essere espresse dalla magnificenza della macchina funebre. Tanto più alto era il catafalco, quanto più potente era il rango del defunto.
La vanità innanzitutto
L’artista prediletto per l’occasione sceglieva il tipo di stoffa da utilizzare nell’addobbo della Chiesa e disegnava, con minuzia di particolari, la posizione degli addobbi funebri con precise aspettative scenografiche. Il defunto, attraverso questo apparato effimero, composto di drappi, tabelle, stemmi, grandi quadri illustranti meriti e vicende biografiche, nonché il lusso appariscente dell’oro e della seta, trovava l’ultimo momento di gloria.
Queste usanze, presso i nobili, erano legate più alla vanità e alla volontà di mettersi in mostra che al dolore per la perdita di un congiunto.
Il funerale diventa un evento pubblico
Tutto ciò fu talmente manifesto che il bisogno di innalzare apparati effimeri, istituire un modo giusto per atteggiarsi a lutto, allontanò sempre più il dolore per la perdita. Tanto che la presenza delle prediche nei funerali divenne sempre più diffusa.
Il funerale, insomma, diventa così un fatto straordinariamente pubblico. Importante, perciò, fu il ruolo delle maestranze per la posizione che rivestivano nella creazione delle macchine funebri.
Tra gli architetti prendono posto alcuni tra i più rappresentativi della loro epoca. E altri che, pur definiti minori, si distinsero per la loro personalità tecnica e per il genio artistico oltre che per la preparazione culturale.
Un “appalto” in base al lignaggio del defunto
Dal tipo di cerimonia da organizzare, vigeva una sorta di diritto di prelazione. Così i funerali reali erano un’esclusiva degli architetti della corona. Quelli papali, arcivescovili, ecclesiastici in genere, spettavano a quelli della cattedrale. Quelli di personalità istituzionali venivano affidati agli architetti comunali.
Dunque, tutto era legato alla possibilità del nobile potersi avvalere del progetto e della supervisione di uno anziché di un altro architetto. Al di là del fatto straordinariamente pubblico che un funerale veniva a comportare, l’incarico di progettarlo e dirigerlo, era tra i più ambiti dagli architetti dell’epoca.
Un vero protocollo per la cerimonia funebre
Perché in relazione all’importanza, alla posizione in società, alla ricchezza del defunto, costituiva un’occasione che permetteva loro fama e credito.
Significative sono ad esempio le modalità delle gare d’appalto che il Senato palermitano svolgeva quando dopo avere stanziato la somma da spendere per la cerimonia funebre di qualche personalità, dava lettura e disposizione, nei minimi particolari di ciò che si doveva realizzare, alla presenza dell’architetto incaricato e degli artigiani che attraverso asta pubblica, si aggiudicavano i vari lutti delle opere da eseguire. Importante era, quindi, la presenza del medico perché
legata all’uso della pratica dell’imbalsamazione. Pratica molto importante,
poiché consentiva di posticipare la cerimonia funebre e di farla durare
settimane o addirittura mesi dalla data del decesso