Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Cosa succede dopo la chemioterapia?

Uno stravolgimento fisico e psicologico: con la chemioterapia devi imparare a convivere. L'Importante è avere le idee chiare e affidarsi ai consigli e alla guida del proprio medico

di Fondazione Italiana Linfomi

Il trattamento dei linfomi, sia di quelli aggressivi che di quelli indolenti, si basa per la maggior parte dei casi sull’uso di chemioterapia associata ad immunoterapia, rappresentata per lo più dall’anticorpo monoclonale anti CD20 (Rituximab).  Ad affiancare questi due pilastri del trattamento dei linfomi negli ultimi anni sono state introdotte, prima per le recidive e ora sempre più spesso nelle linee precoci di terapia, le cosiddette target therapies, nuove molecole mirate verso particolari meccanismi patologici delle cellule neoplastiche.

Ansia e domande

Il termine chemioterapia suscita sempre nell’immaginario collettivo ansia, preoccupazione e paura e scatena inevitabilmente una serie di domande nei pazienti; ma anche l’avvio di trattamenti con le target therapies, spesso ancora poco note, genera una serie di dubbi, quesiti e necessità di chiarimenti.

É fondamentale che il paziente abbia le idee chiare circa quello che potrà avvenire prima di iniziare il percorso di cura, in modo da non essere sorpreso da situazioni inaspettate e che mantenga sempre ben chiaro qual è l’obiettivo: sconfiggere la patologia. Questo consentirà di affrontare meglio anche i momenti più difficili.
Questo breve testo non può e non vuole assolutamente sostituirsi ai colloqui che i pazienti svolgono con i propri medici, ma vuole essere un sintetico promemoria per chiarire meglio argomenti che sicuramente sono già stati affrontati a voce con i medici ematologi curanti.

La paura prima della terapia

Al momento di avviare un percorso di chemioterapia tra i principali problemi che affliggono i pazienti c’è la paura per gli effetti collaterali: “Quali effetti mi darà la cura? Cosa mi devo aspettare?” sono le domande che quotidianamente riceviamo dai pazienti. La chemioterapia purtroppo non agisce in modo selettivo solo sulle cellule tumorali e pertanto ha un’attività tossica anche sulle cellule sane, in particolare sulle cellule dei tessuti maggiormente replicanti come il midollo osseo, gli annessi cutanei (capelli, unghie), le mucose, il tratto gastroenterico.  Ci sono effetti collaterali che si manifestano a breve termine e che almeno inizialmente impattano maggiormente sul paziente; altri effetti invece si manifestano più a lungo termine ma anche questi non vanno sottovalutati.

Gli effetti a breve termine

Cominciando dagli effetti collaterali a breve termine l’alopecia ha sicuramente un impatto molto importante sulla vita sociale, in particolare per le persone di sesso femminile. Va detto che non tutte le chemioterapie causano alopecia severa, per alcuni farmaci come la bendamustina, per esempio, tale effetto è pressoché nullo e in alcuni casi è possibile utilizzare durante l’infusione della chemioterapia delle cuffie ipotermiche che possono parzialmente ridurre la caduta dei capelli. Tra gli effetti collaterali a breve termine le alterazioni del tratto gastroenterico sono le più frequenti. L’uso di alcuni farmaci come gli alcaloidi della vinca, causa stipsi che può essere gestita con prodotti lassativi per ridurne l’intensità; al contrario altre terapie causano la comparsa di alvo diarroico, questo può capitare spesso anche con i nuovi farmaci immunologici come la Lenalidomide o i PI3K inibitori. 

Nausea e inappetenza

Altro effetto collaterale che può manifestarsi precocemente è la nausea, che a seconda del tipo di chemioterapia potrà essere più intensa o quasi assente: esistono attualmente anti-antiemetici moderni che possono essere usati anche in associazione e che consentono di superare molto bene il problema. Ad accompagnare la nausea spesso si presentano anche l’inappetenza e quindi l’iporessia, dovute anche al fatto che i farmaci chemioterapici possono spesso causare un’alterazione dei gusti (disgeusia) che ovviamente non favorisce la voglia di alimentarsi, con un conseguente calo di peso durante il trattamento; anche la componente psicologica svolge un ruolo importante per questi disturbi. Molti trattamenti per le malattie linfoproliferative prevedono l’uso di cortisonici che possono avere oltre all’azione terapeutica anche effetti positivi per il paziente, quali maggiore sensazione di energia e di appetito. Ma possono anche causare qualche disturbo quale rialzo della glicemia (in particolare se il paziente è già diabetico), rialzo pressorio, nervosismo, sensazione di gonfiore e calore a seguito dell’assunzione e, più a lungo termine, alterazioni del metabolismo osseo.

Fonte immagine: Pixabay

Altro effetto collaterale che può verificarsi in conseguenza della chemioterapia, in particolare con gli alcaloidi della vinca, ma anche con nuove target therapies è la neuropatia periferica che si manifesta di solito con alterazioni sensitive a livello dei nervi periferici degli arti superiori e inferiori e che si cerca di controllare fin dalla comparsa con l’uso di farmaci neurotrofici e con la riduzione dei dosaggi dei farmaci “colpevoli”. Infine uno dei principali problemi a breve termine secondario alla chemioterapia per i pazienti affetti da malattie linfoproliferative è sicuramente l’aumentato rischio infettivo causato dall’immunodepressione e dalla riduzione dei neutrofili, con possibilità di comparsa di febbre, infezioni delle vie aeree o delle vie urinarie o del tratto gastro enterico o di altri apparati.

Gli effetti a lungo termine

Gli effetti collaterali che, invece, possono manifestarsi anche alcuni anni dopo il termine della chemioterapia riguardano l’apparato cardiovascolare, il sistema respiratorio e l’apparato riproduttore. Per quanto riguarda la prevenzione della tossicità cardiaca di norma si valuta attentamente lo stato di partenza del paziente prima dell’avvio della chemioterapia tramite una valutazione cardiologica con ecocardiogramma, che verrà poi ripetuto negli anni successivi la fine del trattamento. Allo stesso modo nella prevenzione della tossicità polmonare, si esegue una valutazione della funzionalità polmonare basale con la spirometria, prima dell’uso di farmaci potenzialmente tossici.

Abbiamo affrontato in modo ampio il tema della preservazione della fertilità in questo articolo. Altro quesito che spesso i pazienti ci pongono al momento dell’avvio della chemioterapia è “Come cambierà la mia vita? Potrò continuare a lavorare? A veder gli amici? A vedere i nipotini?”. Inevitabilmente nel periodo della chemioterapia la vita viene, almeno parzialmente rivoluzionata, in particolare poiché si è maggiormente immunodepressi a causa dei trattamenti, ma anche della patologia stessa.  L’attività lavorativa dovrebbe essere adattata alle proprie energie, alla necessità di ricovero e/o di accesso in Day Hospital per le cure e soprattutto, al rischio infettivo, che per alcune professioni a contatto con il pubblico è particolarmente elevato. Nel limite del possibile si cerca di far proseguire al paziente la propria vita anche lavorativa ma, soprattutto in questi ultimi due anni condizionati dalla pandemia da SarSCov2, se i rischi di esposizione ad agenti infettivi sono alti, si invita il paziente ad interrompere le attività di lavoro, almeno in presenza. L’aumentata immunodepressione rappresenta un limite anche per i contatti del paziente con amici e parenti (in particolare bambini in età scolare), che ovviamente non devono essere evitati, ma vanno ridotti il più possibile ed effettuati seguendo norme di distanziamento ed uso delle mascherine, cercando di evitare sempre i luoghi affollati e gli assembramenti, in particolare in alcuni periodi che seguono la chemioterapia, a causa della riduzione della conta dei globuli bianchi.

L’importanza del supporto psicologico

Altre domande che spesso ci vengono rivolte riguardano la necessità di effettuare la cura: “Ma è proprio necessario fare la chemioterapia? Cosa accade se non mi curo? La chemioterapia funziona sempre?” Per rispondere adeguatamente a questi interrogativi è molto importante che la struttura in cui il paziente inizia il suo percorso di cura possa offrire parallelamente al percorso di chemioterapia un percorso di supporto psicologico che possa aiutare ad accettare  e superare le difficoltà  che derivano da questo particolare momento della  propria vita, per acquistare fiducia nel programma proposto e accettare anche  l’eventualità che il programma avviato non porti gli esiti attesi e che si debba intraprendere una terapia di seconda linea, eventualità che purtroppo è possibile.      

L’inizio della terapia chemioterapica

L’avvio di un percorso di chemioterapia non è semplice: si ha la sensazione di non essere più la persona di prima, nascono dubbi e si affrontano, strada facendo, momenti di difficoltà, sia fisica che psicologica; a volte alcune complicanze possono rallentare il percorso e a volte le cure possono portare ad esiti non soddisfacenti. Fondamentale è quindi il rapporto di fiducia che si instaura con i propri medici di riferimento, la possibilità di dialogo e ascolto tra medico e paziente, affinché in qualsiasi momento nascano perplessità e problemi durante il percorso di chemioterapia possano essere chiariti e affrontati con tempestività.
Dott.ssa Federica Cocito – Comitato Editoriale FIL

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