Una performance che ha suscitato grande emozione, difficile da dimenticare: tra applausi e sorrisi densi di riflessioni nostalgiche lo spettacolo di Kaballà con il maestro Antonio Vasta ha davvero trasportato gli spettatori del Teatro Alfieri di Naso (Messina) in un itinerario ricco di tracce radicate nell’amata terra di Sicilia.
“Viaggio immaginario nella Sicilia della memoria” è un viaggio con diverse tappe percorse attraverso i ricordi dell’artista Giuseppe Rinaldi, in arte Kaballà, e letture tratte da romanzi che spesso hanno ispirato i suoi brani, a partire dalla sua condizione, di catanese emigrato a Milano proprio come Elio Vittorini, di cui interpreta stralci di “Conversazione in Sicilia”, opera approdata al cinema con “Sicilia!” di Huillet e Straub, mentre sullo sfondo della scena, tra Kaballà e Antonio Vasta al pianoforte, vengono proiettate immagini d’epoca.
Si prosegue raccontando il malessere di chi non è compreso, un malessere del quale solo la solidarietà e l’aiuto reciproco possono alleviare il peso. Kaballà interpreta il “Male di Luna” di Pirandello con le immagini dei Fratelli Taviani e la sua intensa canzone “Petra Lavica” richiama il costante dissidio interiore tra la necessità di lasciare la Sicilia, proprio perché è la Sicilia con tutti i suoi pro e contro, e la voglia di tornarci perché senza si sta ancora peggio. Il viaggio continua toccando il tema dell’amore, qui personificato nella figura della sirena Lighea, descritta nella novella di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e il filo conduttore resta pur sempre il tema dell’abbandono e del ritorno e dell’amore che lega al mare cantato nel suo brano “Sutta Lu Mari”.
Immagini del Gattopardo di Luchino Visconti, lo spirito della sicilianità che cambia per restare lo stesso, stralci del romanzo di Brancati di un (Don) Giovanni che parte per il nord ma che ritorna con amori folli nella camera della sua mente fa tornare la luna nel brano “Ventu D’Amuri”, luna calanti a forma di cuteddu che è preludio dell’ultima tappa: Lunaria. La Sicilia di Vincenzo Consolo, che come Kaballà ha lasciato la sua terra, ma non nel cuore, ispira la canzone “Notte di Palermo”, metafora della luna che cade a pezzi sulla città nella prorompente forza della lingua siciliana di Kaballà.
Il bis a fine spettacolo giunge a gran richiesta con due regali da parte di Giuseppe Rinaldi: l’interpretazione del testo da lui composto in siciliano della celebre serenata cantata nel film “Il padrino – Parte III” di Francis Ford Coppola e la proposta di “Echi d’infinito” interpretato da Antonella Ruggiero, vincitrice del primo posto nella categoria donne al Festival di Sanremo nel 2005. Applausi anche per le musiche composte dal Maestro Vasta che non accompagna Kaballà solo nella performance ma facendo suo quel viaggio. Il senso è proprio quello in fondo: partire da un vissuto, da un’esperienza personale, per coinvolgere il pubblico fino all’identificazione in quella memoria e, per molti, in quello stesso percorso.
«La Sicilia – dice Kaballà in conclusione – non è presente e futuro, è semplicemente la mia memoria, è quello che mi fa stare in pace con essa, con il suo mondo. È la mia Sicilia. Sicilia profonda, forte, di grande potenza che è sempre nel mio cuore. Una Sicilia senza tempo».
Il prossimo appuntamento della stagione “Il teatro siamo noi – #diversamentegiovani” coordinata da Oriana Civile è fissato per domenica 22 marzo alle ore 18:30 con “Il Signor Dopodomani. L’indicibile sproloquio di un condannato a vivere”, monologo di Domenico Loddo con Stefano Cutrupi, voce di Ada Cristiana Nicolò, regia di Roberto Bonaventura con aiuto regia Marcantonio Pinizzotto, elementi scenici di Carlo Omodei e costumi di Aurora Melito.
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