Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

#ioticredo

di Redazione

#ioticredoLe Onde Onlus: dare fiducia alla richiesta di protezione di chi denuncia la violenza maschile è il primo passo per prevenire il femminicidio

C’è un filo rosso che lega la sorte di Antonietta Gargiulo, ferita gravemente dal marito a Cisterna di Latina prima che costui uccidesse le loro figlie e si suicidasse, Immacolata Villani, uccisa a Terzigno (Napoli) l’altro ieri con un colpo di pistola dal marito che poi si è suicidato, e Laura Petrolito, ventenne ritrovata in un pozzo a Canicattini Bagni, nel siracusano, uccisa a coltellate dal compagno e padre di una delle sue due figlie.
Il filo rosso che lega queste tre donne è che tutte avevano deciso di uscire da un rapporto violento. Due di loro avevano anche denunciato l’uomo, Laura Petrolito aveva chiesto aiuto al padre. Questo filo rosso, la richiesta di protezione, unisce anche i figli e le figlie di queste donne.
In questi tre casi, come in tanti se non tutti i femminicidi che li hanno preceduti, c’è qualcosa che colpisce queste donne una seconda volta, come ha sottolineato Nadia Somma in un articolo pubblicato il 20 marzo sul suo blog. Si chiama vittimizzazione secondaria e va di pari passo con la sottovalutazione del pericolo di vita in cui si trovano le donne che cercano di uscire dalla violenza.
Ci ritroviamo ancora una volta a scrivere un comunicato stampa in cui poniamo l’attenzione su temi fondamentali per chi, come noi, lavora da decenni in luoghi che sostengono le tante donne che decidono di uscire dalla loro gravissima situazione di disagio dovuta alle violenze subite.
I temi riguardano:
• la mancata protezione delle donne che hanno già denunciato o che si sono rivolte alle forze dell’ordine o ad altri servizi (sociali, sanitari) per chiedere aiuto,
• i pregiudizi mal nascosti dentro frasi pronunciate da quelle stesse istituzioni che dovrebbero proteggere le donne e che invece le colpevolizzano per la violenza subita,
• la narrazione della violenza da parte di giornalisti e giornaliste.
Noi ribadiamo la necessità e l’urgenza di riaffermare : #ioticredo, il primo imprescindibile passo per evitare tragedie come quelle successe in questi giorni, come sottolineato da D.i.Re, la rete nazionale dei centri antiviolenza di cui anche l’Associazione Le Onde fa parte, nel documento preparato in occasione della Giornata internazionale delle donne .
Le donne che denunciano la violenza devono essere innanzitutto credute e la loro richiesta di protezione deve essere presa sul serio, perché:
• Il maltrattamento non è una lite coniugale, non è CONFLITTO, ma è VIOLENZA.
• Il 70% delle donne vittima di femminicidio aveva già denunciato il proprio aggressore, ma questo non è bastato a salvarle: perché la loro parola è stata valutata in modo isolato, decontestualizzato, parcellizzato.
• La violenza scaturisce sempre dall’incapacità maschile di tollerare l’autonomia, le capacità, la libertà di decidere e agire delle donne.Una donna non viene uccisa per gelosia o per un raptus di follia. I femminicidi sono reazioni alla forte determinazione delle donne a rompere un rapporto violento, protratto per anni, e spesso sono ben premeditati.
• I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che restano sole/i affrontano un trauma e un dolore moltiplicati, orfani della madre uccisa dal proprio padre, che ipoteca pesantemente il loro futuro.
Soprattutto non smetteremo mai di ricordare quanto stabilisce la Convenzione di Istanbul legge anche per l’Italia:
Aiutare le donne ad uscire dalla situazione che vivono a causa della violenza richiede un sistema di intervento complesso ed integrato in cui siano assicurati servizi specifici dedicati (Centri Antiviolenza) e servizi generali in cui esercitino operatrici ed operatori formati. Tutto il sistema deve intervenire e proteggere. Le donne meritano di essere credute quando hanno paura per sé e per i propri figli.
Ma non basta aver ratificato la Convenzione di Istanbul. Occorre anche darle piena e reale attuazione, se non vogliamo continuare a piangere e ad indignarci per i femminicidi.

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.