Cento litri di olio estratti da trecento chili di olive. Sono il risultato della prima raccolta simbolica avvenuta all’interno del Parco archeologico di Segesta.
25 alberi di ulivi
Si tratta del frutto di 25 alberi di ulivo che versavano in stato di abbandono. E che da quest’anno, grazie all’attenzione della direttrice del Parco, Rossella Giglio, sono stati curati e “messi a reddito”. Tutto nella logica di recupero e custodia di quel paesaggio. Paesaggio che, insieme alle vestigia monumentali, contribuisce a rendere l’area archeologica di Segesta un luogo di bellezza senza tempo.
“I nostri parchi archeologici vivono in contesti ambientali che il tempo sembra non aver mutato. Oggi il visitatore ha la possibilità di assistere al miracolo della storia respirando la stessa aria e godendo degli stessi scenari naturali di cui hanno goduto gli antichi abitanti. Il recupero, oltre che del patrimonio monumentale anche di quello ambientale è un segno dell’attenzione che la direzione del Parco archeologico, in linea con gli indirizzi del governo regionale, sta prestando al contesto paesaggistico recuperandone, gradatamente, la piena fruibilità e bellezza.
Dopo il grano di Selinunte, il vino e l’olio del Parco della Valle dei Templi di Agrigento, l’olio di Segesta rappresenta il segno di uno sguardo nuovo sulla storia. Non solo attraverso la ricerca di nuove emergenze monumentali per le quali in primavera è stato annunciato l’avvio di importanti convenzioni con Università di tutto il mondo – ma anche quel contesto agricolo che ha caratterizzato l’economia delle popolazioni che hanno abitato la collina”.
Gli ulivi fanno parte della storia di Segesta
Fino ad oggi gli alberi del Parco non erano stati mai potati. E mai prima d’ora la direzione del Parco aveva dato luogo a una raccolta ufficiale di olive. «Gli ulivi fanno parte della storia di Segesta. E richiamando Tucidide – dice la direttrice del Parco, Rossella Giglio – mi piace ricordare che i popoli del Mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie quando impararono a coltivare l’olivo e la vite. Attraverso questo intervento abbiamo iniziato a curare anche la vegetazione che consideriamo componente essenziale del parco stesso. Il prossimo intervento sarà il recupero del vigneto che si trova sparso in più punti dei 180 ettari del Parco”.
Addetto Stampa
Maria Giambruno