L’alcolismo non è una dipendenza assimilabile alle condizioni sociali, ma una vera e propria malattia individuale. L’apertura agli altri, la condivisione, il sostegno reciproco rappresentano la via per uscirne. Ed è ciò che si tenta di fare nelle associazioni di sostegno attraverso i programmi di recupero
Di Massimo Oriti
Esiste, nella società in cui viviamo, una realtà parallela quasi ignorata. Una realtà fatta di dolore e grandi difficoltà, da cui chi si trova a viverla non uscirà indenne, ma da sopravvissuto. E il mondo delle dipendenze.
Oggi, parlare di tossicodipendenze rimanda a un idea ben delineata, in cui tutte le sostanze stupefacenti hanno una precisa immagine di riprovazione e avversione nell’immaginario collettivo. Ma ci sono altre sostanze, anch’esse distruttive, che non ricevono la stessa etichetta: si tratta dell’alcool. “La realtà dell’alcolismo oggi in sicilia – spiega Bruno, componente da oltre vent’anni dell’associazione Alcolisti Anonimi, che preferisce in linea con le regole dell’associazione, mantenere un anonimato parziale – è pervasiva. Ai nostri gruppi d’ascolto si avvicina gente di qualsiasi ceto e condizione economica. Anche uomini e donne della Chiesa, giovani di qualsiasi età e giovanissimi. Purtroppo, l’alcolismo ha una dimensione trasversale rispetto alle categorie con le quali siamo soliti dividere la società”. Invece, l’idea comune dell’alcolista è quella del barbone avvinazzato che barcolla per le strade o quella del vecchio avventore della bettola, assimilando questa dipendenza ai più bassi e degradati strati sociali. “In realtà – continua Bruno – l’alcolismo non è una dipendenza riconducibile a condizioni sociali particolari, ma è una vera e propria malattia individuale. La definizione che ne dà l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, è di una malattia inguaribile, progressiva e mortale, non facendo alcun riferimento all’identità sociale dell’alcolista. In effetti, le cause dell’alcolismo vanno sempre ricercate nella psiche dell’alcolista. E’ nella sua mente che si trovano le motivazioni primarie che lo hanno spinto a bere. Per questo colpisce tutti i livelli della società”.
Esiste, dunque, uno specifico identikit dell’alcolista e del potenziale malato. In genere si tratta di un individuo con grosse difficoltà relazionali. “L’immagine dell’alcolista ritrae sempre una persona dipendente, immatura, insicura, narcisista, egocentrica, che tende a sottrarsi alle responsabilità – spiega Bruno -. Quando le cose si fanno difficili, si nasconde dietro la bottiglia, così spariscono problemi, ansie e paure. Si può divenire alcolista anche per troppa timidezza nei confronti degli altri, o per avere una marcia in più con le donne o, ancora, per superare tutti gli esami della vita. C’è chi come me, ad esempio, proviene da famiglie tranquille, senza grossi problemi e, magari, con un lavoro avviato, ma per affrontare con giusto piglio la vita di tutti i giorni, crede che gli sia necessario qualche bicchiere. L’alcool, infatti abbatte i freni inibitori della psiche, diventando il rimedio indispensabile per affrontare le difficoltà reali o presunte tali”.
La dipendenza ha dunque una dimensione tutta psichica. Ma come è possibile che compresi i danni devastanti dell’alcool, l’alcolista non riesca a porvi rimedio da solo.
“Ci sono due tipi di dipendenza che lavorano contemporaneamente – spiega ancora Bruno -. Una è quella mentale: l’alcolista ha una personalità estremamente fragile, per la quale la sola idea di abbandonare la bottiglia lo terrorizza letteralmente. Questa è pur sempre la stampella sulla quale poggia la propria vita. L’altra dipendenza è fisica: il corpo dell’alcolista, dopo un certo tempo, va in assuefazioni perché ingenti quantitativi di alcool inducono l’organismo a produrre una sostanza che, immessa nel sangue, ha il compito di attenuarne l’effetto. Perciò per ottenere la stessa sensazione, l’alcolista neessita sempre di un quantitativo superiore di alcool. Quando ritiene di dovere smettere o attenua la quantità di alcool ingerita, quella sostanza continua a essere immessa nel sangue nelle stesse precedenti quantità, creando un danno per l’organismo stesso, poiché se in eccesso provoca profondi scompensi. Per ridurre gli scompensi, l’alcolista, paradossalmente, è costretto a continuare a bere”.
Partendo da questa realtà, l’associazione, da ormai sett’anni, si impegna per il recupero dalla dipendenza dall’alcool. “La nostra associazione fa del rapporto interpersonale – riprende Bruno – la chiave di recupero degli alcolisti. Ogni alcolista che ci contatta trova un gruppo ristretto di persone con le quali, nel più assoluto anonimato, sa di potersi completamente aprire”. All’interno del gruppo egli diviene uno fra tanti, uguale agli altri, accettato e accolto per quello che è. Trova il sostegno che spesso la famiglia non riesce a dargli”.
Il programma di recupero prevede dei passi che contemplano, in primo luogo, l’accettazione della condizione di alcolista e, in secondo luogo, si procede a una verifica di se stessi e alla conoscenza delle proprie qualità e dei propri difetti. Si tenta inoltre di recuperare le relazioni con gli altri e infine di dare stabilità ai risultati raggiunti, cercando insieme di contribuire al recupero di altri alcolisti.