Coniugare una vita pienamente immersa nei problemi del tempo e la fede nella Parola che non passa. E’ raccolta in questa frase l’essenza della vita religiosa di Padre Ernesto Balducci, raccontata da Rosario Giué nel suo ultimo lavoro, dedicato al sacerdote a vent’anni dalla sua morte
Nell’antica Badia Fiesolana, alle porte di Firenze, padre Ernesto Balducci pronunciava le sue omelie che, dagli anni Settanta fino alla Pasqua del 1992, furono registrate e pazientemente trascritte, poi pubblicate in dieci volumi. A vent’anni dalla morte del prete toscano (25 aprile), che rappresenta una delle figure più libere e originali della Chiesa italiana e della società della seconda metà del Novecento, Rosario Giué, ne scrive un libro con il segreto desiderio che altri uomini e altre donne possano accostarsi alla meditazione balducciana e suscitare nuove passioni e nuove speranze. Il libro narra come nascevano quelle omelie, quali ne erano il linguaggio, le caratteristiche e i temi essenziali o più ricorrenti, il loro essere delle meditazioni. Per Balducci era necessario “… coniugare una vita pienamente immersa nei problemi del tempo e la fede nella Parola che non passa…”. Egli era convinto che la parola di Gesù di Nazaret, se opportunamente liberata dai rivestimenti religiosi e da appropriazioni indebite, può ancora essere accolta come qualcosa di inedito, capace di svegliare dal sonno le coscienze e stabilire il diritto, prima di tutto a favore degli scartati della terra. Ritornare a quelle omelie è un’occasione per trarre motivi di ispirazione a vivere il Vangelo nella storia in vista dell’adempimento delle promesse di Dio. Per la Chiesa italiana rivisitare il servizio della Parola di Balducci può essere un’occasione per liberare il Vangelo e se stessa da incrostazioni non necessarie o inopportune.
Dalla Prefazione di Raniero La Valle
“Per molte ragioni si può dire che la testimonianza di padre Balducci non è chiusa; al contrario, essa sopravvive e ancora fermenta e inquieta; toccherà poi a ciascuno decidere se quella testimonianza è ancora utile alla sua intelligenza delle cose e prodiga di significati per la propria vita, personale e pubblica. Nelle sue omelie c’è Ernesto Balducci con la sua cultura, la sua pietà, la sua teologia, ma nello stesso tempo c’è l’eccedenza dello Spirito che si faceva presente e attuale nella parola di Dio che presiedendo all’eucarestia egli commentava.
Stava in ciò la qualità di questa predicazione: del tutto indipendente dai manuali su cui i preti si formavano, ma interamente tributaria del Concilio, tutta misurata e modellata sulla parola di Dio letta e ascoltata nell’oggi. Ed è lo stesso Balducci che dichiara questa indissolubile contiguità tra il suo tempo, la sua parola e la parola di Dio, quando rivela che per preparare le sue omelie, lette le Scritture e i giornali del giorno, passeggiava a lungo nel chiostro. E meditava per vedere in che modo la Parola biblica incrociava e illuminava gli eventi della Storia che in quel momento si stavano vivendo».