Era tutto convulso in mezzo al mare, tra schizzi di sangue salato e i disperati movimenti sinuosi dei tonni che provavano inutilmente a liberarsi dalla trappola in cui erano caduti. Sincronico il movimento dei tonnaroti che, sul bordo delle barche, lungo la camera della morte in cui si consumavano le ultime ore di vita dei tonni, celebravano un rito, che prendeva vita ogni anno in diverse località del Mediterraneo. Mare dove le tonnare sviluppavano un’economia legata alla pesca e alla lavorazione del tonno: una su tutte l’isola di Favignana. Colonna sonora di questo viaggio nel dolore le cialome, portatrici di melodie forti del coraggio proveniente dagli abissi del mare.
Un rito che aveva come protagonista il Rais, figura responsabile della scelta del sito della tonnara e della posa delle reti, al quale ci si rivolgeva con rispetto, le cui decisioni non venivano mai discusse, anche perché frutto di un’esperienza fatta sul campo.
E mentre la mattanza prendeva vita, ecco il canto dei tonnaroti, sempre più ritmati, sempre più incalzanti a sottolineare la durezza di una tradizione che richiedeva grande energia e coraggio. Una tradizione ormai in disuso. Fortunatamente.
Inevitabile rimanere rapiti dal fascino delle cialome
Veri e propri canti del mare, preghiere, invocazioni capaci di creare comunità solidali in attesa di un riscatto. Queste erano le cialome.
Suggestioni, come solo la musica sa regalare, che arrivano in teatro e che nelle prossime due domeniche di giugno, il 9 e il 15, riempiranno la Sala Strehler del Teatro Biondo, dove il regista Vincenzo La Lia porterà lo spettacolo dal titolo, neanche a dirlo, “Cialome”.
Un insieme di emozioni tinte di rosso, come la passione dei pescatori per un mestiere che scorre nelle loro vene, ma anche come il sangue dei tonni nei cui occhi, una volta entrati nella camera della morte, leggi la consapevolezza del loro destino.
«Lo spettacolo ha qualcosa di mitologico – spiega il regista – perchè c’è anche la figura di una sirena ambientalista che seduce un giovane che poi diventerà Rais. Una storia nella storia. I due innamorati entreranno in contrasto rappresentando lei il mare e l’ambiente, da proteggere, mentre lui si ritroverà a sfruttare, per sfamarsi, l’elemento senza il quale lei non potrebbe esistere e vivere».
Un viaggio, quello che ci invita a fare “Cialome”, anche nei miti
Come quello della Dragunara, legato alla leggenda secondo cui si narra che i marinari potevano sconfiggere un ciclone che avvolgeva il mare colpendo con un pugnale un punto preciso che lo indeboliva e annullava.
«A dire il vero – aggiunge La Lia – questo spettacolo nasce dal racconto reale di una donna di Porticello diventata marinaio. Faceva parte di una famiglia numerosa, cinque figlie, il cui padre si ritrovò costretto a dirle che, per aiutare la famiglia, doveva seguirlo in barca e diventare marinaio a tutti gli effetti. Lei lo diventerà, riuscendo a creare una propria famiglia e mettere al mondo, anche lei, 5 figli. Ho voluto prendere spinto da questa storia per raccontare il ruolo della donna nelle società marinare. Un ruolo che è di donna matrona, alla quale spetta la gestione di tutto. Vuoi o non vuoi, infatti, mentre l’uomo rimane fuori in mare anche per diversi giorni, a chi tocca crescere i figli ed educarli, chi bada alla casa? Da siciliano non potevo non raccontare un elemento fondamentale della mia terra, il mare, rendendo omaggio alla Sicilia attraverso le donne».
Mondi affascinanti che si incontrano
In scena, pronti a dare il meglio di se stessi: Ester Badami, Maria Teresa Cardile, Maria Rita Dioguardi, Daniela Lo Cascio, Emilia Lombardi e Carlo D’Aubert. Musiche originali di Salvio Trentacoste, anche alla chitarra, percussioni di Ettore Di Salvo. Le scenografie sono di Giovanna Grammauta.
Intreccio di emozioni, interazioni che, proprio sul palcoscenico, trasformeranno in chimica le relazioni tra leggenda, tradizioni e arte.