Lo stupore appartiene a chi fruisce della maestosità del teatro e i luoghi deputato a ospitarlo devono essere inevitabilmente capaci di provocarlo. Ancor di più quando a raccontare la sontuosità nelle architetture teatrali e la qualità scenica dei teatri italiani sono interventi di coloritura a mano che consentono ai luoghi di “esercitare l’immaginario”, dando modo all’artista di rileggerli e riconsegnarli in una luce nuova e piena di incanto.
Tutto questo avviene nella mostra “Teatralità – Architetture per la meraviglia” di Patrizia Mussa, curata da Antonio Calbi, da poco inaugurata e visitabile sino all’9 settembre a Villa Zito.
Promossa da Fondazione Sicilia, l’esposizione è stata prodotta da Studio Livio con il sostegno di Gemmo spa e il patrocinio del Comune di Palermo e dell’Assessorato comunale alla Cultura.
Oltre 70 le immagini di grande formato caratterizzati da interventi di coloritura a mano che restituiscono un percorso di analisi sulla teatralità in architettura e sulla qualità scenica dei teatri di tutta Italia. A impreziosire ulteriormente il percorso una sezione dedicata alle incisioni d’epoca dal titolo “Teatri antichi di Sicilia nella collezione di stampe e disegni della Fondazione Sicilia”, curata dallo storico dell’arte Sergio Troisi.
Un viaggio tra i luoghi e le architetture
Dai primi teatri non provvisori di Vicenza, Sabbioneta (MN) e Parma – che segnano il passaggio dai teatri di corte agli edifici veri e propri – al Teatro alla Scala di Milano, dal Teatro San Carlo di Napoli al Teatro La Fenice di Venezia, dal Teatro Regio di Torino al Teatro Argentina di Roma, dal Teatro della Pergola di Firenze al Teatro Massimo di Palermo, unitamente ad alcune architetture che testimoniano la vocazione “teatrale” di certa architettura civile italiana: come la Reggia di Venarìa, quella di Stupinigi, la Reggia di Caserta, Palazzo Grimani a Venezia.
Un percorso anche storico attraverso il sontuoso patrimonio architettonico teatrale, ma sviluppando l’idea stessa del teatro quale “agorà sociale”, luogo per la comunità in cui riunirsi, guardare ed essere guardati, sorta di tempio laico “dove può affiorare l’intangibile – spiega il curatore Antonio Calbi – e dunque sono ambiti dell’anima, della visione e dell’ascolto (…) “spazi liminali” dove è possibile superare il dato reale per provare a sfiorare il mistero che si nasconde dietro le cose”.
Una mostra itinerante e ancora “in divenire”
Altri celebri teatro italiani completeranno il progetto arricchendolo di nuove opere ancora inedite: per esempio il Teatro greco di Segesta (II sec. a C.), uno dei gioielli del patrimonio archeologico dell’isola; il Teatro Politeama di Palermo; la settecentesca Villa Palagonia di Bagheria, visitata e resa celebre da Goethe nel suo Viaggio in Italia e nota già da allora per le eccentriche sculture di mostri che la decorano; il Teatrino settecentesco che, a inizio ‘900, Ottavio Lanza di Branciforte, principe di Trabia, portò con sé a Parigi facendolo smontare da Palazzo Butera e che oggi è allestito della sede parigina dell’Ambasciata d’Italia (rue de Varenne) in Francia.
Per la prima volta nella produzione dell’artista, infine, anche un edificio sacro, la Chiesa del Gesù di Palermo, della quale Mussa ha colto la spiccata teatralità dei volumi e dei decori.
Un linguaggio che sembra, a prima vista, di natura oggettivante, per l’uso della luce naturale, la visione frontale, il fuoco totale, che si inseriscono in una calibrata “narrativa”, razionale e cristallina. E’ quello che adotta Patrizia Mussa, per la quale la fotografia è solo il punto di partenza.
Dopo aver fissato la veduta e realizzato la stampa su carta cotone, infatti, l’artista interviene con i pastelli colorati per ripercorrere i dettagli – rendendola molto simile a un dipinto o a un arazzo -, marcando così una distanza definitiva dal linguaggio meramente fotografico per approdare in un campo artistico ancora senza nome dove l’atto fotografico si unisce al gesto pittorico.
«E la bella parola che definisce la scrittura con la luce, per il suo lavoro, non è sufficiente – scrive la storica della fotografia Giovanna Calvenzi nel suo testo in catalogo – . Servirebbe un neologismo».
«Ne risultano figurazioni inedite – aggiunge il curatore, Antonio Calbi – che appartengono alla concretezza dell’esistente e del suo dato storico e allo stesso tempo se ne emancipano, assumendo dimensioni altre, quasi metafisiche. […] I teatri fotografati e rielaborati da Patrizia Mussa sono quintessenze formali, poesia visiva, esistenzialismo pittorico senza figure umane».
L’arte diventa occasione per fare esperienza di sensi
L’intento di questa particolare ricerca dell’artista non è restituire una catalogazione dell’architettura dei teatri italiani, quanto rivivere e restituire un’esperienza personale attraverso il gesto artistico.
«Un lavoro di rigore e ripensamento – spiega la stessa Patrizia Mussa –, uno sguardo ad occhi socchiusi, l’innesco di un processo onirico, di smagliatura, di impoverimento, la ricerca di una radice, di un’anima, di un altro significato; una sorta di radiografia, di istantanea retinica o corticale, impressa su un velo sottile».
Una mostra che fa viaggiare con la mente, ma che intende farlo anche fisicamente. Dopo Palermo, “Teatralità – Architetture per la meraviglia” farà tappa a Roma, Vicenza e, nella primavera 2025, a Parigi, nelle sale del settecentesco Hôtel de Galliffet, sede dell’Istituto Italiano di Cultura.