Non solo mala politica, ma anche una diffusa e generalizzata ignavia alla base dello sfascio della cultura nel paese che è stato fra le culle della civiltà e che ha dato i natali a molti dei principali artefici del sapere umano
di Salvo Ferlito
<<Piove, governo ladro>>, si potrebbe legittimamente dire in riferimento alla catastrofica situazione della cultura nel nostro ‘bel’ paese. Basterebbe, infatti, dare un breve sguardo alle ultime norme sulla semplificazione elaborate dal governo dei tanto incensati ‘professori’, e in particolare a quella che prevede l’automatico silenzio-assenso delle sovrintendenze dopo soli sessanta giorni dalla richiesta di licenze edilizie per terreni o luoghi potenzialmente di interesse storico-artistico o paesaggistico, per comprendere appieno come la nostra classe dirigente (tutta quanta, senza esclusione di alcuno) ottemperi ai soli dettami del subitaneo ‘pecunia non olet’, fottendosene altamente d’una gestione lungimirante (non solo da un punto di vista educativo, ma anche e soprattutto economico) e d’una adeguata conservazione e fruizione dei beni culturali, e più in generale di quanto attiene al variegato mondo del sapere e della cultura. E tutto ciò, non lo si dimentichi mai, in una nazione che vanta il possesso del 60 per cento circa di tutti i beni storici e artistici del pianeta, e che ha dato i natali, sin dalla più lontana antichità, a filosofi, letterati, pittori, scultori, scienziati, fotografi, cineasti, commediografi, attori, che hanno realmente e significativamente fatto la storia del pensiero e della cultura umana.
Tuttavia, poiché il <<pesce fete non solo dalla testa, ma purtroppo anche dalla coda>>, bisogna, almeno una tantum, prendere in considerazione le enormi responsabilità che in questo totale naufragio hanno anche i cittadini comuni, ovvero quei numerosi componenti della ‘società incivile’ (perché, spiace dirlo, di ‘civile’ in giro si vede assai poco) che col loro incessante contributo quotidiano (dall’assoluta sciatteria nel parlare e nel relativo pensare alla totale indifferenza per l’oltraggio ai monumenti e all’ambiente, dall’asservimento alle logiche della più ottundente propaganda mediatica al completo analfabetismo di ritorno) si rendono pienamente partecipi dello sfascio generale.
Quanti, infatti, sussultano di fronte a marchiani errori di grammatica nel parlare (quelli, per intendersi, che in altri tempi causavano pessimi voti e bocciature) quali quelli ben evidenti in espressioni ormai comuni come <<la maggior parte degli individui sono>> (in realtà <<la maggior parte degli individui è>>, in quanto, non lo si dimentichi, la persona del predicato, cioè del verbo, si correla al numero del soggetto, che nello specifico è il singolare <<parte>>, e non a quello del complemento di specificazione, cioè il plurale <<degli individui>>, come ormai è tristemente d’uso abituale), disinvoltamente spacciati dai giornalisti in primis e allegramente ripetuti senza un minimo di riflessione pressoché da chiunque altro? Quanti, imbattendosi in una parola non comune o desueta, hanno la curiosità (ed anche l’umiltà) di andarne a cercare il significato in un vocabolario, sì da poter allargare le proprie capacità espressive e linguistiche?
Quanti, in quest’epoca di sterili e restrittivi iperspecialismi, riescono a coniugare conoscenze scientifiche e sapere umanistico? Quanti, che non siano per l’appunto ‘specialisti’ delle materie, hanno quelle minime conoscenze di biologia, anatomia e fisiologia del corpo umano che consentano di conoscerne e capirne il corretto funzionamento (e quindi di individuarne le eventuali disfunzioni)? Quanti, viceversa, fra coloro che esercitano professioni tecnico-scientifiche, sono minimamente in grado di approcciare la poesia, la letteratura o le arti visuali senza la mediazione obbligata dei rispettivi ‘specialisti’? Quanti, fra gli abituali (e purtroppo esigui) acquirenti di libri, si accostano ai classici (ancor oggi determinanti ai fini dello sviluppo d’una cultura che sia realmente strumento di interpretazione e comprensione della realtà circostante, e quindi di liberazione da gabbie propagandistiche e pregiudizi d’ogni sorta) e non alla tanta (troppa) spazzatura editoriale, fatta di istant books malamente redatti da ghost writers al soldo delle più ignoranti vedettes televisive o sportive?
Quanti, infine, sono realmente in grado di pensare con la propria testa e non sono ‘agiti’ (come burattini) da schemi precostituiti, elaborati da strateghi del marketing e della comunicazione che invece (loro sì) hanno letto Voltaire, Balzac e Dostoèvskij, e probabilmente sanno ben distinguere un quadro rinascimentale da uno barocco, guardano film d’autore, e magari sono anche appassionati di scienze esatte?