Parla Dario Piombino-Mascali, giovane antropologo di Messina che, con il Progetto Mummie Siciliane, si batte per la conservazione e la tutela di questi sensibilissimi reperti
di Giusi Serravalle
I corpi mummificati per lui non hanno segreti: da quelli che “abitano” i posti vicino alla sua Messina a quelli dislocati negli antri più remoti, che lo hanno portato, tra l’altro, fino alle Filippine, le cui mummie non erano mai state studiate prima. A dispetto dei suoi 35 anni, Dario Piombino-Mascali, ricercatore affiliato alle università di Zurigo e di Vilnius, vanta un curriculum chilometrico e un’altrettanto chilometrica esperienza in fatto di corpi mummificati. Una professione, quella di studiarle, che investe moltissimi aspetti, da quelli legati alla biologia e alla fisica a quelli che coinvolgono l’aspetto più squisitamente storico e culturale.
«Ma il primo elemento di cui si deve tenere conto è senza dubbio quello che riguarda la bioetica e il rispetto di reperti così particolari – dice Piombino-Mascali – si deve sempre tenere presente che si ha a che fare con individui realmente esistiti, per i quali, spesso, la mummificazione aveva un preciso significato. Alle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, per fare un esempio, questo trattamento rispecchia il modo di concepire la morte dei nostri progenitori: attraverso la conservazione del corpo, il rapporto tra vivi e morti non veniva mai meno completamente, anzi si consolidava».
Ispettore onorario del patrimonio bioantropologico mummificato della Regione Sicilia, instancabile promotore del “Progetto Mummie Siciliane”, il giovane antropologo è anche il curatore scientifico delle Catacombe dei Cappuccini, per cui sta conducendo una battaglia strenua e testarda. Sorride, lo studioso, nel sentire quest’ultimo aggettivo: «È vero, è una battaglia testarda, ma vale la pena di essere combattuta. Credo di conoscere le Catacombe come nessun altro e purtroppo, come abbiamo più volte segnalato attraverso i mass media e la corrispondenza istituzionale, versano in condizioni di estremo degrado. Se le condizioni ambientali del sito e le sue mummie non verranno bonificate al più presto, il rischio concreto è perdere per sempre un patrimonio importantissimo non solo per la Sicilia, ma per tutto il mondo. Da anni mi batto per restaurare le Catacombe, ma ci vogliono fondi e purtroppo mancano. Confido molto nella segnalazione del sito al World Monuments Fund, che si occupa del monitoraggio ed eventualmente del recupero delle realtà più rilevanti».
In ogni battaglia, per quanto i tempi storici siano duri, ci sono alleati e oppositori: ce lo insegna Propp nella sua “Morfologia della fiaba”, ma si può applicare perfettamente anche nella realtà.
«È vero. Io ho trovato degli ottimi interlocutori, ad esempio, nella Soprintendenza e nel Comune di Palermo, nel personale di biblioteche e archivi, dove conduco parte delle mie ricerche, e in generale in tutte quelle persone che pensano che un bene culturale vada tutelato a prescindere dalle esigenze dei singoli, perché è la nostra memoria. In questo senso, ogni tanto trovo ostacoli in chi pensa che le mummie siano un tabù, in qualche modo un sinonimo di morte. Niente di più falso: la morte e la vita sono aspetti di un’unica realtà. Le mummie dei nostri antenati ce lo insegnano».