Siamo al primo giro di boa della nuova avventura a sindaco di Leoluca Orlando. Come sta la città?
di Marco Corona
È passato un anno dal trionfo elettorale di Orlando a Palermo, l’ennesimo, che se volessimo ricordarli tutti dovremmo necessariamente andare a scartabellare su Google.
Oltre il 70%, questo il risultato roboante di Orlando alle amministrative del maggio 2012. Vuol dire che oltre sette votanti su dieci hanno messo la loro crocetta sul nome di chi il sindaco lo sa fare. Lo sa fare, sì, perché lo ha saputo fare in passato e questo ha contato parecchio nel determinare il voto, anche perché, grazie alle prestazioni non proprio esaltanti di chi ha occupato la poltrona di primo cittadino dopo di lui – ma anche prima, visto che dalla prima nel lontano 1985 questa è la sua quarta sindacatura – per tantissimi palermitani le uniche esperienze legate a Palazzo delle Aquile degne di essere ricordate sono quelle che portano la sua firma. Esperienze fatte di eventi, iniziative, battaglie, progetti che, tutti insieme, hanno dato vita alla cosiddetta primavera palermitana.
Ecco, il sogno di rivivere un’altra primavera, di veder rifiorire la città, è stato il potente propulsore che ha portato alle percentuali bulgare che abbiamo detto. Un sogno condiviso dal centro alle periferie, dai salotti buoni come dai tuguri di qualche basso a Ballarò – che non è la trasmissione televisiva – da chi spera che il sinnaco Ollando gli trovi un lavoro e da chi è attratto dal fascino del professore universitario con amicizie ultra vip. Un sogno capace di attrarre un consenso, potremmo dire tripartisan, da sinistra a destra, passando per l’immancabile, robustissimo centro di sempiterna indole democristiana, che tanto in auge sta tornando in questi giorni nel palcoscenico della politica nazionale.
Allora? Cosa non è andato per il verso giusto? Perché l’entusiasmo che si respirava al quartier generale del sindaco subito dopo i risultati, quando si è capito che non si era vinto ma stravinto, sì è, coRme dire, evaporato nel breve lasso di tempo da un maggio a quello successivo? Più che evaporato, forse è stato risucchiato dai miasmi della munnizza lasciata sulle strade ad avvelenare l’aria, già appestata da livelli record di polveri sottili. Cumuli e cumuli di spazzatura in ogni dove, che fosse un angolo di salotto buono o un non luogo di qualche anonima periferia, immagini vergognose con cui abbiamo accolto i temerari turisti e che hanno fatto il giro del mondo, andandosi a sovrapporre a quelle un po’ più datate, ma altrettanto vergognose, di Napoli. È vero, Orlando non c’entra niente con la disastrosa situazione dell’azienda che dovrebbe – anzi, visto che è appena fallita, che avrebbe dovuto – occuparsi della raccolta dei rifiuti, ma i rifiuti c’entrano eccome con la sensazione di scoramento e rassegnazione che sta prendendo i palermitani. Certo, sognare l’avvento di una nuova primavera orlandiana, oltre le bassezze della politica attuale, e ritrovarsi la città sporca e maleodorante come mai, perfetto set per l’ex coppia Ciprì e Maresco, beh, altro che sfera onirica, siamo nel pieno di un incubo, e di quelli molto brutti. Eppure lo sapevamo, e lo sappiamo, lo diciamo negli ascensori, nelle sale di aspetto, nei mezzi pubblici: le stagioni, più o meno mezze, non ci sono più.
La nuova primavera, dunque, per ora rimane solo nei ricordi nostalgici di tanti palermitani e, certamente, nelle intenzioni e negli impegni del sindaco, anche lui, però, di gran lunga meno baldanzoso e spumeggiante rispetto ai primi mesi. Ha una maggioranza stratosferica nel Palazzo, ma il suo partito non esiste più, distrutto sostanzialmente nello spazio di una puntata di “Report” – stavolta sì, parliamo della trasmissione televisiva – e si ritrova attaccato da mezzo mondo. E tra la gente, pigra e come sempre vogliosa dell’uomo forte che fa tutto, anche i miracoli, da poter commentare comodamente al bar, il suo carisma perde qualche colpo e aumentano delusione e disincanto. Ridotta in ginocchio dagli Rsu – i rifiuti solidi urbani – messa continuamente a ferro e fuoco dagli Lsu, dagli ex Pip, da quelli della Gesip, dai forestali, da quelli della Formazione e da chi più ne ha più ne metta, la città si sta dunque smarrendo nella nostalgia di una stagione molto probabilmente irripetibile.
Forse, buon ultimo, anche il sindaco, con rassegnazione, se ne sta rendendo conto. Lui che, per primo, pur avendo definito il lavoro che lo aspettava un impegno da far tremare i polsi, ha creduto nel remake del miracolo primaverile. A tutti i palermitani solo un piccolo memento: ricordarsi del recente passato, una decina d’anni che hanno precipitato la città in un inverno più che siberiano, da ogni punto di vista, nonostante la febbrile attività di skipper e barche a vela. E l’augurio sincero che Orlando possa ancora salvare Palermo e riportarla in serie A. D’altronde, chi se non lui, considerato che il Cavaliere deve salvare l’Italia e la pattuglia Marvel ormai ha trasferito superpoteri e bagagli a Hollywood e si è data al cinema?