Un allestimento ancora una volta dominato da fantasie registiche e trovate scenografiche, ma con scarse possibilità economiche
Di Federico di Napoli
<<Se quel guerrier io fossi…Se il mio sogno s’avverasse>>. Avrà così pensato, sognando d’essere il responsabile della messa in scena dello spettacolo, qualsiasi vero amante della lirica. Almeno credo, ma forse sì! La scarna scenografia, residuato bellico dei conflitti di NABUCCO che hanno anche bloccato il palcoscenico girevole, è ampiamente giustificata alla luce dei dolorosi tempi di vacche magre che affliggono il mondo dello spettacolo (ed in particolare quello del melodramma già da un “pochito de tempo“), anche se le alternative – a nostro modesto avviso – non mancavano di certo! L’impostazione da teatro greco poteva anche andar bene, ma non favoriva sicuramente i cantanti, come nel caso del bravo Alberto Mastromarino, alias Amonastro, costretto, per uscire dal suo nascondiglio (da dove avrebbe dovuto ascoltare le confidenze di Radames alla figlia AIDA) e per raggiungere la sommità della suddetta scenografia teatrale classica, a sbucare macchinosamente da una botola e ad arrampicarsi su di una scomoda scaletta, per poi infine scendere “gloriosamente” la bella rampa di gradoni ed intimare a Radames (dal centro del palcoscenico, ma ben lontano dal proscenio dove si trovava il prode guerriero) la fatidica frase: <<...Ivi saranno i miei>>.
Marianne Cornetti
ha dato una buona interpretazione di Amneris, anche se l’assurda scenografia – vero e proprio ostacolo fuori posto – le ha fatto letteralmente uno sgambetto, causandole, proprio mentre ringraziava il pubblico, una pericolosa perdita d’equilibrio, che avrebbe potuto farle seriamente del male, se non fosse stata prontamente sorretta dai colleghi. Il soprano cinese Hui He, dal canto suo, ha riscosso grandi applausi tra il pubblico per la sua limpida espressione vocale nei panni di Aida. Jorge De León, a sua volta, un Radames che, per quanto fiaccato dalla battaglia, ha saputo tuttavia superare congruamente le avversità che lo coinvolgono nell’opera. La sacerdotessa Valeria Sepe, che umilmente canta da dietro le quinte, ha anch’essa molto ben espresso il misticismo che la scena impone. Angelo Villari, infine, da più d’uno definito un “messagero sprecato”, poiché la sua voce chiara e potente è parsa come costretta in un ruolo limitativo da “semplice messaggero stanco e affannato”, quando invece avrebbe meritato – senza alcun dubbio – un utilizzo ben più appropriato, quanto meno in un ruolo da ufficiale condotto da un auriga su una bella e comoda biga.
Il tutto, inoltre, è stato accompagnato dall’attenta conduzione di Stefano Ranzani.
La certezza che l’acustica del teatro non sia più quella di prima dei “restauri”, contribuendo non poco alla qualità (?) degli spettacoli, è una triste realtà e amareggia non poco! Ma Verdi è sempre Verdi anche se …. Ma è giusto parlare solo di musica e non accennare minimamente ai veleni che sono propinati da troppo tempo ai teatri italiani.
Cast
Il re
Gianluca Breda
Amneris
Marianne Cornetti (12, quattordici, 16, 18) Katarina Giotas (13, 17)
Aida
Hui He (12, 14, 16, 18) Mary Elizabeth Williams (13, 17)
Radames
Jorge De León (12, 14, 16, 18) Lorenzo De Caro (13, 17)
Amonastro
Alberto Mastromarino
Ramfis
Alexei Tanovitski (12, 14, 16, 18) Ramaz Chikviladze (13, 17)
Un messaggero
Angelo Villari (12, 14, 16) Francesco Polizzi (13, 17, 18)
Una sacerdotessa
Valeria Sepe
Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro Massimo
Maestro del Coro
Piero Monti
Direttore Stefano Ranzani