A Palermo, in piazza Cattolica, la Libreria Garibaldi, poco distante dall’omonimo bar, propone, fino al 17 Giugno, la mostra personale del fotografo Giuseppe Falzone, dal titolo programmatico “VISICILIA”.
di Andrea di Napoli
Le stradine che dal Cassaro si inoltrano nelle viscere del centro storico di Palermo, brulicano di locali all’interno dei quali i giovani sono soliti ascoltare musica sorseggiando una birra. Esporre in ambienti simili comporta necessariamente un allestimento minimalista puntando esclusivamente sulla capacità delle opere di attrarre l’interesse anche dei visitatori occasionali.
I ritratti femminili realizzati dal fotografo Giuseppe Falzone sono stampati in bianco e nero e suddivisi in gruppi di tre per venire montati non su un vero e proprio passepartout ma, comunque, su un fondo di colore arancione. Pertanto, costituendo un corpus unicum, le immagini diventano nuove opere. Trittici inseparabili.
Proprio attraverso questa presentazione lo smaliziato fotografo intende attribuire alla terra in cui vive, la Sicilia, evocata dal colore dei tipici agrumi, le contraddizioni presenti nel contrasto tra il nero e il bianco dei visi. La forma sincopata delle parole origina il termine “VISICILIA”.
Con l’ausilio dei faretti direzionali l’autore è riuscito effettivamente ad ottenere sia la presenza del bianco candido che quella del nero profondo, nei ritratti che, anche grazie alla collaborazione delle sue giovani modelle, risultano espressivi e raffinati. Solitamente i ritrattisti tendono ad escludere le mani dall’inquadratura, ma Giuseppe Falzone, ponendole talvolta in primo piano ha voluto alludere allo strano rapporto tra le azioni del “porgere” e del “prendere”, presente nella nostra regione, un binomio tuttora simile all’aberrante logica del “do ut des”.
Avendo appurato che il primo apparecchio con cui Falzone ha iniziato a fare fotografie è stata una mitica
Polaroid a sviluppo immediato, non mi ha particolarmente meravigliato la sua coraggiosa scelta di distruggere la matrice delle immagini che produce, ovvero il file, rendendo la copia stampata un esemplare unico, siglato e numerato.
Piuttosto che accompagnare con un breve testo esplicativo la visione della mostra, il suo autore suggerisce l’ascolto di una musica di sottofondo per integrarne le emozioni e le atmosfere.