Gli sbarchi di immigrati in Sicilia non cessano. Per queste persone, più di 20 mila, la traversata è l’unica speranza. La solidarietà, comunque, può cambiare la storia di una umanità martoriata
Di Mario Affronti*
Il viaggio del Papa a Lampedusa dello scorso luglio, ha richiamato al mondo intero la tragedia dei rifugiati. Una tragedia che sembra non arrestarsi. Per tutta l’estate, infatti, gli sbarchi di questi poveri cristi, stipati come bestie sulle carrette del mare, alla ricerca di speranza e futuro per sé stessi e i propri figli, non hanno avuto un solo attimo di sosta. Anche se ulteriormente favoriti dalle condizioni del tempo, gli sbarchi continuano ininterrottamente anche adesso che le condizioni climatiche cominciano a peggiorare. Come ogni anno, in estate, comunque, hanno raggiunto le punte massime. Arrivano sulle nostre coste stremati, impauriti, offesi e, molte volte, anche cadaveri.
Gli sbarchi di immigrati sulle coste della Sicilia, dunque, non cessano. Per questi uomini, donne, ragazzi e bambini, più di ventimila, la traversata è l’unica speranza. Per tanti, però, è stato un viaggio di morte: bruciati dal sole e annegati tra le onde di un mare che è stato la loro tomba in un cimitero a cielo aperto. Noi non “abbiamo più la capacità di piangere”. Non ci sentiamo più né colpevoli, né responsabili, perché le nostre coscienze sono ormai “anestetizzate” ed “indifferenti”.
Quanto sta avvenendo nella sponda nord dell’Africa ha messo in crisi non solo le dittature di quei Paesi, ma anche la democratica Europa caricata di responsabilità e riempita di profughi. La pressione migratoria mette in crisi le Nazioni opulente che spesso governano il fenomeno, guardando solo alla propria sicurezza ed ergendosi a fortezza del proprio benessere. Non si riescono a guardare le cause che spingono milioni di persone a fuggire dalla loro Terra: miseria, guerra e persecuzioni. Anche se tutti abbiamo firmato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, i problemi si sono aggravati. Invece di costruire muri di gomma; invece di promuovere respingimenti impossibili; di concepire i CIE come vere e proprie carceri, dovremmo impegnarci a costruire una vera e propria Comunità del Mediterraneo, una sorta di Eurafrica, come qualcuno già definisce questa vasta area. Dovremmo riappropriarci di quel mare che lasciamo nelle mani di trafficanti di uomini senza scrupoli, per promuovere un grande progetto di sviluppo e di benessere per tutti. Sì, per tutti perché fino ad oggi le politiche economiche hanno reso i poveri sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi.
Per questo, dopo il momento del silenzio e quello della preghiera, come cristiani ed organizzazioni che trovano ispirazione nel Vangelo, ribadiamo sempre più fortemente la richiesta di attivare corridoi umanitari sicuri per evitare la strage degli innocenti che ormai da anni ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero e di abolire il reato di clandestinità, reato crudele che trasforma una condizione, quella di clandestino, in uno stigma che non serve a nulla neanche sul piano della pretesa sicurezza.
L’esempio dell’accoglienza e della solidarietà dei Lampedusani, che in nome del Vangelo dell’Amore hanno saputo colmare il fallimento della gestione istituzionale dell’emergenza, ha detto al mondo intero che “l’Amore senza limiti”, vince tutto.
La compassione è la molla che ha fatto muovere i bagnanti sulla spiaggia di Pachino a fare una catena umana per soccorrere altri migranti. E’ la “rivoluzione della tenerezza” che si fa dovere di giustizia, che ha spinto il nostro Primo Ministro a far soccorrere la gente della nave Salamis, con i 102 migranti-rifugiati bloccati in alto mare per 2 giorni, dopo il rifiuto di Malta.
Qualcosa cambia se il ministro Cécile Kyenge dopo lo sbarco a Siracusa, ha affermato: “E’ un segnale forte; l’Italia sta subendo un passaggio: non tutto può cambiare subito. Ma aver accolto questi migranti è un gesto molto bello. Che dovrebbe aiutarci ad approfondire il dialogo con l’Europa per affrontare insieme le politiche di accoglienza”.
E’ la tenerezza che fa la differenza in quanto può cambiare la storia di una umanità tradita, ferita, mortificata, martoriata, soffocata e inghiottita nei mari della brutalità e dell’indifferenza.
“Nessuno può dormire tranquillo finché c’è anche un solo bambino che è senza cibo e senza educazione”, ha affermato il Papa in Brasile.
Il nostro è il tempo della convivenza di popoli, della solidarietà e dell’aiuto reciproco, della difesa della dignità della persona secondo le Carte della nostra Costituzione e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo e non solo del Vangelo di Gesù.
*direttore regionale Migrantes Sicilia