La rivalorizzazione del centro storico deve tenere conto della riqualificazione funzionale degli spazi aperti. Il Ppe di Palermo, invece, tiene conto soltanto della speculazione edilizia
Di Patrizia Romano
La riqualificazione urbana del centro storico non è la somma di tanti recuperi edilizi, ma è anche e, soprattutto, l’implementazione e la riqualificazione funzionale degli spazi aperti. Spazi da destinare a parchi, piazze, giardini, esposizioni, che diventano, spontaneamente, luoghi di aggregazione per i cittadini. Luoghi, però, di cui le grandi aree metropolitane vengono sempre più private.
E’ proprio nel cuore del centro storico, infatti, che gli spazi aperti vengono, a poco a poco, assorbiti dalla speculazione edilizia che travolge e risucchia tutta l’area circostante sulla quale passa. Palermo è uno degli esempi più significativi di spazio aperto che cede il passo alla più scellerata speculazione edilizia. Una speculazione che priva, che deturpa, che distrugge. Non ci si rende conto che gli spazi aperti rappresentano quelle parti delle strutture urbane in cui la società incontra la città, dando vita ad un’unica e grande comunità.
Nel capoluogo siciliano, gli sforzi della pubblica amministrazione raramente vanno verso questa direzione, nonostante quei pochi e scarsi tentativi abbiano avuto una risposta immediata dai cittadini, che fruiscono e utilizzano, con flusso continuo, queste aree. Ci riferiamo al lungomare, meta di piacevoli passeggiate o piazza Magione, dove, oltre alla discarica, lo spazio ospita la movida palermitana.
In realtà, questi rappresentano gli unici esempi di spazi verdi ampiamente fruibili all’interno del centro storico, ma non bastano ad accogliere una popolazione che si allarga con gli abitanti fuori quartiere, aumentando in maniera esponenziale.
Il centro storico di Palermo presenta, infatti, massicce volumetrie. La densità edilizia supera i 9 metri cubi per metro quadro. Questa compressione ha origine dall’incremento abitativo della città all’interno dello spazio storico, nonché dal continuo inurbamento.
Fenomeni che, nel corso degli anni precedenti, ha favorito una crescita edilizia selvaggia, permettendo che si costruisse dappertutto. Infatti, il patrimonio edilizio storico, in nome della speculazione, si è espanso a dismisura con piani abusivi che hanno favorito l’espansione non solo in altezza, ma pure spalmandosi sulla superficie libera circostante, sacrificando, nel secondo caso, appunto, tutti gli spazi aperti attorno.
Una grossa porzione di patrimonio edilizio storico appartiene alla chiesa e a enti pubblici e privati. Si tratta, prevalentemente di un patrimonio inestimabile, per anni, sottoutilizzato e abbandonato e che avrebbe potuto rappresentare un polmone nel cuore della città.
Un caso particolare è rappresentato da quella vasta proprietà della Curia che si affaccia sulla via Maqueda. Secondo il progetto originario del Piano edilizio, questa area avrebbe dovuto essere destinata alla realizzazione di un giardino pubblico, ma la Curia, nel ’97, ha ottenuto di ribaltare totalmente le previsioni del Ppe e di avviare un piano di recupero autonomo; un piano che prevedeva la costruzione di un edificio polifunzionale, approvato, senza alcuna esitazione, dalla Regione nel 2000.
Il nuovo progetto, molto discutibile sotto il profilo architettonico, non tiene conto del preesistente patrimonio monumentale, come, per esempio, parte della facciata della Chiesa di Santa Croce, parte del palazzo ducale Castelluzzo, le cripte degli edifici ecclesiastici e altro ancora.
L’edificio, molto avanti nei lavori, occupa quasi tutta l’area edificabile con un volume ingombrante e invasivo e, come se non bastasse, non tiene conto delle norme di sicurezza antisismiche.
Se questa area fosse stata lasciata, anche parzialmente, libera, e destinata ad uso pubblico, avrebbe potuto rappresentare un polmone di verde in un contesto urbano saturo di edifici o avrebbe potuto essere trasformata in un’area funzionale alla vita urbana moderna, magari con la realizzazione di parcheggi.
Nella città attuale, lo spazio libero viene utilizzato soltanto in termini economici di efficienza e profitto, secondo una logica urbanistica che risponde solo a interessi speculativi, omologando l’intero territorio e la sua organizzazione. Così, il vasto territorio storico di Palermo è oggi caratterizzato da un’edilizia senza forma e senza qualità e che ha, persino, cancellato luoghi e confini originari, realizzando metri cubi su metro quadro di anonime costruzioni.