Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Da Salaparuta a New Orleans. Le origini siciliane del jazz

Se è vero che il jazz nasce e prende forma per merito dalla minoranza nera in America, è altrettanto vero che la sua diffusione fuori dal “ghetto” e la sua apertura a un pubblico ampio, si devono a musicisti bianchi. In particolare, immigrati di origine siciliana. Le origini siciliane del jazz

di Redazione

Le origini siciliane del jazz. New Orleans, primi del ‘900. Girolamo La Rocca è un immigrato siciliano, uno dei tanti che all’America, e alle sue promesse, ha affidato le speranze per un futuro migliore. Per sopravvivere fa il ciabattino a pochi dollari al giorno. Dalla sua Salaparuta, a Trapani, ha portato una cornetta, la stessa che suonava nella banda del paese. Suo figlio, Dominic, è appena un ragazzino: un giorno, rovistando fra i ricordi del padre, scova quel misterioso strumento. E’ amore a prima vista. Ogni giorno si ritaglia ore intere per suonarlo. Il padre lo osteggia: la carriera del musicista è incerta, pensa a una professione stabile come quella del medico. Ma il figlio è testardo. E insiste. E appena una decina di anni dopo, nel 1917, con la sua Original Dixieland Jass Band, incide Livery Stable Blues, il primo disco jazz della storia. 

Le origini siciliane del jazz

Già: se è vero che il jazz nasce e prende forma per merito dalla minoranza nera in America, è altrettanto certo che la sua diffusione fuori dal “ghetto”, la sua apertura a un pubblico ampio, si devono a musicisti bianchi. E in questo è stato inestimabile il contributo degli immigrati di origine siciliana. Proprio a New Orleans, patria del jazz, approdava già dalla fine dell’Ottocento il piroscafo Montebello, che da Palermo trasportava balle di cotone ed emigranti in cerca di fortuna. Erano tempi in cui l’America, dopo aver comprato la Louisiana dai francesi, regalava la terra ai contadini disposti a coltivarla. Così capitava spesso che neri e siciliani si trovassero a stretto contatto, sperimentando i lavori più umili e, purtroppo, la stessa discriminazione. Nacque così, forse anche per “contagio”, la carriera jazz di tanti siciliani: pur non sapendo leggere la musica, avevano dalla loro una capacità di improvvisazione che li portava a sperimentare e talvolta perfino a modificare i modelli di ritmo. 

Nick La Rocca

La carriera di Dominic “Nick” La Rocca (New Orleans, 1889) iniziò in modo umile, in piccole esibizioni davanti alla cassiera del teatro vicino casa sua; solo nel 1916 entrò a far parte del gruppo di Johnny Stein, in seguito noto come Original Dixieland Jazz Band, imponendosi come leader. Successo e popolarità non tardarono ad arrivare, con lavori come il già citato Livery Stable Blues, ma anche Dixieland Jass One Step e Tiger Rag, forse la sua composizione più famosa. Il coronamento arrivò nel 1919 in Canada quando il gruppo si esibì come orchestra ufficiale per festeggiare al Savoy Hotel la firma del Trattato di Versailles, che pose fine alla Prima Guerra Mondiale: re Giorgio V ne rimase affascinato, al punto che nello stesso anno furono incisi 17 brani per la Columbia Britannica. Tornato a New York, proseguì la sua carriera fino al 1922, quando il nascente movimento contro il jazz costrinse la band a trasferirsi ad Harlem dove le leggi anti-jazz furono approvate solo nel 1925. A quel punto il gruppo, che aveva già sperimentato numerose scissioni e ricongiungimenti, si sciolse definitivamente. Dopo un ritorno sulle scene dal 1936 al 1938, si sposò ormai cinquantenne. Morì a New Orleans nel 1961: dei suoi figli solo James Dominik segue ancora oggi, da apprezzato musicista, le orme del padre. Anche lui contribuì a fondare le origini siciliane del jazz.

George Wallington

Altro grande jazzista di origini siciliane è George Wallington. Pianista e compositore, nacque a Palermo nel 1924 come Giacinto Figlia ed all’età di sette anni emigrò a New York insieme ai genitori. A soli nove anni il padre, già cantante lirico, prese a dargli le prime lezioni di solfeggio e di pianoforte. Giovanissimo iniziò ad esibirsi nei jazz club del Greenwich Village: destò l’attenzione non soltanto per l’indiscutibile talento, ma anche per la ricercatezza nel vestire che gli valse il soprannome “Lord Wallington” da cui mutuò il nome d’arte. Impostosi presto come solista di pianoforte, non meno rilevante fu il suo contributo alla composizione: suoi celebri temi jazz come Lemon Drop (inciso nel 1948 dalla big band di Woody Herman) e Godchild (inciso nel 1949 per la Capitol da Miles Davis). Fra le sue tante incisioni, sempre apprezzate dalla critica per vivacità e originalità, spiccano classici come Festival, Christine, Baby Grand. Dopo avere dato forte impulso alle origini siciliane del jazz, negli anni ’50 si ritirò dalle scene per dedicarsi all’azienda di famiglia, che commercializzava condizionatori d’aria, e all’attività di radioamatore: con una potente stazione rice-trasmittente operò da New York con la sigla “W2DSE“. Dopo un ritorno alla musica nel 1984, e l’uscita di altri tre album, morì a Miami nel 1993. 

Louis Prima

Impossibile poi non citare il noto cantante e trombettista Louis Prima. Questi nacque a New Orleans nel 1910: il padre, Anthony Di Prima, era nato anch’egli a New Orleans ma era figlio di un emigrato di Salaparuta, mentre la madre, Angelina Caravella, era arrivata ancora in fasce da Ustica. Giovanissimo la madre lo invitò allo studio del violino, ma il piccolo Anthony non tardò a scoprire la sua vera passione: la tromba. Dopo alcuni anni di gavetta iniziò a suonare nel gruppo di Leon, suo fratello maggiore, e nell’orchestra del Sanger Theater; pochi anni dopo fondò un gruppo suo, il Louis Prima’s New Orleans Gang. Nel 1934 si trasferì a New York, dove venne accolto come ospite fisso nei club più prestigiosi. Sua la celebre canzone Sing, sing, sing, che si impose presto come uno degli standard swing più eseguiti all’epoca. Storica ne fu l’interpretazione di Benny Goodman al gran finale del concerto alla Carnegie Hall del 16 gennaio 1938. Il suo album The Wildest!, registrato nel 1956 con Keely Smith, gli varrà nel 1999 il prestigioso Grammy Hall of Fame Award. Orgoglioso come pochi delle sue origini italiane, che non mancava di rimarcare ad ogni esibizione, morì a New Orleans nel 1978 per un male incurabile. 

Vito Musso

L’elenco potrebbe continuare a lungo: Vito Musso (1913-1982), sassofonista e clarinettista nato a Carini, provincia di Palermo; Phil Zito (1914-1998), batterista originario di Bisaquino, ancora nel Palermitano; Pete Rugolo (1915-2011), compositore e arrangiatore, nato a San Piero Patti in provincia di Messina. E tanti altri ancora. Un contributo, quello siciliano, che sarebbe durato ancora per tanti anni a venire: anche nel dopoguerra, con talenti del calibro di Chick Corea, messinese da parte di madre; Tony Scott, i cui genitori erano di Salemi in provincia di Trapani; e naturalmente Frank Sinatra, il cui padre era originario di Palagonia, nel Catanese. 

A che si deve questa particolare fecondità? In tanti hanno provato a rispondere, e qualcuno ne ha fatto anche materia di studio. «C’è sicuramente una sicilianità nel jazz – dichiara il regista Franco Maresco, autore di un documentario su Tony Scott – perché questi musicisti si sono formati con le musiche di famiglia, con le bande, le tarantelle. Anche i nuovi jazzisti come Pat La Barbera o Chuck Mangione sono tutti siciliani. E se i neri hanno il ritmo nel sangue, i siciliani hanno il fuoco dentro. C’è una rabbia, una storia, una tenerezza, una mediterraneità che vuol dire pathos, sentimento, grinta: tutto questo è stato trasferito in musica». O forse dipende dal fatto che, come sostiene il jazzista americano Ben Sidran, se è vero che il blues è quella musica che “ti fa sentire bene quando stai male”, di certo gli italiani sono maestri in questa arte.

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Una risposta

  1. Inesattezze e alcune omissioni.
    A) Erronea l’origine catanese di FRANK SINATRA le cui radici riconducono invece a Lercara Friddi, provincia di Palermo, dove nacquero e vissero i nonni paterni (c’è ancora la loro casa) Francesco Sinatra (23/2/1857), calzolaio, e Rosa Saglimbeni (9/9/1857). Con i figli, fra cui Antonio Martino (1898), padre di the Voice, i nonni emigreranno, nei primi del ‘900, a New York. Proprio a Lercara Friddi, a opera di Antonio Licata, Presidente della “Associazione life and art promotion” è stato istituito il museo dedicato a Frank Sinatra.
    B) GEORGE WALLINGTON, al secolo Giacinto Figlia, nasce a Palermo il 27/10/1923 (chi scrive in possesso del certificato di nascita) e non il 1924. Con i genitori Pietro, cantante lirico, e Francesca Le Quaglie emigra in USA dopo aver compiuto i sette mesi di età (non i SETTE ANNI). Nel 1987, invitato da the Brass Group palermitano, ritorna a Palermo per un recital pianistico, svoltosi il 23 aprile del medesimo anno. A fine concerto, a cena a casa mia con la moglie Billie.
    C) JOE PASS, celebre chitarrista, vera identità Giuseppe Antonio Passalacqua, nasce a Brunswich, New Jersey, il 13/1/1929 da genitore nativo di Gualtieri Sicaminò, prov. Messina, e da madre calabrese. Nel cartellone del the Brass Group, suo concerto il 20/11/1990. Al termine del recital una pizza in trio (con il compositore Mario Modestini nell’occasione anche interprete).
    D) JAMES PETER “JMMY”GIUFFRE (in USA senza accento), multistrumentista (cl, fl, tutti i sassofoni) e compositore, nasce a Dallas il 26/4/1921 da genitori oriundi da Termini Imerese, prov.Palermo. Anche lui, per il Brass Group palermitano concerto in trio il 14/3/1991.
    E) PIETRO “PETE” RUGOLO, pianista e compositore, nasce il 25/12/1915 a S.Piero Patti, prov. Messina. All’età di cinque anni si trasferisce con i genitori in USA. A Palermo, il 24/11/1994 nel cartellone del the Brass Group , dirige l’Orchestra Jazz Siciliana in un concerto svoltosi al Teatro Metropolitan.
    F) FRANKIE LAINE , al secolo Francesco Paolo Lo Vecchio, celebre cantante, nasce a Chicago il 13/3/1913 da Giovanni Lo Vecchio e Anna Salerno nativi di Monreale, a pochi chilometri da Palermo. “Tonsille di acciaio”, così chiamato per quella sua voce vigorosa, impetuosa, acuta, darà alle stampe, assieme al giornalista Joseph Laredo, la sua biografia “THAT LUCKY OLD SON” (a tutt’oggi non tradotta in Italia). Acquistatala dal cantante ne scriverò una recensione per il SISMOGRAFO -Bollettino della S.I.S.M.A (Soc.Italiana per lo Studio della Musica Afroamericana), rimettendone copia allo stesso vocalist. Sono giornalista e dei summenzionati jazzmen ho scritto i relativi articoli. Se foste interessati a leggerne di più potrei rimettervi gli estremi delle riviste ove sono stati pubblicati. Giuseppe Sole

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