Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Metalmeccanica in crisi

di Patrizia Romano

In Sicilia il settore dell’industria metalmeccanica ha subito un violento processo di ridimensionamento con gravi conseguenze sul piano occupazionale ed effetti dirompenti su quello sociale

 

di Patrizia Romano

Più di mille lavoratori della Fiat, ai quali si aggiungono quelli dell‘Ansaldobreda di Carini, e, poi, ancora, i dipendenti di Fincantieri, più i lavoratori del sito Telespazio dello Scanzano, per non parlare, poi, delle unità operative che ruotano intorno all’indotto di queste aree industriali. Tutti, ma proprio tutti, lavoratori che vivono, ormai da anni, con la spada di Damocle sulla testa, rischiando di perdere il proprio lavoro e finire in mezzo alla strada assieme alle proprie famiglie. 

In Sicilia il settore dell’industria metalmeccanica ha subito un violento processo di ridimensionamentocon gravi conseguenze sul piano occupazionale ed effetti dirompenti su quello sociale.

Secondo dati della Fiom, nel settore metallurgico, la cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 425 per cento, circa, e in quello meccanico poco meno del 180 per cento. La cassa integrazione straordinaria registra un aumento del 23 per cento tra i metallurgici e del 150 per cento tra i meccanici.

Il settore attraversa una delle sue fasi più critiche in cui gli strumenti che, sino a ora, nel bene o nel male, hanno ammortizzato l’acuirsi della crisi, si stanno esaurendo. 

La crisi del settore è la conseguenza di un mix di ragioni. Prima tra tutte, la scelta di politica industriale operata dalle aziende nazionali che esercitano la propria attività sul territorio siciliano nei vari settori: automobilistico, navalmeccanico, telecomunicazioni e informatico, aerospaziale. Questo atteggiamento ha comportato un forte squilibrio nel territorio regionale. Basti pensare che il rapporto tra le attività industriali e quelle del terziario, rispetto alla media nazionale, è inferiore del 50 per cento.

L’altra causa concomitante è la mancanza di dialogo tra i governi nazionale e regionale e le componenti sociali. 

Uno dei settori più vessati è quello delle auto, la cui crisi ha avuto conseguenze nefaste pure nell’ambito più strettamente commerciale, perché il calo di vendite ha provocato la chiusura delle concessionarie. In modo particolare, a soffrire sono le concessionarie rivenditrici esclusive del marchio Fiat. Ormai, le aziende, in enorme difficoltà finanziaria e di liquidità, non riescono a trovare soluzioni neanche negli ammortizzatori sociali. Qualche azienda, un po’ meno colpita perché racchiude più marchi come Renault, Nissan, Toyota, Dacia, eccetera, dopo ingenti investimenti per allestire grandi concessionarie, si trovano costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali. E possono reputarsi fortunate perché, a differenza delle prime, possono ancora usufruirne

Anche nel settore dell’impiantistica, soprattutto le aziende legate al settore edile, vivono una situazione gravissima per il blocco totale del settore trainante, appunto l’edilizia, dove molti lavoratori non percepiscono da tanti mesi la propria paga. Da qui, giù una serie di vertenza che costringe le aziende a chiudere. In Sicilia abbiamo assistito a troppe promesse, da parte di grossi gruppi esteri, di riconversione di rami di attività; promesse non mantenute. Così come abbiamo assistito alla fuoriuscita di tecnologie definite dalla stessa azienda obsolete con l’impegno che ne arrivassero di più importanti. Ma anche qui, si è trattato di promesse non mantenute.

A mali estremi, estremi rimedi.Sarebbe, non certo risolutivo, ma sicuramente utile, per esempio, che venisse garantito, quantomeno, l’utilizzo degli ammortizzatori sociali conservativi del rapporto di lavoro.

Più radicale sarebbe, invece, che il Governo intraprendesse seriamente un processo di reindustrializzazione del settore, individuando, in primo luogo, un soggetto di primaria importanza del stesso settore che avesse adeguate capacità commerciali, industriali e finanziarie e potesse, quindi, rilanciarlo. Perché ciò avvenga, si dovrebbe avviare un dialogo tra il Governo nazionale, in sinergia con le istituzioni locali, e tutte le componenti sociali per creare, appunto, un processo di reindustrializzazione sostenibile sul territorio con partner dotati di adeguate capacità commerciali e industriali. 

Per potere sperare in un futuro migliore, occorrerebbe, inoltre, trasformare il polo industriale della metalmeccanica in un distretto avanzato e polifunzionale. Da anni i sindacati si battono perché ciò avvenga, ma i risultati sono sempre stati nulli e il settore va sempre più giù.

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