Il periodo compreso tra il 22 novembre 2013 e l’1 marzo 2014, è stato tremendo in quanto a scomparse di personalità legate al cinema globale.
di Massimo Arciresi
L’impoverimento culturale si può misurare in tanti modi, guardandosi attorno. Le iniziative, più che scarseggiare, non sono sempre adeguatamente veicolate o rese abbastanza appetibili, e questo a dispetto dell’odierna “società della comunicazione”. Gli spazi informativi dedicati in tv sono spesso confinati in orari impossibili, ed è ancora presto per puntare sull’affermazione dei canali tematici, in chiaro o a pagamento. Il disinteresse si può riscontrare anche nella carente attenzione che si riserva – in un mondo in cui agli avvenimenti di maggior peso, dei quali è doveroso dar conto, si fanno seguire le più svariate frivolezze – nel celebrare gli esponenti illustri (nonché popolari) della settima arte che ci lasciano. Per esempio: lo scorso 7 ottobre se n’è andato Patrice Chéreau, autorevole regista teatrale e cinematografico (La regina Margot, Nell’intimità – Intimacy): chi ne ha parlato?
In effetti, il periodo di tre mesi abbondanti compreso tra il 22 novembre 2013 e l’1 marzo 2014 (ossia i giorni in cui sono deceduti altri due importanti e diversissimi cineasti francesi, Georges Lautner, responsabile, tra l’altro, di successi d’azione con Belmondo tipo Poliziotto o canaglia e Joss il professionista, e Alain Resnais, immenso e attivissimo autore di Hiroshima, mon amour, L’anno scorso a Marienbad e di delizie quali Parole, parole, parole… e Cuori) è stato tremendo in quanto a scomparse di personalità (di tutte le età) legate al cinema globale. Proviamo allora a ricordarli, evitando un tetro elenco funebre, nella consapevolezza, comunque, che ciascuno di loro meriterebbe un approfondimento a parte.
Fra gli attori americani, alcuni erano stabilmente consegnati al mito. La diva Joan Fontaine degli hitchcockiani Rebecca – La prima moglie e Il sospetto o la Riccioli d’oro Shirley Temple, da tempo lontane dallo schermo, così come l’Eleanor Parker di Pietà per i giusti e L’uomo dal braccio d’oro, l’indimenticabile Juanita Moore de Lo specchio della vita e la più defilata Audrey Totter di Stasera ho vinto anch’io. Harold Ramis, non solo interprete dei due Ghostbusters, era apprezzato finanche in sede di sceneggiatura e regia (Ricomincio da capo), mentre l’ingiustamente obliato Tony Musante è stato molto attivo in Italia (Metti, una sera a cena, L’uccello dalle piume di cristallo). Sulle tragiche e premature morti di Paul Walker (star della serie Fast & Furious) e soprattutto di Philip Seymour Hoffman (Truman Capote – A sangue freddo, The Master) si è spesa qualche parola in più; di entrambi, tra l’altro, restano delle pellicole in post-produzione, quindi avremo ancora modo di apprezzarli.
Il commiato di Saul Zaentz, produttore de Il paziente inglese e di vari lungometraggi di Forman, ci riporta a quello del prolificissimo (e longevo: 106 anni) collega cinese Run Run Shaw, appena poco più tardi. In Europa, oltre al metteur en scène francofono Édouard Molinaro, capace di passare con disinvoltura da Congiura di spie a de Funès, da Il vizietto ad A cena con il diavolo, si piangono le dipartite dell’ungherese Miklós Jancsó, dietro la macchina da presa de L’armata a cavallo, e del danese Gabriel Axel, che diresse il conosciuto Il pranzo di Babette. Fra i maestri di recitazione, l’ineffabile britannico Peter O’Toole di Lawrence d’Arabia e di Becket e il suo re e l’austriaco Maximiliam Schell, memorabile in Vincitori e vinti.
In Italia abbiamo dovuto salutare Riz Ortolani, compositore preferito di Avati e Damiani (suoi pure i famosi spartiti di Fratello sole, sorella luna e Giallo napoletano), Rossana Podestà (nella foto), attrice che dal peplum passò alla commedia (7 uomini d’oro, Pane, burro e marmellata), Lorella De Luca, che prima di approdare ai western del marito Duccio Tessari aveva vissuto la stagione dei Poveri ma belli risiani, e un gigante del palcoscenico e del set chiamato Arnoldo Foà, che affiancò chiunque, dal principe De Curtis (Totò e Carolina) alla Gialappa’s Band (Tutti gli uomini del deficiente) e Ficarra & Picone (Il 7 e l’8); e non trascuriamo il sensibile Carlo Mazzacurati, spentosi prematuramente: grazie alla sua cinepresa abbiamo Il toro o La lingua del santo, e un lavoro in uscita (La sedia della felicità).
Tanti, troppi. E chissà di quanti ci scordiamo a nostra volta (anzi, bisognerebbe aggiungere almeno James Rebhorn, eccellente caratterista di Scent of a Woman e Independence Day, mancato tre settimane dopo il range in questione). E torniamo a interrogarci: di quanti (non) sapevate (fra quelli a voi noti, ovviamente)? Se non un film trasmesso, per chi è stato fatto almeno un dignitoso cenno negli ormai numerosi notiziari televisivi o radiofonici (o perfino, incredibile da constatare in qualche caso, fra le pagine di una stampa specializzata progressivamente più distratta)? Quasi nessuno; e, credete, è un triste segnale.