Il canto popolare nasce dalla tradizione orale, trasmesso da villaggio in villaggio. A poco a poco si diffonde sempre più, sino a varcare i confini territoriali e diventare mondiale
di Patrizia Romano
Rintracciare le origini della musica popolare in Sicilia, dove si sono avvicendate numerose e svariate civiltà, non è semplice. Ogni dominazione ha lasciato la propria traccia che, nel corso dei secoli, si è inglobata e mischiata con le tracce lasciate da altri, per, poi, influenzarsi tra di loro. L’unica cosa che possiamo affermare con un pizzico di certezza in più è che il canto popolare siciliano sia nato dalla tradizione orale, cioè dai canti trasmessi oralmente da un villaggio all’altro, da un paese all’altro, assumendo, di volta in volta, un aspetto differente e dando vita a numerose varianti.
Pertanto, la nostra produzione musicale è la sintesi di quanto detto prima. Oggi, infatti, abbiamo numerosi esempi musicali, che fanno parte del nostro modo di fare musica (contradanze, tarantelle, quadriglie, valzer, mazurche, fasola eccetera).Dentro la canzone popolare c’è sempre la storia di un popolo.
A eseguire la canzone popolare è la gente umile, semplice. Infatti, con il termine di musica popolare, si intende la musica scritta con il linguaggio del popolo e pensata per il popolo, includendo comunemente all’interno di questa dicitura anche la musica folk, ossia quella musica proveniente, appunto, dal popolo, in particolare, dagli strati storicamente più disagiati della società; gli unici in grado di produrre tutto il sentimento che ha dentro, utilizzando una melodia semplice, eseguita con strumenti altrettanto semplici. Strumenti realizzati con pelle di animali, canne, pezzi di metallo. Gli strumenti più utilizzati sono il tamburello, lo zufulo simile a un flauto e conosciuto come fiscalettu o friscaleddu e il marranzano o scacciapensieri.
La linguetta di questo minuscolo strumento, tutto di metallo, produce vibrazioni ritmiche varie, ma all’esecuzione, gioca un ruolo rilevante l’abilità di chi lo suona. Chi non ha cognizione dello strumento, tende a sottovalutarlo, giudicandolo dall’apparenza un po’ dimessa. Se non si sanno far suonare denti, labbra, guance, lingua, corde vocali e fiato dallo scacciapensieri si produrrà solo rumore.
Tra la voce umana e questi semplici strumenti, il canto diventa, così, un modo per schiacciare la malinconia, arginare la solitudine e alleggerire le difficoltà del proprio lavoro.
I canti che allietano il passare dei giorni sono quelli alla carrittera, cioè “da carrettiere“, e quelli dei cantastorie, moderni menestrelli che vanno di paese in paese con la chitarra e il cartellone a riquadri, dove sono illustrate le scene della storia appassionata che intonano. Il più famoso è Ciccio Busacca (Paternò 1926), cantante di Lamento per la morte di Turiddu Carnivali e Treno del sole, scritti da Ignazio Buttitta, Pino Veneziano (mafia e mafìa, pi furtuna c è lu suli, settembri ecc.) e la grande Rosa Balistreri.
Tra i canti, si distingue la siciliana; una antica danza di origine popolare di carattere pastorale, che si affermò nel XVII secolo.
A poco a poco, questa melodia semplice e fatta di sentimenti puri, comincia ad acquisire spessore, al punto da essere diffusa oltre il continente e originando compositori di grosso rilievo.
Quanto lustro hanno dato, infatti, i compositori siciliani nella storia della musica mondiale legata al popolo?Melodie come le canzoni delle feste, le contradanze, le ninna nanne, le canzoni dei carrettieri e quelle dei cuntastorie che, come i menestrelli, trovadori provenzali che cantavano storie di cavalieri e di amori complicati, andavano di paese in paese a cantare e raccontare storie, varcando, con l’andare degli anni, lo Stretto sempre con maggiore frequenza e facendo della musica popolare siciliana una musica popolare mondiale.