La necessità di risultati eclatanti di gloria e di guadagno trasforma gli atleti che si lasciano tentare dall’uso di sostanze dopanti, dimenticando i veri valori dello sport
la Redazione
L’uso di sostanze destinate ad aumentare il rendimento di un atleta in occasione di una gara agonistica si definisce ‘doping’. Ci sono varie tesi sull’origine del termine, ma tutte portano allo stesso significato, legato al verbo inglese ‘to dope’, ossia drogare.
Agli inizi del secolo, il doping consisteva in zollette di zucchero imbevute nell’etere. A queste seguirono varie miscele fai da te sino ad arrivare agli anni ’50 in cui fecero la prima comparsa le ‘anfetamine’, ovvero i primi veri stimolanti. Oggi i composti chimici utilizzati illecitamente nello sport sono molti, con diversi meccanismi di azione e diverso indice di pericolosità.
In genere, vengono vietate quelle sostanze il cui uso viene finalizzato a ridurre la percezione della fatica, accrescere la forza, migliorare la prontezza dei riflessi, controllare la frequenza cardiaca e respiratoria, ridurre il peso corporeo, attenuare l’ansia e mascherare la presenza nelle urine delle sostanze vietate.
Le prime lotte al doping in Italia cominciano a manifestarsi nel ’54. Nel ’61, a Firenze, apre il primo laboratorio europeo di analisi anti-dopin e dal 1964 vengono effettuati sistematici controlli sugli atleti dopo le competizioni. Dal 1971, il Comitato Olimpico Internazionale ha pubblicato una lista di sostanze proibite che viene periodicamente aggiornata anche perché queste si trovano spesso in comuni farmaci.
Non bisogna pensare, comunque, che il fenomeno sia circoscritto al solo ambito agonistico. Piuttosto è facile pensare che è lì che si eseguono con regolarità i controlli al fine di evitare la frode sportiva e salvaguardare la vita degli atleti. E’ evidente che episodi letali che riguardano atleti professionisti suscitano maggiore fragore. Molti casi ancora oggi di doping la dicono lunga sulla gravità del fenomeno. Molti campioni pur di mantenere le proprie prestazioni al top sono disposti a giocarsi l’immagine e la carriera, vanificando l’impegno e il sacrificio di molti anni.
Per quanto riguarda il mondo sportivo amatoriale, invece, si spera in una maggiore attenzione verso la salute e la bellezza intesa come armonia del corpo e dello spirito, ma anche in un ritrovato valore per la competizione leale, frutto di duro allenamento.