Il risultato delle imprese siciliane sui mercati esteri è il frutto di un impegno delle imprese che hanno intrapreso la propria corsa da sole, scontando tutte le diseconomie del nostro territorio
La Redazione
L’export rappresenta uno dei volani dell’economia siciliana più importanti. Possiamo dire, addirittura che nell’Isola, il lavoro e lo sviluppo arrivano grazie… all’estero. In mezzo alla crisi devastante degli ultimi anni, infatti, l’unica possibilità di vendere è arrivata prevalentemente dai mercati esteri, che la Sicilia è riuscita a conquistare.
Nel 2013, in soli sei mesi la Sicilia è riuscita a piazzare sui paesi esteri prodotti agricoli per 240 milioni di euro, prodotti alimentari e vini per 242 milioni di euro, pc ed altre apparecchiature elettroniche per 292 milioni e prodotti farmaceutici per 161 milioni di euro.
Un po’ tutta la Penisola ha conseguito una crescita significativa nel grado di apertura internazionale. Nella stessa direzione si sono mosse anche alcune regioni meridionali mentre la Sicilia, in particolare, è risultata quella con la più accentuata dinamica di crescita: più del 25 per cento.
Quando parliamo di andamento positivo, però, non possiamo non considerare lo zoccolo duro dell’export made in Sicilia. Ci riferiamo al prodotto petrolifero che, ha subito un calo lento, ma continuo, da rappresentare, oggi, la piaga dell’export.
La dinamica negativa, infatti, è stata influenzata principalmente dalla diminuzione delle vendite dei prodotti petroliferi raffinati, scese del 22 per cento.
In Sicilia, l’export dell’Isola è determinato per circa due terzi dal settore petrolifero. Basta un calo nelle vendite del raffinato per influenzare tutto l’andamento del commercio estero.
Nel corso del 2013, le importazioni siciliane sono diminuite del 4,7 per cento. Anche in questo caso, la performance è stata determinata da un calo dell’acquisto del petrolio greggio (-9,6 per cento) e da altri prodotti chimici (-16,8 per cento).
Il saldo import/export è negativo: si importa di più di quanto si esporta per una differenza pari a 8,8 miliardi di euro. Tra i principali importatori si confermano la Federazione Russa e l’Azebaigian; in crescita l’Algeria e in forte calo la Libia.
Tuttavia, al netto dei prodotti petroliferi le esportazioni siciliane sono cresciute del 6 per cento per un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro.
Infatti, la quota commerciale siciliana ‘no oil’, al netto cioè dei prodotti petroliferi è più di un terzo delle esportazioni totali.
La maggiore presenza della Sicilia sui mercati mondiali ha dovuto scontare tutte le note diseconomie del nostro territorio e per di più non ha beneficiato di sostegni di alcun genere da parte della mano pubblica.
Per questa ragione, l’azione a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese dovrebbe diventare una delle aree di intervento prioritario del sistema economico siciliano. Cosa che non avviene. Questi risultati sono il frutto di un lavoro certosino condotto dalle imprese, che hanno affrontato la propria corsa da sole.