Nostra intervista esclusiva all’attore palermitano Filippo Luna
di Pippo La Barba
Ti ritieni più un attore di teatro o di cinema?
Mi considero semplicemente un attore.
Sì, ma la tua formazione è squisitamente teatrale.
Per una questione di opportunità. Sin da ragazzo ho avuto una forte aspirazione a diventare attore. Le prime esperienze le ho fatte a San Giuseppe Jato, teatro amatoriale con una compagnia di scapestrati. Poi un giorno per caso incontro il professor Giusto Monaco, direttore dell’INDA, che è l’istituto che gestisce le rappresentazioni classiche di Siracusa.
Cosa è successo?
Gli manifestai la mia aspirazione a diventare un attore professionista e lui mi parlò di questa scuola di formazione che era stata attivata dall’INDA. Io gli lasciai il mio numero di telefono e tempo dopo fui chiamato per un provino, che andò bene. Così partecipai a Siracusa al corso biennale 1990/92.
A quali parte teatrali interpretate sei più legato?
Un po’ a tutte, potrei dirti “Le mille bolle blu”, un testo molto intenso di Toti Rizzo.
Quando è avvenuto il tuo primo contatto con il mondo del cinema?
La prima volta che ho fatto cinema è stata nel 2006 con “Nuovo mondo” di Crialese. Fu Emanuele a iniziarmi come primo acchito alla tecnica cinematografica.
Tu vivi a Palermo. Quale è il tuo rapporto con la città?
A Palermo teatralmente devo tutto, le prime esperienze le ho fatte al Teatro Libero. E’ la città dove sono nato, anche se i miei genitori erano di San Giuseppe Jato e ho frequentato il Liceo classico di Partinico.
Cosa non ti va di Palermo?
Ho un rapporto assolutamente conflittuale. Da un lato, come dicevo prima, a questa città devo tutto; dall’altro le rimprovero il fatto di non riuscire a dare spazi e opportunità realmente importanti ai suoi artisti.
Cosa che è avvenuta per esempio a Catania.
Catania ha uno Stabile glorioso, che ha saputo formare giovani talenti. Il teatro catanese è legato ad artisti e personaggi che hanno fatto la storia del teatro italiano, da Angelo Musco a Rosina Anselmi, da Salvo Randone a Turi Ferro. Per non parlare di quella grande mente organizzativa che fu Mario Giusti.
Qual è la differenza tra recitare su un palcoscenico e girare un film?
Lo stimolo che ha un attore in teatro davanti al pubblico è quello di non perdere nella ripetizione degli spettacoli la propria dimensione creativa e quindi in ogni replica deve continuare a mettersi in gioco. Nel cinema ti misuri solo con te stesso e segui il regista.
Questo avviene sempre?
Può anche succedere che vai oltre le indicazioni del regista e che questi approvi. Ci sono registi che amano essere “traditi”dagli attori.
Parlami del tuo ultimo film, “Lo scambio”, che è stato presentato al Torino Festival.
Per la prima volta al cinema faccio la parte del protagonista. Interpreto un personaggio che mi piace molto, credo di avere reso la sua ambiguità.
Quali sono le tue prospettive?
Continuerò a fare teatro e cinema, che secondo me si integrano perfettamente. Ho in cantiere tre progetti, di cui non posso parlare. Intanto spero che questo film di Salvo Cuccia, “Lo scambio”, con il contributo mio, di Barbara Tabita, di Paolo Briguglio e di tutti gli altri abbia il gradimento del pubblico e della critica.