Il registro annuale dei dodici mesi e le sue multiformi varianti.
di Andrea di Napoli
Per soddisfare l’esigenza di consultare un registro annuale dei canonici dodici mesi e di tutti i giorrni compresi in un preciso arco di tempo, nacque e si diffuse il calendario. In forma di lunario o di almanacco, tascabile o da appendere alla parete, il pratico registro forniva spesso previsioni meteorologiche, oroscopo, ricette e notizie utili.
Dopo le pagine redatte da un paziente monaco, l’eremita Barbanera, e dai militari appartenenti alle Forze Armate, si imposero al pubblico le versioni “patinate” che, realizzate da fotografi di fama, illustravano il calendario con immagini attraverso le quali pubblicizzare determinati articoli, dai copertoni (Pirelli) ai liquori (Campari), o a quelli che propongono le immagini di giovani e provocanti signore del mondo dello spettacolo, mascherando abilmente da prodotto artistico quello che da solo può bastare a soddisfare le morbose perversioni vojeristiche degli acquirenti maschili. Mentre, invece, il lunario di Frate Indovino ha sempre fornito consigli relativi al giardinaggio e perfino qualche “pillola di Saggezza”.
I saloni, la terrazza e il giardino di una storica e signorile villa che sorge in territorio di Aspra, fanno da sfondo ad un ricercato calendario del 2016 prodotto e distribuito da una associazione locale.
Partendo dalle immagini rinvenute nel fondo fotografico della famiglia che abitava la villa, sono state realizzate delle moderne messe in scena, avvalendosi anche di figuranti in posa negli stessi ambienti. Successivamente, inserendo attraverso la tecnica digitale i soggetti originali, è stata creata una nuova illustrazione che supera le normali barriere temporali.
L’originale progetto è sicuramente apprezzabile in quanto frutto di ingegno e creatività e, perciò, fondamentalmente, l’esperimento andava senza dubbio portato a termine.
Tuttavia, avere utilizzato le antiche stampe fotografiche, disinteressandosi della originaria tecnica e del formato, per darne una interpretazione moderna e attualizzata, alterandone le dimensioni e circondando i soggetti di un tempo di curiosi personaggi contemperanei che li spiano da un’altra epoca, finisce, involontariamente, per apparire come una forma di violenza nei confronti di quei fototipi che risalgono anche a più di cento anni fa. I soggetti originali, coi loro abiti, le espressioni stereotipate e le pose composte, ricollocati nella veste grafica presentata sul calendario, purtroppo, perdono gran parte del loro fascino.
Inoltre, “l’interferenza temporale” tra i nostri giorni e quegli istanti così lontani nel tempo causa la scomparsa delle informazioni storiche, sociali e scientifiche che le fotografie antiche trasmettono grazie ai tipici supporti, alle emulsioni particolari e all’obsolescenza del loro aspetto. Lo sanno bene i collezionisti che davanti ad un vecchio tableaux vivent o alla stampa al platino di un ritratto, provano sempre un certo rispetto e una profonda emozione.
Il messaggio che il calendario vuole comunicare è che “Il Passato non è passato” ed è un concetto in parte condivisibile, ma la prossima volta sarà opportuno agire con la consapevolezza che per certe opere d’Arte, invece, il Passato è inesorabilmente passato e che le fotografie antiche vanno valorizzate soprattutto mantenendole in un discreto stato di conservazione e preservandole dalle ingiurie del tempo.