Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Anthologia di Letizia Battaglia

di Redazione

Negli spazi di ZAC- Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo fino all’8 maggio è visitabile Anthologia la grande retrospettiva dedicata alla fotografa Letizia Battaglia

 

di Floriana Spanò*

Una mostra antologica che mette in luce i diversi aspetti del lavoro di Letizia Battaglia “ concepita come un unicum polifonico dove amore e dolore, sangue e compassione, tragedia e sogno si mescolano in un percorso dal forte impatto emotivo, riflettendo il suo coraggio e la sua grandezza”come ben descrive il curatore Paolo Falcone.

La mostra  raccoglie le  prime fotografie scattate all’inizio degli anni Settanta a Milano , anni delle contestazioni, delle manifestazioni, delle occupazioni, dello scontro in piazza, ma  anche il centro di una nuova creatività che coinvolge artisti, intellettuali, registi, attori ;le foto d’inchiesta sulla mafia in Cui Letizia Battaglia fotografa giudici, poliziotti e uomini delle istituzioni in prima fila nella lotta contro Cosa Nostra, dagli anni Settanta agli anni Novanta: da Giorgio Boris Giuliano a Ninni Cassarà, dal giudice Cesare Terranova al Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella fino a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.

Diversi anche gli scatti a Salvo Lima e Vito Ciancimino, personaggi principali del Sacco di Palermo. Emblematica è la foto Giulio Andreotti con il mafioso Nino Salvo (1978), trovata dalla Direzione Scientifica Antimafia negli archivi della Battaglia, che sarà poi uno dei principali capi d’accusa nel processo contro l’esponente democristiano. Tra i principali mafiosi ritratti ci sono sia nomi poco noti sia personaggi come Luciano Liggio e Leoluca Bagarella, una figura di primo piano nella nuova sanguinaria aristocrazia mafiosa. La Battaglia lo vede stretto ai suoi guardiani in divisa, con la furia negli occhi e la ferocia stampata sul viso, e ne è sopraffatta. Bagarella la travolge e la butta a terra. Proprio in quell’istante la fotografa realizza una delle immagini più potenti della sua produzione, un’icona contemporanea nella lotta contro la criminalità mafiosa.

Oltre 140 immagini esposte insieme per la prima volta: c’è il periodo milanese agli inizi degli anni 70 con le fotografie di manifestazioni e occupazioni, i ritratti agli intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Ezra Pound. E il ritorno a Palermo, nel 1974 in cui numerose immagini compongono la società, la vita quotidiana, tradizioni e costumi, e ci sono le foto di mafia: giudici, poliziotti, politici, mafiosi, morti ammazzati, da Piersanti Mattarella a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, da Salvo Lima a Vito Ciancimino, da Leoluca Bagarella a Giulio Andreotti e Nino Salvo (uno scatto del 1978 è servito alla Dia come prova schiacciante per dimostrare che l’esponente DC avesse rapporti con la mafia). foto letizia battaglia

Tuttavia i morti ammazzati e i criminali non sono gli unici soggetti di Letizia Battaglia. Gli anni Ottanta sono particolarmente fecondi e fotografa la società civile, come donne e bambini nei quartieri, nei rioni, nei vicoli di una città che ancora conserva le rovine della Seconda Guerra Mondiale. Descrive dettagliatamente la miseria di un’isola quasi abbandonata al suo destino. Sguardi pieni di dignità, di compassione, di muta rassegnazione con cui Letizia Battaglia costruisce un dialogo intimo e profondo, pieno di rispetto e di comprensione. Ne nasce una delle serie più toccanti della sua produzione: La bambina con il pane (1979), La bambina con il pallone al quartiere Cala di Palermo (1980), La bambina e il buio (1980), La bambina non è mai andata a scuola (1981), Amiche (1982), Il gioco del Killer (1982), Bambino lavoratore (1984), La bambina e il pecoraio (1986).

Parallelamente Letizia Battaglia immortala la borghesia e la nobiltà palermitana opulenta, protagonista di feste e ricevimenti sfarzosi. La mondanità è presente in: Palazzo Ganci (1976) – dove girarono le scene del ballo nel film Il Gattopardo di Luchino Visconti –, La sposa ricca inciampa sul velo (1980), Il Ballo (1985), Ricevimento aristocratico in giardino con volpe morta (1987). Non sfuggono al suo obiettivo nemmeno le feste religiose, le processioni, la tradizione dei riti funebri e la vita quotidiana: Donne vegliano il Cristo morto (1988) e La conta (1992), Quartiere la Cala (1977), Sulla spiaggia di Mondello (1982), Sabina e Pippo innamorati (1983).

Letizia Battaglia fotografa con un grandangolo capace di una notevole esaltazione prospettica dando forte enfasi al primo piano rispetto allo sfondo. È sempre a stretto contatto con i soggetti da lei fotografati e con l’ausilio di un vasto angolo di campo, che suscita nell’osservatore la sensazione di essere presente sulla scena. Crea uno stile personale e scrive la sua geometria compositiva a ogni scatto, evidenzia sguardi e gesti, sottolinea emozioni senza alcuna mediazione, lasciando esprimere liberamente il suo istinto. Da quegli sguardi, da quegli odori acidi, dal sapore aspro e pungente del sangue, della morte, della sofferenza, della disperazione, nelle immagini di Letizia Battaglia si sono determinate intense relazioni tra soggetto, spazio e tempo.

Letizia Battaglia conosce grandi fotografi come Diane Arbus, Eugene Richards e Sebastião Salgado. Entra in contatto con Mary Ellen Mark e suggella una grande amicizia con Josef Koudelka. La fotografia assume per lei una forte connotazione politica e un potente strumento per sensibilizzare l’opinione pubblica anche grazie allo stretto legame con Franco Zecchin, fotografo con il quale percorre anni di vita e di lavoro.

Quelle immagini di Palermo iniziano a essere richieste dalle più importanti testate del mondo e Letizia Battaglia è scoperta e immediatamente posta dalla critica tra le principali protagoniste della fotografia internazionale.

Le immagini in mostra, in continuo contrasto tra loro, svelano le molteplici sfaccettature dell’artista fotografa che dichiara di amare e odiare la sua città – al punto di doversene andare in alcuni periodi della sua vita –, ma da cui non riesce a separarsi e dove ancora oggi vuole realizzare grandi progetti.

Dietro le immagini di Letizia Battaglia traspare la contraddizione del rapporto che la fotografa ha con la sua città, come spiega in queste parole: “Con Palermo c’è sempre stato un rapporto di rabbia e di dolcissima disperazione. La sento malata e mi fa arrabbiare. Io vorrei andarmene ma non ci riesco, la amo morbosamente e ho ancora molte cose da fare nella mia città”.

Quelle fotografie in bianco e nero, in grande formato, che dal 6 marzo e fino all’8 maggio occupano l’intero spazio della Zac (la Zona arti contemporanee che si trova nel cuore dei Cantieri culturali alla Zisa a Palermo) insieme a videointerviste, libri sull’artista e altro materiale inedito. Solo un assaggio di quello che sarà: un grande Centro internazionale di fotografia che Letizia Battaglia sogna da tempo e che oltre a contenere il materiale della fotografa palermitana potrà contare sulle foto dei tanti fotografi internazionali che sono passati da Palermo e su uno spazio dedicato ai giovani. Uno spazio «per chi ama la fotografia» ricavato anch’esso all’interno dei Cantieri culturali (le ex fabbriche Ducrot della Palermo felicissima dei primi del Novecento) di cui si parla da anni e che ora sembra prendere forma: recentemente il sindaco Leoluca Orlando ha confermato l’impegno dell’amministrazione comunale.

C’è la povertà e ci sono i riti, ma ci sono soprattutto le foto di quella mattanza, di quella guerra civile che si è svolta a Palermo negli anni Ottanta e Novanta, fino a quel luglio del 92 in cui cadono Paolo Borsellino e gli uomini della scorta in  Via D’Amelio e Letizia Battaglia decide di smettere di fare quello che faceva dal 1971: la fotoreporter. Quelle foto scattate per il quotidiano L’Ora: un percorso espositivo che parte dalle prime fotografie scattate all’inizio degli anni Settanta a Milano (tra queste quella di Pier Paolo Pasolini al cinema Turati) ma ci sono soprattutto le foto di mafia (i tanti morti ammazzati e le immagini dei potenti boss come uno sprezzante Luciano Liggio e l’immagine del primo arresto di Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Riina) e poi quelle di giudici, poliziotti e uomini delle istituzioni in prima fila nella lotta contro Cosa nostra: Da Boris Giuliano a Ninni Cassarà, dal giudice Cesare Terranova a Piersanti Mattarella fino a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Di loro Letizia Battaglia dice: «Avevamo delle persone che rappresentavano il nostro orgoglio. Li hanno tutti ammazzati». E poi ci sono le immagini del potere: i politici legati alla mafia come Vito Ciancimino e Salvo Lima. E c’è la foto, emblematica e significativa, di Giulio Andreotti con il mafioso Nino Salvo, trovata dagli investigatori negli archivi di Letizia Battaglia e utilizzata nel processo contro Andreotti come prova dei suoi legami con gli esattori di Salemi. E poi c’è la società civile: donne e bambini dei quartieri popolari. ma anche la borghesia e la nobiltà palermitana opulenta e protagonista di feste e ricevimenti religiosi.

*Associazione Mialò Art

 

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