Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

la depressione nelle donne: questione ormonale

di Patrizia Romano

Perché le donne sono più inclini alla depressione? Secondo studi scientifici, la depressione è legata al sistema ormonale che, nella donna, e sempre in fermento.

di Patrizia Romano 

Secondo dati riportati dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, la depressione colpisce prevalentemente le donne.
Il carico sofferto dal sesso femminile è del 50 per cento superiore rispetto a quello del sesso maschile. Il rischio per le donne di ammalarsi di depressione una volta nella vita oscilla tra il 5 e il 9 per cento, mentre per gli uomini cala al 3 o 4 per cento. Perché il sesso debole è più incline al male oscuro?  Secondo studi scientifici, la depressione è legata al sistema ormonale. I cambiamenti ormonali cui le donne sono sottoposte rappresentano un vero e proprio fertilizzante per la depressione, perché influiscono sulla chimica cerebrale. Gli squilibri di neurotrasmettitori come la dopamina, la serotonina o la noradrenalina, creano le basi per lo sviluppo della depressione.

I disturbi depressivi sono più comuni nel sesso femminile a partire dall’adolescenza. I cicli mestruali dettati dall’equilibrio tra estrogeni e progestinici,  la sindrome premestruale, la depressione post partum e gli sbalzi d’umore associati alla menopausa spingono a concludere che sia la delicata regolazione degli ormoni ad accrescere il rischio.depressione2

In effetti le statistiche internazionali parlano di un rischio depressione che si spalma uniformemente sull’intero ciclo riproduttivo della donna, che va dai 15 ai 45 anni. Insomma, si tratta di tutta la fase della vita fertile dal suo inizio fino alla fine. Prima di questa epoca e dopo questa epoca i tassi di depressione si riducono. Si tratta dell’età forte della donna: dell’età in cui la donna svolge al massimo, in tutte le culture e in tutti i paesi, il suo duplice ruolo produttivo e riproduttivo.

Sfatiamo, quindi, questa retrograda convinzione che la donna sia depressa per una questione caratteriale e di personalità fragile.

Certo, le donne, in generale, tendono a riflettere più degli uomini su problemi di qualsiasi tipo e non c’è dubbio che anche questo elemento è ideale per far proliferare la depressione. A influire sulla depressione intervengono, comunque, pure  pressioni socioculturali. La donna di oggi avverte la pressione sociale che le chiede di essere una donna di successo nell’ambito lavorativo, una mamma perfetta, una compagna esaustiva per il proprio uomo, nonché una persona esteticamente sempre curata. Se non assolve a tutte queste esigenze, le penalità da pagare diventano per lei molto pesanti. Questa forte pressione la spinge, quindi, qualche volta, a soffrire di depressione. Secondo alcune ricerche condotte nei Paesi scandinavi, dove c’è una maggiore parità tra i sessi l’incidenza della depressione femminile si riduce. Sembrerà contraddittorio con quanto detto prima, ma il rischio maggiore di cadere vittima di disturbi depressivi lo corre la donna che non lavora e che si assume da sola la responsabilità dei figli, in condizioni di indigenza. Le forme lievi vengono trattate solo con le terapie psicologiche, le depressioni di media gravità anche con i farmaci, quelle gravi quasi esclusivamente con gli antidepressivi. La psicoterapia cognitivo-comportamentale, comunque, si è rivelata la più efficace.
La depressione è due volte più comune nelle donne adolescenti e adulte. Il periodo critico per la depressione femminile dura, quindi, come abbiamo già detto, dai 15 ai 45 anni. Poi vi sono i problemi legati al modo in cui le donne percepiscono la menopausa, dettate, spesso, da pregiudizi sociali sull’eterna giovinezza, che non aiutano le stesse a vivere bene questa tappa biologica. La ricerca ci offre, comunque, sempre più indicazioni sul perché la donna tende a soffrire di depressione più dell’uomo. Una donna che in famiglia ha dei precedenti in fatto di depressione ha più probabilità di sviluppare la malattia. Tuttavia, questo non è un fattore decisivo: spesso è necessario che ci sia una combinazione tra genetica e l’esistenza di fattori psicologici, affinché ciò accada.

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